Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10210 del 28/04/2010

Cassazione civile sez. I, 28/04/2010, (ud. 02/12/2009, dep. 28/04/2010), n.10210

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23011-2004 proposto da:

G.L. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso l’avvocato CASAGRANDE MARIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CAMPAGNA GIOVANNI, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO INDUSTRIA LEGNAMI CENTRO ADRIATICO I.L.C.A. DI FEDELI

LIVIA & C. S.A.S. (c.f. (OMISSIS)), in persona del Curatore Dott.

V.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38,

presso l’avvocato OJETTI UGO, rappresentato e difeso dall’avvocato

VULPIANI PAOLO, giusta procura speciale per Notaio Dott. CARLO

CAMPANA di SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Rep. n. 34 924 del 2 6.10.06;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 515/2004 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 29/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2009 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI PIETRO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che, con ricorso del 15 settembre 1998, G.L. chiese al Tribunale di Ascoli Piceno di essere ammesso al passivo del fallimento della s.a.s. I.L.C.A. di Fedeli Livia & C. – dichiarato dallo stesso Tribunale con sentenza del 2 agosto 1988 -, ai sensi dell’art. 101 della legge fallimentare, per la somma di L. 507.559.000 in via privilegiata e con prededuzione ai sensi della L. Fall., art. 53, trattandosi di credito garantito da pegno;

che, a fondamento della domanda, il G. dedusse che:

a) egli, quale creditore della società elvetica Sommer, aveva proceduto a pignoramento mobiliare presso la s.a.s. I.L.C.A., debitrice a sua volta della Sommer; b) il Pretore di Offida, con ordinanza del 28 marzo 1988, gli aveva assegnato il credito della Sommer verso la s.a.s. I.L.C.A., di L. 71.870.640 e di franchi svizzeri 169.259,90, con valuta in pari data, da valere sui canoni mensili che la s.r.l. Picena Legnami, locataria della s.a.s.

I.L.C.A., doveva corrispondere a quest’ultima; c) egli, notificato tale provvedimento alla Piceno Legnami, aveva notificato a quest’ultima atto di precetto il 3 gennaio 1989, per morosità della stessa;

Che, costituitosi, il Fallimento della s.a.s. I.L.C.A., nel resistere alla domanda, eccepì, tra l’altro, la prescrizione del diritto fatto valere;

che il Tribunale adito, con sentenza del 27 giugno 2001, rigettò la domanda per prescrizione del diritto fatto valere;

che avverso tale sentenza il G. propose appello dinanzi alla Corte d’Appello di Ancona che, in contraddittorio con il Fallimento della s.a.s. I.L.C.A., con la sentenza n. 515/2004 del 29 luglio 2004, respinse l’appello;

che, in particolare, la Corte – dopo aver rilevato che il G. aveva dedotto, come motivi d’appello, due fatti interruttivi della eccepita prescrizione decennale, e cioè: 1) il doloso occultamento, perpetrato dalla socia accomandataria della s.a.s. I.L.C.A. nei confronti del curatore fallimentare, del debito della Società verso il G.; 2) la promozione, da parte di quest’ultimo, di un giudizio nei confronti della s.a.s. I.L.C.A., provata dal decreto del Tribunale di Ascoli Piceno in data 26 settembre 1994 – ha motivato la reiezione di entrambi detti motivi dell’appello, osservando che: a) quanto al primo fatto interruttivo dedotto (doloso occultamento del credito) – correttamente qualificabile come causa di sospensione della prescrizione tra debitore e creditore ai sensi dell’art. 2941 c.c., n. 8-, tale deduzione è inammissibile e, comunque, infondata:

inammissibile, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., perchè la relativa eccezione non era stata mai proposta nel giudizio di primo grado; infondata, sia perchè l’evocato art. 2941 c.c., n. 8 richiede che l’occultamento doloso sia stato effettuato dal debitore nei confronti del creditore, tale non essendo il curatore fallimentare, sia perchè non v’era assolutamente la prova del dedotto occultamento; b) quanto al secondo fatto interruttivo dedotto (promozione del giudizio da parte del G. nei confronti della s.a.s. I.L.C.A.), anche tale deduzione è inammissibile e, comunque, infondata: inammissibile, sìa perchè la relativa eccezione non era mai stata formulata nel giudizio di primo grado, sia perchè alla produzione dell’evocato decreto del Presidente del Tribunale di Ascoli Piceno ostava il disposto di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3;

in ogni caso infondata, perchè da detto decreto presidenziale risultava soltanto che era pendente un giudizio di opposizione a precetto promosso dalla s.r.l. Piceno Legnami nei confronti del G. e non già la proposizione di una domanda giudiziale di quest’ultimo nei confronti della s.a.s. I.L.C.A.;

che avverso tale sentenza G.L. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;

che resiste, con controricorso illustrato da memoria, il Fallimento della s.a.s. I.L.C.A. di Fedeli Livia & C..

Considerato che va preliminarmente respinta l’eccezione, sollevata dal controricorrente, di carenza di specialità della procura ad litem conferita dal ricorrente, perchè tale procura – apposta in calce al ricorso per cassazione -, ancorchè di contenuto generico, fa presumere, secondo il costante orientamento di questa Corte, la riferibilità della stessa al ricorso cui accede;

che, con il primo motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2941 e 2943 c.c. in riflesso all’art. 553 c.p.c. ed ai sensi degli artt. 1263, 1264, 1978, 1979 e 1980 c.c., nonchè errata applicazione degli artt. 2934 e 2935 c.c.”), il ricorrente critica la sentenza impugnata, sostenendo che i Giudici a quibus non avrebbero considerato che egli aveva fatto valere il proprio credito verso la s.a.s. I.L.C.A. con l’atto di pignoramento presso terzi promosso proprio nei confronti della s.a.s. I.L.C.A. e con il precetto intimato nei confronti della s.r.l. Picena Legnami, atti, questi, entrambi interruttivi della prescrizione di detto diritto di credito;

che, con il secondo motivo (con cui deduce: “Omessa, contraddittoria, erronea motivazione circa il punto decisivo”), il ricorrente critica la sentenza impugnata sotto il profilo della sua motivazione, contestando la dichiarazione di inammissibilità dei due motivi di appello e sostenendo che tali motivi non conterrebbero profili di novità;

che il ricorso è inammissibile;

che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, dal momento che il ricorso per cassazione non introduce una terza istanza di giudizio con la quale si può far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi invece come un rimedio impugnatorio a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi rende inammissibili le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 389 e 13070 del 2007);

che, nella specie – come emerge chiaramente confrontando la su riportata motivazione della Corte di Ancona (cfr., supra, nel Ritenuto, le lettere a e b) con il contenuto del secondo motivo di ricorso -, il ricorrente ha sostanzialmente omesso di impugnare le autonome rationes decidendi, con le quali i Giudici a quibus hanno dichiarato l’inammissibilità dei due motivi d’appello ai sensi dell’art. 345 c.p.c., commi 1 e 3, rationes singolarmente idonee a sorreggere la decisione impugnata sul piano logico e giuridico;

che, infatti, il ricorrente si limita a contestare in modo del tutto generico la sussistenza della novità delle deduzioni e dei documenti relativi ai fatti interruttivi della prescrizione, senza nemmeno indicare con quali atti del giudizio di primo grado dette deduzioni fossero state effettuate e quando i documenti fossero stati prodotti;

che tale omessa impugnazione determina, pertanto, l’inammissibilità del ricorso;

che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, ivi compresi Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 2 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010

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