Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10196 del 30/04/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10196 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: GIUSTI ALBERTO

condominio

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CONSORZIO STRADALE MONTE GENTILE, in persona del presidente pro tempore,

rappresentato e difeso, in forza di

procura speciale con firma autenticata dal notaio Rodolfo Jannitti Piromallo (rep. 102048), dall’Avv. Loredana
Mariani, elettivamente domiciliato presso il suo studio
in Roma (studio Lucia Marini), via di S. Costanza, n.
27;
– ricorrente contro
CIANFANELLI Giovanni, rappresentato e difeso, in forza
di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv.

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Data pubblicazione: 30/04/2013

Marciano Petrillo, elettivamente domiciliato nel suo
studio in Roma, piazzale Clodio, n. 18;
– controricorrente avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, n.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza
pubblica del 5 marzo 2013 dal Consigliere relatore Dott.
Alberto Giusti;
uditi gli Avv. Loredana Mariani e Luigi Massaro,
quest’ultimo per delega dell’Avv. Marciano Petrillo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Libertino Alberto Russo,
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. – Con atto di citazione in data 16 giugno 1997,
Giovanni Cianfanelli ha convenuto in giudizio il Consorzio Stradale Monte Gentile, di cui è consorziato, opponendosi al decreto ingiuntivo n. 96/97 con cui il Pretore circondariale di Velletri, sezione distaccata di Albano Laziale, gli aveva intimato il pagamento della somma di lire 8.803.000, oltre interessi al tasso convenzionale del 20%, per le quote consortili degli anni 1993
e 1994 relative al lotto n. 68.
Si è costituito il Consorzio, chiedendo il rigetto
dell’opposizione e domandando, in via riconvenzionale,

1139 del 2 marzo 2006.

la condanna del Cianf anelli al pagamento delle quote
consortili relative agli anni 1995, 1996 e 1997.
Con sentenza in data 5 novembre 2001, il Tribunale
di Velletri, subentrato al Pretore, ha rigettato

accoglimento della domanda riconvenzionale, ha condannato il Cianfanelli al pagamento della somma di lire
8.803.000, oltre agli interessi al tasso convenzionale
del 20%, per gli oneri relativi agli anni 1995, 1996 e
1997.
2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito
in cancelleria il 2 marzo 2006, la Corte d’appello di
Roma ha riformato la sentenza di primo grado, revocando
il decreto ingiuntivo opposto, e ha condannato il Cian.. fanelli al pagamento, in favore del Consorzio, della
somma di lire 8.803.000 per oneri consortili 1993 e
1994, e di lire 2.947.331 per oneri 1997, con l’aggiunta
degli interessi, ma soltanto al tasso legale, nonché al
rimborso delle spese di giudizio.
2.1. – La Corte territoriale ha rilevato che non
può ritenersi applicabile al Cianfanelli la clausola votata dalla maggioranza dell’assemblea del Consorzio, relativa all’applicazione di un tasso di interessi del
20%, in assenza dell’approvazione del consorziato medesimo. Si tratta – ha precisato il giudice di secondo

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l’opposizione, confermando il decreto opposto, e, in

grado – di una delibera nulla, sicché non rileva la mancata tempestiva impugnazione della stessa, tanto più che
il tasso del 20% è superiore al tasso soglia previsto
dalla legge antiusura 7 marzo 1996, n. 108.

gli oneri consortili relativamente al medesimo lotto n.
h

68 per gli anni 1995 e 1996, già oggetto di una precedente sentenza di condanna del Tribunale di Velletri in
data 11 novembre 2000.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte
d’appello il Consorzio Stradale di Monte Gentile ha proposto ricorso, con atto notificato il 21 marzo 2007,
sulla base di cinque motivi.
VI ha resistito con controricorso il Cianfanelli.
In prossimità dell’udienza, il nuovo difensore del
ricorrente, in sostituzione del precedente rinunciante
al mandato, ha depositato una memoria.
Considerato in diritto
1. – Con il primo motivo di ricorso, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 1137 e 1138
cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc.
civ.”, il ricorrente censura la statuizione secondo cui
la (pretesa) nullità assoluta della delibera in data 27
ottobre 1991 che fissava l’indennità di mora avrebbe
comportato la nullità assoluta delle successive delibe-

– 4 –

La Corte d’appello ha anche scorporato dal dovuto

re, adottate in data 3 luglio 1994 e 12 novembre 1995,
sulla cui base è stato chiesto ed ottenuto il decreto
ingiuntivo opposto, di mera applicazione dei criteri generali in precedenza stabiliti.

