Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10211 del 16/04/2021

Cassazione civile sez. I, 16/04/2021, (ud. 08/03/2021, dep. 16/04/2021), n.10211

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

Sul ricorso proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., in persona del curatore p.t., rappr. e

dif. dall’avv. Antonio Baccari,

antoniobaccari.avvocatinapoli.legalmail.it, elettivamente

domiciliata presso il suo studio in Roma, alla via Monte Santo n.

52, come da procura a margine dell’atto;

– ricorrente –

contro

PRESTITALIA S.P.A. – SOCIETA’ PER AZIONI CON SOCIO UNICO, in persona

del l.r.p.t., rappr. e dif. dall’avv. Ester Dattolo,

esterdattolo.avvocatiavellinopec.it, elett. dom. presso lo studio

dell’avv. Giancarlo Nunè, in Roma, Lungotevere Flaminio n. 34, come

da procura in calce all’atto;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto Trib. Nola 20/01/2014, n. 59/2014, rep.

n. 277/14, in R.G.n. 1031 del 2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 8 marzo 2021 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. impugna il decreto Trib. Nola 20/01/2014, n. 59/2014, rep. n. 277/14, in R.G.n. 1031/12 che ha accolto l’opposizione allo stato passivo proposta da PRESTITALIA S.P.A., così ammettendone al passivo il credito per ulteriori 62.827,41 in privilegio ex art. 2751bis c.c., n. 1, dopo che il giudice delegato aveva riconosciuto – sulla maggiore domanda di complessivi Euro 108.871,85 – il minore importo di Euro 46.044,44;

2. ha premesso il tribunale che: a) la domanda accolta aveva ad oggetto il credito relativo a contratti di mutuo con cessione del quinto dello stipendio stipulati da sei lavoratori della società fallita, per le rate mensili di ammortamento fino alla data del fallimento della società datrice (30.3.2011); b) l’iniziale rigetto concerneva invece il medesimo credito fatto valere sul T.F.R. maturato (per cinque lavoratori) in corso di fallimento, stante la pendenza dei rispettivi rapporti; c) la curatela aveva avversato la domanda, rilevando che i predetti rapporti erano cessati dopo la dichiarazione di fallimento per effetto dell’ammissione della fallita alla cassa integrazione salariale, prima del fallimento e poi, in virtù della proroga richiesta dal medesimo organo, con D.M. dal 30.3.2011 al 29.3.2012, conseguendone il difetto di legittimazione attiva dell’opponente ed altresì la carenza di interesse ad agire, non avendo essa provato di aver escusso ovvero incassato la copertura assicurativa con cui i cedenti il medesimo credito avevano protetto il finanziamento dal rischio di perdita dell’occupazione, infine contestando il quantum e la qualità prelatizia;

3. il tribunale ha ritenuto che: a) la cessione del credito futuro per T.F.R. era opponibile al fallimento del debitore, anche se il credito era divenuto esigibile dopo la relativa pronuncia, poichè stipulata, in epoca di data certa anteriore ed incontestatamente, come clausola inerente ai mutui, conclusi dalla società con ciascuno dei lavoratori; b) la cessione e, per vero, la “costituzione in pegno” a favore della società mutuante “su parte del credito per T.F.R. dei lavoratori”, era stata notificata al datore (debitore ceduto), “unitamente alla lettera di benestare”, risultando così assolta la condizione di efficacia dell’art. 1264 c.c.; c) accanto alla legittimazione passiva della fallita, sorta prima del fallimento, si poneva la sopravvenuta ed opponibile legittimazione attiva della società cessionaria e così garantita, trattandosi di “credito certo, anche se non ancora determinato”, già “venuto ad esistenza”, non dissimilmente da quanto accade quando il trasferimento della titolarità avvenga direttamente in epoca postfallimentare ed ai fini dei riparti L.Fall., ex art. 115, comma 2; d) le altre contestazioni di merito erano infondate, non avendo il curatore dimostrato altre cause di estinzione del debito e bastando, per l’ammissione e come avvenuto, provare il contratto e dedurne l’inadempimento;

4. il ricorso è su tre motivi e ad esso resiste con controricorso PRESTITALIA S.P.A., s.p.a. con unico socio;

