Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10199 del 16/04/2021

Cassazione civile sez. III, 16/04/2021, (ud. 12/10/2020, dep. 16/04/2021), n.10199

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33099-2019 proposto da:

A.R., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

FRANCESCO ROPPO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1583/2019 della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA,

depositata il 14/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2020 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale in persona

della Dott.ssa SANLORENZO RITA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

A.R., cittadina della (OMISSIS), ha chiesto alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiata politica, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis);

a sostegno della domanda proposta, la ricorrente ha dedotto di essere fuggita dal proprio paese per il timore di subire ritorsioni o violenze da parte di uno zio per il rifiuto della stessa di sposarsi con una persona dallo stesso indicata;

la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

avverso tale provvedimento A.R. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 ricorso dinanzi al Tribunale di Bologna che, con ordinanza in data 13/11/2017, ha accolto la domanda dell’istante, riconoscendo il ricorso dei presupposti per l’attribuzione, in favore della stessa, della protezione sussidiaria e della stessa protezione umanitaria;

tale ordinanza, appellata dal Ministero dell’Interno, è stata riformata dalla Corte d’appello di Bologna che, con sentenza in data 14/5/2019, ha rigettato ogni istanza di protezione internazionale rivendicata dall’odierna ricorrente;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale invocate dalla ricorrente, tenuto conto: 1) dell’assenza di attendibilità del relativo racconto; 2) della mancata dimostrazione dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); 3) dalla mancanza, nei territori di provenienza della ricorrente, di condizioni tali da integrare, di per sè, gli estremi di una situazione generalizzata di conflitto armato; 4) della insussistenza di un’effettiva situazione di vulnerabilità suscettibile di giustificare il riconoscimento dei presupposti per la c.d. protezione umanitaria;

il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da A.R. con ricorso fondato su tre motivi, illustrati da successiva memoria;

il Ministero dell’Interno, non costituito in termini mediante controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa;

il Procuratore generale presso la Corte suprema di cassazione ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge ed omesso esame di fatti decisivi controversi, per avere la corte territoriale condotto l’esame delle dichiarazioni rese dall’interessata in violazione dei criteri previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 omettendo la considerazione del complesso delle circostanze dedotte, limitandosi alla valorizzazione solo di talune di esse;

con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge ed omesso esame di fatti decisivi controversi, per avere la corte territoriale erroneamente escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria in relazione a ciascuna delle ipotesi indicate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 non tenendo conto della sostanziale credibilità del proprio racconto di vita e dell’insieme delle fonti informative dedotte nel corso del giudizio con riguardo all’effettiva condizione di pericolosità del paese di provenienza dell’istante;

con il terzo motivo, la ricorrente censura il provvedimento impugnato nella parte in cui ha rigettato la sua domanda di protezione umanitaria, senza tener conto dell’effettiva condizione di vulnerabilità della richiedente, così come concretamente evidenziata in ricorso, nonchè delle condizioni di complessiva criticità sociale e istituzionale del paese di provenienza, oltre che del percorso di integrazione dalla stessa intrapreso nel nostro Paese;

i primi due motivi sono fondati e suscettibili di assorbire la rilevanza del terzo;

osserva al riguardo il Collegio come la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero richiedente l’accertamento dei presupposti per la protezione internazionale, mentre costituisce, di regola, un apprezzamento di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice del merito, è censurabile in cassazione, sotto il profilo della violazione di legge, in tutti casi in cui la valutazione di attendibilità non sia stata condotta nel rispetto dei canoni legalmente predisposti di valutazione della credibilità del dichiarante (così come formalmente descritti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5);

detta valutazione di credibilità deve ritenersi inoltre censurabile, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riguardo ai fatti rilevanti come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 01);

in particolare, varrà sottolineare come il giudice di merito, nel valutare la credibilità complessiva del richiedente asilo, ben potrà ritenere inattendibili le dichiarazioni rese da quest’ultimo sulla base del significato eloquente anche di una singola circostanza ritenuta di per sè assorbente rispetto alla considerazione di ogni altro elemento di valutazione, purchè di detta circostanza se ne sottolinei – o ne emergano con evidenza – i caratteri di decisività, senza limitarsi al richiamo di formule di sintesi o di modelli argomentativi meramente stereotipati;

