Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10197 del 12/05/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10197 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: CURZIO PIETRO

ORDINANZA
sul ricorso 1707-2011 proposto da:
MAZZACANE TIZIANA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
G. GALILEI 45, presso lo studio dell’avvocato LITTA PIETRO,
rappresentata e difesa dall’avvocato QUARANTA SILVANA, giusta
procura speciale alla lite in calce al ricorso;
– ricorrente contro
PROVINCIA DI TARANTO 80007320111 in persona del Presidente
della Giunta Provinciale, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO
VITTORIO EMANUELE II n. 18, presso lo STUDIO GREZ ed
ASSOCIATI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE ADEO
OSTILLIO, giusta delibera n. 5 del 12.1.2011 e giusta mandato ad
litem in calce al controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 12/05/2014

avverso la sentenza n. 207/2010 della CORTE D’APPELLO di
LECCE – Sezione Distaccata di TARANTO del 12.5.2010, depositata
il 30/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’8/04/2014 dal Presidente Relatore Dott. PIETRO CURZIO.

Ragioni della decisione

L’avv.sa Tiziana Mazzacane chiese la condanna della Provincia di
Taranto a disporre la sua assegnazione definitiva nelle mansioni di
avvocato titolare dell’incarico di posizione organizzativa con
conseguente reintegrazione nell’incarico e l’accertamento della
responsabilità della Provincia per il `mobbing’ subito
dall’avvocatessa, con condanna al risarcimento dei relativi danni.
Il giudice di primo grado dichiarava la responsabilità della Provincia
per i comportamenti mobbizzanti e per l’effetto condannava l’ente a
pagare alla ricorrente la somma di 51.000,00 euro. L’accoglimento
della domanda era quindi parziale in quanto non veniva disposta la
assegnazione alle mansioni richiesta, non veniva ordinata la
richiesta reintegrazione e il risarcimento veniva limitato a 51.000,00
contro i 250.000,00 richiesti.
Contro tale decisione di accoglimento parziale della domanda
proponeva appello solo la Provincia di Taranto. La Corte d’appello
accoglieva il ricorso e in riforma della sentenza di primo grado
respingeva integralmente la domanda.
L’avv.sa Mazzacane ricorre per cassazione articolando due motivi.
La provincia di Taranto si difende con controricorso.
Con il primo motivo la ricorrente denunzia omessa e/o insufficiente
e/o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia e
violazione degli artt. 2043, 2087, e 2103 c.c. La denunzia di vizio
di motivazione è generica ed inammissibile. Non specifica quale dei
vizi indicati, incompatibili tra di loro (una motivazione non può al
tempo stesso mancare ed essere contraddittoria) ricorre; in
violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c, non indica i “fatti” su cui la
motivazione sarebbe viziata; non spiega per ciascun fatto il perché
lo stesso è controverso e decisivo.
,

Ric. 2011 n. 01707 sez. ML – ud. 08-04-2014
-2-

Con il secondo motivo si denunzia violazione dell’art. 2103 c.c. e
relativo vizio di motivazione. Anche per questo motivo valgono i
rilievi di genericità formulati con riferimento alla prima censura,
perché anche in questo caso la censura parla indistintamente di
“copiosa documentazione prodotta dalla ricorrente” e di
“testimonianze rese dai testi escussi” che avrebbero reso “evidente”
la responsabilità della provincia, senza alcuna specificazione in
ordine all’individuazione ed al contenuto dei documenti e delle
prove testimoniali.
Anche in questo caso inoltre le censure proposte si risolvono nella
richiesta di una diversa valutazione del quadro probatorio e,
all’interno di tale valutazione, nella richiesta, immotivata, di non
considerare la condanna penale subita dalla ricorrente con sentenza
confermata dalla Corte d’appello ed in Cassazione. Valutazione
diversa delle risultanze istruttorie che non è consentita in sede di
giudizio di legittimità, quando la decisione impugnata risulti
motivata in modo analitico e coerente, come in questo caso.
Il ricorso, pertanto, è nel complesso inammissibile. Le spese
seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente
al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in
100,00 euro per spese e 2.600,00 euro per compensi professionali,
oltre accessori.
Roma, 8 aprile 2014.
Pietro Cu
Ric. 2011 n. 01707 sez. ML – ud. 08-04-2014
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esidente est.

In realtà si censura la motivazione per non aver considerato alcune
prove, che si omette di riportare e di specificare, e che vengono
menzionate genericamente. In ogni caso, quella proposta è una
valutazione diversa del quadro probatorio, inammissibile in sede di
Cassazione, specie quando la sentenza, come in questo caso, risulta
analiticamente motivata, con puntuali e precisi riferimenti ai dati
istruttori oggetto di valutazione.
La seconda parte del motivo è parimenti generica, e quindi
inammissibile, a fronte dell’affermazione che sarebbero stati violati
gli artt. 2043, 2087, e 2103 c.c. contenuta in epigrafe, nel corso della
esposizione non si spiega come e perchè sarebbe stati violati i
precetti contenuti in ciascuna di queste norme.

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