5. con il ricorso si deduce: a) (primo motivo) violazione della L.Fall., art. 52, nonchè degli artt. 1264,1265 e 2120 c.c., avendo il tribunale non rispettando il principio della cristallizzazione del passivo – ritenuto legittimata passiva la società fallita nonostante i lavoratori avessero maturato il T.F.R., in precedenza ceduto, solo in epoca successiva al fallimento e dunque erroneamente ammettendo al passivo un creditore che tale non era al momento della dichiarazione di fallimento, in quanto non titolare di alcun credito; b) (secondo motivo) violazione dell’art. 2697 c.c., comma 2, per non avere il tribunale ammesso i mezzi istruttori richiesti, volti a dimostrare che il credito, garantito da un’assicurazione, poteva risultare già estinto con l’indennizzo incassato; c) (terzo motivo) violazione ancora dell’art. 2697 c.c., comma 1, nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., posto che l’ammontare dei T.F.R. maturati dai dipendenti-cedenti non si evinceva da alcun documento depositato dalla società Prestitalia, nè era desumibile da altro.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. la controversia interroga la Corte, tra le altre e con possibile decisività, su una questione non affrontata da precedenti in termini ed involgente una pluralità di istituti, del diritto del lavoro e del diritto concorsuale, il cui coordinamento appare imposto dalla peculiarità della fattispecie;

2. per un primo profilo, dal decreto risulta incontestato che la cessione (ovvero costituzione in pegno) anche del T.F.R., oltre che delle quote stipendiali, in ammortamento dei mutui stipulati dai dipendenti della fallita con la società Prestitalia, è avvenuta nell’ambito di negozi conclusi anteriormente alla dichiarazione di fallimento del debitore ceduto; al fine di stabilire la legittimazione del cessionario, occorre tuttavia armonizzare il principio di eventuale opponibilità al fallimento del contraente ceduto con le regole di esigibilità del T.F.R., quale oggetto di credito e di successiva sua cessione a terzi;

3. il T.F.R., invero, diviene esigibile integralmente (ai fini di trasferimento definitivo del bene), di regola (e cioè salvo le anticipazioni parziali ad istanza), solo con la cessazione del rapporto di lavoro, ex art. 2120 c.c. ed è pacifico che ben può essere oggetto di una cessione anticipata, quale credito futuro (con piena efficacia negoziale obbligatoria), operando in tema di crediti futuri il principio per cui “la mancanza dei requisiti di certezza e liquidità, così come non inficia l’efficacia traslativa dell’atto di cessione, purchè si tratti di un credito non meramente eventuale, in quanto destinato a maturare nell’ambito di un rapporto identificato e già esistente, non incide neppure sulla pignorabilità del credito, e non preclude quindi l’azione esecutiva sullo stesso, posto che il pignoramento pone sul bene un vincolo che ha senso solo se ne sia ipotizzabile l’alienabilità” (Cass. 19501/2009, 1607/2017);

4. ne deriva che oltre e dopo il negozio di cessione, pur se le parti non debbono più negoziare il medesimo diritto e se anche il negozio sia opponibile al terzo, nel frattempo dichiarato fallito, il relativo acquisto non sarà immediato ed automatico, in capo al cessionario, se non in virtù di una domanda; nella vicenda, è discussa proprio la piena titolarità di quel bene in capo alla società Prestitalia, avendo essa agito nei confronti della procedura concorsuale insinuando al passivo un credito già cedutole, ma ancora non esigibile al momento della domanda stessa; è vero infatti che il titolare originario del credito (creditore-lavoratore) si era già spogliato di quella posizione soggettiva, ma per questa la formazione progressiva del diritto, in un suo fondamentale elemento fondativo della esigibilità, non si era ancora completata;