rimane in ogni caso fermo come la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non sia affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e, inoltre, tenendo conto della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente (di cui all’art. 5, comma 3, lett. c) D.Lgs. cit.), con riguardo alla sua condizione sociale e all’età, non potendo darsi rilievo a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati quando si ritiene sussistente l’accadimento, sicchè è compito delìautorità amministrativa e del giudice dell’impugnazione di decisioni negative della Commissione territoriale, svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorandosi dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario, mediante l’esercizio di poteri-doveri d’indagine officiosi e l’acquisizione di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente, al fine di accertarne la situazione reale (cfr. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 26921 del 14/11/2017, Rv. 647023 – 01);

nel caso di specie, il giudice a quo, nel trattare della questione relativa alla credibilità della vicenda narrata dalla ricorrente, si è limitato ad esprimere una propria soggettiva valutazione in ordine a talune circostanze del complessivo racconto della richiedente, rilevando, in modo generico e sostanzialmente immotivato, li relativo carattere “confusionario e non credibile”, omettendo totalmente di estendere la propria considerazione all’insieme delle dichiarazioni e di procedere all’esame dell’impegno dell’interessata eventualmente profuso nel fornire tutte le informazioni a sua disposizione ai fini del giudizio;

in particolare, varrà considerare come la corte territoriale abbia propriamente trascurato di circostanziare e articolare la valutazione di credibilità della richiedente in rapporto a ciascuno dei parametri di attendibilità dichiarativa sul cui necessario rilievo insiste la disposizione imperativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, finendo col porsi in evidente contrasto con i canoni di interpretazione delle dichiarazioni del richiedente la protezione internazionale espressamente raccomandati dalla legge e, più in generale, con la struttura procedimentale e comprensiva del ragionamento argomentativo imposto ai fini del controllo di quelle stesse dichiarazioni;

in forza di tali premesse, le lacune indicate devono ritenersi tali da riflettersi inevitabilmente sulla legittimità della motivazione in thema dettata dal giudice di merito, atteso che il mancato rispetto del modello legale di lettura delle dichiarazioni rese dal richiedente asilo vale a escludere l’avvenuta giustificazione, in modo legalmente adeguato, del giudizio di inattendibilità così espresso dal giudice di merito;

ciò posto, deve rilevarsi la fondatezza delle censure sollevate dalla ricorrente, con riguardo al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria in relazione alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) atteso il determinante riferimento, dell’argomentazione posta a fondamento del rigetto del giudice d’appello, alla rilevata (ma non adeguatamente giustificata) inattendibilità del racconto di vita dell’odierna istante;

parimenti fondata deve ritenersi la censura sollevata in relazione al rigetto della domanda diretta al riconoscimento della protezione sussidiaria riferita all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c);

osserva sul punto il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione sussidiaria dello straniero, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda proposta sulla base del pericolo di danno di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato determinativa di minaccia grave alla vita o alla persona), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente;

al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 11312 del 26/04/2019, Rv. 653608 – 01), purchè si tratti di fonti qualificate e affidabili, provenienti da organismi dotati di competenze, informative e collaborative, nella materia della protezione internazionale, in conformità alle previsioni di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis (cfr., al riguardo, Sez. 1, Ordinanza n. 11103 del 19/04/2019, Rv. 653465 – 01);

nel caso di specie, la corte territoriale non ha adeguatamente assolto ai propri doveri di cooperazione istruttoria nei termini specificati, essendosi inammissibilmente limitata al richiamo, peraltro generico e del tutto laconico, ai contenuti di un sito, “(OMISSIS)”, di per sè inidoneo (per le preminenti finalità di assistenza al turismo che lo connota) a fornire informazioni pienamente adeguate e attendibili sulle effettive situazioni di criticità del tessuto sociale, politico ed economico dei territori considerati, e in ogni caso di per sè insuscettibili di escludere il ricorso dei presupposti necessari ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a fronte della più ricca e articolata offerta informativa specificamente indicata dal ricorrente;

sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata la fondatezza del primo e del secondo motivo (assorbito il terzo), dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie i primi due motivi; dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 12 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2021

 

 

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