Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10202 del 10/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 10/05/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 10/05/2011), n.10202

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso iscritto al n. 23655 del R.G. anno 2010 proposto da:

A.S. dom.to presso la cancelleria della Corte di Cassazione con

l’avv. RIZZOGLIO Mirco del Foro di Milano che lo rappresenta e

difende per procura speciale a margine de ricorso;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale per la Protezione Internazionale presso il

Ministero degli Interni – P.G. presso la Corte di Appello di Roma;

– intimati –

avverso la sentenza n. 46 della Corte d’Appello di Roma depositata il

11.01.2010; udita la relazione della causa svolta dal Consigliere

Dott. Luigi MACIOCE; udito il P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per

l’inammissibilità dei motivi primo, secondo e quinto e per il

rigetto dei motivi terzo e quarto.

Fatto

RILEVA IN FATTO

A.S., cittadino del (OMISSIS), chiese al Tribunale di Roma il riconoscimento della protezione internazionale che la competente Commissione Territoriale aveva negato, affermando di averne diritto in quanto perseguitato in patria essendo attivista da lungo tempo del partito di opposizione BNP, ma il Giudice adito, con sentenza 9.03.2009, respinse il ricorso, affermando che tanto il rilascio all’interessato di passaporto con visto per l’Italia quanto le recenti elezioni in quel paese facevano escludere la sussistenza della persecuzione. Avverso detta decisione, A.S. propose appello alla Corte di ROMA con atto del 2.10.2009 ma l’adita Corte con sentenza 11.1.2010 ha rigettato il gravame affermando che: tutte le deduzioni circa la specifica persecuzione a suo danno erano prive di alcuna verifica probatoria; l’articolazione probatoria era affatto inammissibile per genericità ed indeterminatezza di fatti e testi;

quanto alla generale situazione del (OMISSIS) emergeva una permanente situazione di incertezza sulle libertà democratiche ma una qualche apertura democratica significativa, nel cui ambito si poteva iscrivere il rilascio del passaporto ad A.S. e nel cui contesto si poteva presumere che l’ordine di arresto potrebbe essere stato revocato.

Per la cassazione di tale sentenza l’ A.S. ha proposto ricorso depositando l’atto il 12-18.10.2010 e la cancelleria ha provveduto alle notifiche di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35. Nel ricorso il predetto istante si duole in cinque motivi delle violazioni di legge commesse dalla Corte di merito.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

Il ricorso devesi ritenere tempestivo ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 14 (cfr. Cass. 13111.10): la sentenza 11.1.2010 non venne notificata, ma di essa venne solo dato avviso di pubblicazione, nel mentre il ricorso venne consegnato alla posta (atto equivalente al suo deposito) in data 12.10.2010,e pertanto entro il termine “lungo”, applicabile in difetto della notificazione a cura della cancelleria del provvedimento di merito. Il primo ed il secondo motivo lamentano il mancato rilievo della incompetenza (amministrativa) per territorio, essendo detta competenza determinata dalla domanda di protezione, presentata presso la Questura di Milano, e pertanto radicante competenza esclusiva per territorio della Commissione di Milano e non di quella di Roma: la questione della competenza territoriale della Commissione, del tutto ignorata dalla Corte di merito, viene proposta in questa sede in termini di violazione del criterio individuatore della Commissione di cui al D.P.R. n. 303 del 2004, art. 12, comma 2 (per il quale il Questore ricevente la domanda di protezione deve, nel caso in cui lo straniero non sia ospitato in un CIE od in un CPTA, trasmetterla alla Commissione alla quale fa capo l’UTG nella cui circoscrizione è presentata la domanda). Ebbene, da un canto la indicata previsione regolamentare è sfornita di alcuna sanzione di nullità dell’atto che sia adottato da Commissione “non competente” e, dall’altro canto, quand’anche della decisione adottata dalla Commissione incompetente potesse predicarsi la illegittimità, il primo giudice, al quale non si dice che la questione venne posta, avrebbe solo potuto dichiarare la invalidità del diniego adottato da Ufficio incompetente ma non certo procedere ad esaminare il merito in via sostitutiva nè tampoco declinare la propria competenza territoriale (correttamente radicata dalla decisione della Commissione Territoriale di Roma), si che non si scorge quale interesse possa avere il ricorrente ad una pronunzia demolitoria dell’atto che farebbe regredire il procedimento alla prima fase.

Il terzo e quarto motivo lamentano la incongruità della motivazione in relazione alla puntualità e completezza degli elementi addotti.

La Corte di Roma ha ritenuto di aver adempiuto ai suoi compiti di accertamento pur non avendo interrogato le fonti di informazione ex lege deputate ma solo esaminando criticamente le prospettazioni del richiedente la protezione e le informative generali afferenti la situazione del (OMISSIS): la genericità e non ufficialità delle informazioni sulla insussistenza di un pericolo grave di persecuzione per la persona del ricorrente, appare evidente.

La Corte di merito, condividendo la valutazione del primo giudice, ha esaminato la domanda di protezione sotto l’ottica prevalente della credibilità soggettiva del richiedente, dimenticando di adempiere ai doveri di ampia indagine, di completa acquisizione documentale anche officiosa e di complessiva valutazione anche della situazione reale del Paese di provenienza, doveri imposti dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 (emanato in attuazione della direttiva 2005/85/CE), norma alla stregua della quale ciascuna domanda deve essere esaminata alla luce di informazioni aggiornate sulla situazione del Paese di origine del richiedente asilo, informazioni che la Commissione Nazionale fornisce agli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi su impugnazioni di decisioni negative (Cass. 17576 del 2010).

Il quinto motivo appunta il suo fondato dissenso sulla scarsa considerazione mostrata dalla Corte di Roma sugli oggettivi limiti alla personale iniziativa probatoria del ricorrente, con riguardo al suo diritto allo status od alla protezione sussidiaria. Il motivo è fondato posto che la Corte di merito, ha finito per gravare il richiedente dell’incertezza proveniente da una incompleta informativa, indebitamente non integrata dalle sue iniziative officiose, ed ha esaminato tanto la documentazione prodotta quanto le prospettazioni difensive illustrate nelle sue richieste istruttorie nell’ottica inaccettabile della carenza di traduzione della prima e dell’assenza di capitolazione delle seconde (pag. 4 della decisione), ottica non più perseguibile anche prima della entrata in vigore del D.Lgs. n. 25 del 2008 e certamente contra legem nella vigenza di tale normativa, essendo infatti predicabile un dovere di cooperazione del giudice, nell’accertamento dei fatti rilevanti ai fini del riconoscimento dello “status” di rifugiato e una maggiore ampiezza dei suoi poteri istruttori officiosi, peraltro derivanti anche dall’adozione del rito camerale (S.U. n. 27310 del 2008). Si accoglie pertanto il ricorso e si cassa la sentenza, con rinvio, anche per le spese, alla stessa Corte in diversa composizione, la quale riesaminerà il reclamo di ABU SAID facendo applicazione dei testè indicati principii di diritto.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2011

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