5. nel presupposto, dunque, che Prestitalia abbia agito nella procedura concorsuale del debitore ceduto non come creditrice -mutuante dei cedenti-mutuatari, bensì – in primo luogo – come cessionaria di un credito da ciascuno di essi già trasferitole, va chiarito se l’esaurimento del rapporto di lavoro, intervenuto solo in epoca successiva alla proposizione della domanda, possa rilevare come presupposto di fatto ai fini della esigibilità del credito e dunque della sua ammissibilità al passivo senza condizione, quand’anche accertato nel corso del giudizio di opposizione allo stato passivo; la questione involge pertanto l’operatività del verificarsi dello scioglimento del rapporto di lavoro (nella specie, per licenziamento intimato dal curatore fallimentare) quale evento che, nella sua obiettività, completi la fattispecie costitutiva del diritto ovvero le condizioni della sua azione implicando una diversa situazione di fatto al momento della decisione, dunque diversa da quella presupposta, come nel caso, dal giudice delegato o comunque all’epoca della prima disamina dell’insinuazione al passivo; l’interrogativo non implica l’affermazione di alcun obbligo del giudice a sospendere il giudizio, nè – come visto – ad attendere il compimento di una condizione (tale non essendo il citato evento), ma solo a verificare se e come, nell’odierno contesto processuale del concorso fra creditori, il sopravvenire dello scioglimento del rapporto di lavoro ne determini la presa d’atto e, con essa, l’accertamento della esigibilità del credito per T.F.R. ai fini dell’ammissione al passivo;

6. questo Collegio, infatti, è consapevole dell’indirizzo giurisprudenziale che, in tema, nega che il credito per T.F.R. possa essere ammesso al passivo anche con riserva se ancora il rapporto di lavoro non si sia sciolto (Cass. 5376/2020, 19277/2018); si tratta di un’interpretazione dell’istituto che, a sua volta, riceve una declinazione coerente nel computo del termine iniziale di decorso della prescrizione del diritto, che “va individuato nel momento in cui il rapporto di lavoro subordinato è cessato, e non già in quello in cui sia stato accertato giudizialmente l’effettivo ammontare delle retribuzioni spettanti” (Cass. 2827/2018);

7. così come è costante l’affermazione, parimenti condivisa, per cui, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’anteriorità del credito di cui si chieda l’ammissione, “essendo un elemento costitutivo del diritto di partecipare al concorso e, quindi, alla distribuzione dell’attivo, non forma oggetto di eccezione in senso stretto riservata alla sola iniziativa di parte, ossia del curatore o dei creditori concorrenti” (Cass. 24432/2011);

8. la problematicità della sorte del credito per T.F.R., rispetto ad altri crediti futuri, si riflette nell’altrettanto pacifica affermazione di questa Corte per cui se ne può chiedere giudizialmente l’accertamento, secondo un interesse diretto ed attuale, anche da parte del lavoratore in servizio “ancorchè le quote stesse non siano ancora esigibili e, come tali, non possano formare oggetto di azione di condanna” (Cass. 18501/20048); per converso, l’insinuazione al passivo non si compendia in una domanda di mero accertamento, essendo istituzionalmente volta al conseguimento di un titolo partecipativo al concorso fra creditori sul ricavato della liquidazione e dunque al soddisfacimento del credito; la stessa giurisprudenza concorsuale, peraltro, ha affermato l’interesse del lavoratore a chiedere l’accertamento del “T.F.R. maturato fino al momento della vendita d’azienda… verso il datore di lavoro cedente (che, nel regime ordinario dell’art. 2112 c.c., resta obbligato per la quota di sua spettanza, salva la solidarietà del cessionario)” ribadendo che esso, “pur se esigibile dopo la futura cessazione del rapporto di lavoro subordinato, che funge da termine per l’adempimento” resta “azionabile contro il cessionario solo se risulti dallo stato passivo del fallimento dante causa”, al punto che la mancata ammissione allo stato passivo del cedente fallimento era – nel caso – suscettibile di determinare la perdita definitiva del diritto al trattamento di fine rapporto, “parziale, per la parte maturata con la società fallita, o addirittura totale ove non avesse fatto seguito alla situazione interinale di affitto, senza accollo – vigente alla data di instaurazione dell’opposizione L.Fall., ex art. 98 – l’accordo contrario in sede di cessione definitiva di azienda” (Cass. 4736/2012);

ritenuta dunque l’opportunità di un approfondimento dei principi regolatori della materia per come sopra riassunta, per la particolare rilevanza della questione di diritto, non sussistono i presupposti per la trattazione in camera di consiglio, dovendo la causa essere rimessa alla pubblica udienza.

PQM

la Corte rinvia la trattazione del ricorso a nuovo ruolo, per la fissazione di udienza pubblica della prima Sezione civile.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2021

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