Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10208 del 16/04/2021

Cassazione civile sez. I, 16/04/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 16/04/2021), n.10208

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 13373/2015 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere

Marzio n. 1, presso lo studio dell’avvocato Macario Francesco, che

lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona dei curatori avv.

M.A.C. e Dott. C.M., elettivamente domiciliato in

Roma, Via Pietro Paolo Rubens n. 31, presso lo studio dell’avvocato

Bottai Luigi Amerigo, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Ratti Massimiliano, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 163/2015 del TRIBUNALE Di PESCARA, del

16/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/01/2021 dal cons. Dott. Paola Vella.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Pescara ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) s.r.l., proposta dall’avv. R.A. contro il diniego della prededuzione sul credito – ammesso in via privilegiata – per assistenza prestata nella predisposizione del concordato preventivo della società, ammesso il 22/05/2012 (su proposta del 19 aprile, modificata il 9 maggio e successivamente rettificata ad agosto 2012), che dopo due convocazioni davanti agli organi della procedura (in data 25 luglio e 11 settembre 2012) era stato revocato L.Fall., ex art. 173, per insussistenza delle condizioni di ammissibilità (non fattibilità), in data 22/10/2013.

1.1. Il giudice delegato aveva escluso la prededuzione per la ritenuta “inesistenza di alcuna utilità per la massa dei creditori”, aggiungendo che “le censure sollevate dai curatori in ordine all’inadempimento del professionista che avrebbero determinato la revoca dell’ammissione L.Fall., ex art. 173 appaiono genericamente formulate e tali da non poter essere apprezzate in questa sede”.

1.2. Il Tribunale ha invece affermato che: i) di regola l’ammissione del credito fa presumere la funzionalità delle prestazioni, fatti salvi gli atti di frode, che possono invece portare alla sua esclusione; ii) in caso di successivo fallimento, però, il curatore può provare la manifesta inutilità (e anzi dannosità) del concordato preventivo per i creditori; iii) nel caso di specie, “una serie di circostanze emerse dopo l’ammissione alla proceduta hanno fatto venir meno la fattibilità giuridica del piano, circostanze note ai professionisti che avevano assistito la società già in epoca precedente alla predisposizione della versione modificata della proposta presentata nell’agosto 2012, con conseguente assenza di una corretta informazione per il ceto creditorio che poi votò favorevolmente la proposta”, ed in particolare: A) il sequestro penale del 21 giugno 2012 su un immobile, per omesso versamento Iva; B) l’escussione del pegno su titoli da parte di BLS in data 28 giugno 2012; iv) ne consegue che la domanda di concordato, “inizialmente ammessa e complessivamente considerata (tenuto conto di tutte le modifiche successive ma antecedenti la fase del voto), non ha avuto alcuna utilità per la massa”; v) ciò in quanto “è pacifico che gli eventi che portarono alla revoca (A e B) risultano essere successivi alla data di presentazione del piano avvenuta nell’aprile 2012 ed è altresì incontestato che il professionista opponente non evidenziò mai, neppure nelle successive modifiche ed integrazioni, le due circostanze”, con conseguente “violazione, da parte del professionista, di quegli obblighi che, se assolti diligentemente, avrebbero al contrario portato all’omologa”, e ciò a prescindere dal fatto che il debito Iva sarebbe stato soddisfatto integralmente (poichè il sequestro penale era fino a concorrenza di una parte minima del valore dell’immobile) e che l’escussione del pegno avrebbe portato a una riduzione del passivo, circostanze che avrebbero rilevato solo se debitamente rappresentate agli organi della procedura; vi) “in conclusione appare dirimente l’inosservanza della doverosa ed esigibile diligenza professionale da parte dell’opponente che portò all’inevitabile fallimento”.

1.3. Il R. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, corredato da memoria.

2. Il Fallimento ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

2.1. Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 111, in quanto, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ai fini del riconoscimento della prededuzione non occorre riscontrare l’utilità in concreto delle prestazioni rese, risultando sufficiente la loro adeguatezza ex ante.

2.2. Il secondo mezzo lamenta la violazione degli artt. 1176 e 2236 c.c. nonchè l’omesso esame di fatti decisivi, essendovi incongruenza logica tra l’ammissione del credito al privilegio e la censura (dirimente) dell’inosservanza degli obblighi di diligenza; inoltre il Tribunale non farebbe riferimento agli ulteriori elementi che hanno portato alla revoca del concordato per mancanza di fattibilità giuridica (insufficienza dell’attivo rispetto al passivo; illegittima formazione della classe dei creditori infragruppo postergati volontariamente), motivando solo sul sequestro penale (A) e sul pegno (B), per i quali non vi sarebbe alcun elemento tale da giustificare l’affermata conoscenza o conoscibilità, da parte del professionista, di pretesi atti in frode della società, nè la manifesta inutilità (e anzi dannosità) per i creditori dell’attività prestata. Anzi, lo stesso giudice delegato aveva affermato che le circostanze sub A e B “erano note ai professionisti che hanno assistito la società, per averle essi stessi portate all’attenzione degli organi della procedura in epoca precedente alla predisposizione del nuovo piano concordatario modificato nell’agosto 2012” (v. verbale di convocazione del 25/07/2012 sul sopravvenuto sequestro e del 11/09/2012 sull’escussione del pegno); inoltre, tali due aspetti erano stati debitamente segnalati, quindi inclusi nella relazione L.Fall., ex art. 172 del 15/11/2012, e così portati all’attenzione dei creditori, prima del voto (come si deduce a pag. 22 del ricorso).

2.3. Viene infine osservato che il giudice delegato ha ammesso in prededuzione il credito dell’attestatore, in quanto “la funzionalità va valutata all’epoca della predisposizione dell’attestazione, e a quella data era funzionale”; assunto, questo, che a maggior ragione dovrebbe valere per l’attività di assistenza alla predisposizione della domanda di concordato, che precede quella di attestazione.

3. Il Collegio, tenuto conto della copiosa giurisprudenza di questa Corte circa la prededucibilità dei crediti sorti “in funzione” del concordato preventivo – per cui non rileva l’utilità ex post, bensì l’inidoneità ex ante della prestazione (ex multis, Cass. 13596/2020, 9027/2020, 220/2020, 12017/2018, 1182/2018) – e le possibili interferenze con l’eccezione di inadempimento, avuto riguardo alla potenziale idoneità della prestazione, prima facie, all’avvio della procedura (Cass. 22467/2018; cfr. Cass. 22785/2018 e Cass. 24025/2020) – ritiene opportuno disporre la trattazione del ricorso in pubblica udienza, al fine di approfondire la tematica dell’eventuale effetto preclusivo derivante dell’ammissione del credito in via privilegiata, rispetto al diniego di riconoscimento della prededuzione per il medesimo credito.

P.Q.M.

Rinvia la causa a nuovo ruolo, disponendone la trattazione in pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2021

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