Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10204 del 12/05/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10204 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MANCINO ROSSANA

ORDINANZA
sul ricorso 23314-2011 proposto da:
MILONE MAURIZIO MLNMRZ47R24A083K, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA NOMENTANA 91, presso lo studio
dell’avvocato MECO CINZIA, rappresentato e difeso dall’avvocato
SARTOREL ROSALISA giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
INA ASSITALIA AGENZIA di BELLUNO, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DE CAROLIS 98, presso lo studio dell’avvocato MASCIONE
VINCENZO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
TRIOLO GIUSEPPE, GARBIN FRANCESCO giusta procura in
calce al controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 12/05/2014

avverso la sentenza n. 292/2011 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA del 12/04/2011, depositata il 04/07/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
08/04/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;
udito l’Avvocato Cinzia Meco (delega avvocato Sartorel) difensore del

ricorrente che si riporta alla memoria.

Ric. 2011 n. 23314 sez. ML – ud. 08-04-2014
-2-

r.g.n. 23314/2011 Milone Maurizio c/ INA Assitalia
Oggetto: sub-agenzia — indennità di risoluzione

Svolgimento del processo e motivi della decisione

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio dell’8
aprile 2014, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente
relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

2. “Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Venezia,
accogliendo il gravame avverso la statuizione di primo grado,
respingeva la domanda svolta da Milone Maurizio tesa ad ottenere, in
contraddittorio con l’INA Assitalia, il riconoscimento del diritto
all’indennità di risoluzione prevista dall’accordo nazionale regolante il
rapporto dei subagenti.
3. Per la Corte territoriale la disciplina del regime delle indennità spettanti
al subagente, stante la nullità dell’art. 17 dell’accordo collettivo per
contrasto con norma imperativa, doveva essere regolata in base alla
legislazione vigente all’epoca della stipulazione del contratto
individuale che, appunto, escludeva il diritto all’indennità di fine
rapporto nel caso di semplice recesso dell’agente non sorretto da
giusta causa.
4. Avverso detta sentenza Milone Maurizio ha proposto ricorso, affidato
a due motivi, con i quali ha denunciato erronea applicazione dei
canoni ermeneutici per avere la Corte di merito escluso che l’art. 22
dell’accordo collettivo del 1986, nel riconoscere il diritto all’indennità
di risoluzione, facesse riferimento all’art. 17; e per avere applicato
direttamente l’art. 1751 c.c. anziché l’accordo nazionale del 27.11.1986.
5. La parte intimata ha resistito con controricorso.

r.g.n. 23314/2011

i.

6.

Il ricorso deve ritenersi improcedibile atteso che la mancata
produzione del contratto collettivo menzionato rileva ai sensi di
quanto prescritto, per i ricorsi relativi a sentenze pubblicate dopo
l’entrata in vigore della L. n. 40 del 2006, dall’art. 369, comma 2, n. 4,
c.p.c., in relazione al deposito di atti processuali, documenti, contratti
collettivi o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda.

in quale sede processuale il CCNL è stato eventualmente prodotto
nelle fasi di merito e dove, quindi, la Corte potrebbe esaminano in
questa sede, per effetto della relativa già avvenuta produzione nelle fasi
di merito.
8.

Al riguardo, è stato affermato da questa Corte che l’onere di
depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda imposto, a pena di improcedibilità, dal citato art. 369 c.p.c., secondo
comma, n. 4, nella nuova formulazione di cui al d.lgs. 2 febbraio 2006,
n. 40 – non può dirsi soddisfatto con la trascrizione nel ricorso delle
sole disposizioni della cui violazione il ricorrente si duole attraverso le
censure alla sentenza impugnata, dovendo ritenersi che la produzione
parziale di un documento sia non solamente incompatibile con i
principi generali dell’ordinamento e con i criteri di fondo
dell’intervento legislativo di cui al citato d.lgs. n. 40 del 2006, intesi a
potenziare la funzione nomoftlattica della Corte di cassazione, ma
contrasti con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dall’art. 1362
e ss. c.c. e, in specie, con la regola prevista dall’art. 1363 c.c., atteso che
la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di
escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni
indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione
che interessa (cfr., ex multis, Cass. 15495/2009).

2
ng.n. 23314/2011

z H requisito non appare soddisfatto, atteso che si è omesso di precisare

9. Né muta i termini della questione la sentenza delle sezioni unite di
questa Corte, che ha sancito che “in tema di giudizio per cassazione,
l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4,
così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7, di
produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, gli atti processuali, i
documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda è

processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di
parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano
contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo
d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto
fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la
sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi
dell’art. 369 c.p.c., comma 3, ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica
indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, degli atti,
dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi (cfr.
Cass., s.u., 22726/2011).
10. Nel caso in esame la parte ricorrente si è limitata a richiamare il
contenuto delle disposizioni collettive”.

n. Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio.
12. Le parti hanno depositato Le parti hanno depositato memorie.
13. Il Collegio condivide il contenuto della relazione, ritenendo
improcedibile il ricorso.
14. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.

3
ng.n. 23314/2011

soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso; condanna il
ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 100,00 per
esborsi, ed euro

2.5C90°

per compensi professionali, oltre

Così deciso in Roma 1’8 aprile 2014
IL

accessori di legge.

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