.. zione degli artt. 1284, 1382, 1136, 1138 cod. civ., 70
disp. att. cod. civ., in relazione all’art. 360, n.3,
cod. proc. civ.) si sostiene che la modificazione della
norma regolamentare di condominio prevedente il pagamento di un interesse di mora in caso di mancato o ritardato versamento degli oneri condominiali poteva essere approvata o modificata dall’assemblea dei condomini con la
maggioranza di cui all’art. 1136, secondo comma, cod.
civ., in quanto richiamato dall’art. 1138 cod. civ.
Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1284, 1382, 1136, 1138 cod. civ., 70
disp. att. cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3,
cod. proc. civ.) il Consorzio ricorrente osserva che non
sarebbe configurabile la nullità della delibera assembleare in questione, ricorrendo la nullità solo quando
le delibere condominiali hanno un oggetto impossibile o
illecito, ovvero che non rientra nella competenza
dell’assemblea, o se incidono su diritti individuali inviolabili per legge. Si verserebbe quindi in un caso di

Con il secondo motivo (violazione e falsa applica-

delibera annullabile, da impugnare nel rispetto dei termini previsti dall’art. 1137 cod. civ.
1.1. – I tre motivi – da esaminare congiuntamente,
stante la loro stretta connessione – sono infondati.

adottata in data 27 ottobre 1991, deve considerarsi nulla, perché non rientra nei poteri dell’assemblea, deliberando a maggioranza, stabilire interessi moratori a
carico dei condomini nel ritardo dei pagamenti delle
quote condominiali, potendo tale previsione essere inserita soltanto in un regolamento contrattuale, approvato
all’unanimità (Cass., Sez. II, 18 maggio 2011, n.
10929).
Tale nullità inficia e travolge le successive delibere nella parte in cui, nel ripartire gli oneri di gestione tra i consorziati in relazione ad ogni singolo
anno, applicano il medesimo tasso di mora del 20%.
Anche le successive delibere, pertanto, sono affette dal medesimo vizio di nullità, la quale può essere
fatta valere dal condomino interessato senza essere tenuto all’osservanza del termine di decadenza di trenta
giorni ai sensi dell’art. 1137 cod. civ.
2. – Con il quarto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1284, 1382, 1138 cod. civ., 70
disp. att. cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3,

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La delibera all’origine dell’attuale controversia,

cod. proc. civ.; omessa e/o insufficiente motivazione
circa un fatto decisivo della controversia, in relazione
all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.) si censura che la
Corte d’appello abbia omesso di considerare il fatto de-

all’assemblea, da parte dello statuto del consorzio, del
potere di prevedere il pagamento di un’indennità di mora
in caso di mancato o tardivo pagamento delle quote consortili. Nel caso di specie l’originario statuto consortile, avente natura di regolamento contrattuale, prevedeva che “Le quote di partecipazione alle spese consortili saranno versate dai lottisti in rate trimestrali
entro i primi cinque giorni del trimestre. In caso di
ritardo nel pagamento sarà dovuto un interesse di mora
in ragione del 12% annuo modificabile di anno in anno
dall’assemblea”. In ogni caso, ad avviso del ricorrente
Consorzio, il tasso di mora non potrebbe essere individuato nell’interesse legale, restando al più operante la
regola originaria secondo la quale l’interesse è fissato
nella misura del 12%.
2.1. – Il motivo è inammissibile, perché pone una
questione (i poteri dell’assemblea in relazione alla
previsione dell’originario regolamento consortile, avente natura contrattuale; la reviviscenza dell’originaria
pattuizione in caso di nullità della determinazione as-

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cisivo costituito dall’espresso conferimento

sembleare) che dal testo della sentenza impugnata non
risulta essere stata affrontata nel corso del giudizio
di merito e che il ricorrente Consorzio non indica quando e come sia stata prospettata nelle pregresse fasi

3. – Con il quinto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1284, 1382, 1136, 1138 cod. civ.,
70 disp. att. cod. civ., della legge 7 marzo 1996, n.
108, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.;
omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, n.
5, cod. proc. civ.) si sostiene che i criteri fissati
dalla legge n. 108 del 1996 per la determinazione del
carattere usurario degli interessi non troverebbero applicazione nel caso di specie: sia perché i criteri stabiliti dalla legge sopracitata non potrebbero valere per
le pattuizioni anteriori all’entrata in vigore della
stessa legge; sia perché quanto stabilito dalla legge n.
108 del 1996 non varrebbe per obbligazioni che non traggono origine da un rapporto in cui non è identificabile
una causa di finanziamento.
3.1. – La censura è inammissibile, per difetto di
interesse, perché investe una ratio decidendi concorrente.

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processuali.

Trova applicazione, a tale riguardo, il principio
secondo cui quando una decisione di merito, impugnata in
sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome
rationes decidendi

ognuna delle quali sufficiente, da

zione della stessa è indispensabile che tali censure risultino tutte fondate. Ne consegue che, rigettato il motivo che investe una delle riferite argomentazioni a sostegno della sentenza Impugnata, è inammissibile, per
difetto di interesse, il restante motivo, atteso che anche se quest’ultimo dovesse risultare fondato, non per
questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla
base della ratio ritenuta corretta (Cass., Sez. III, 24
maggio 2006, n. 12372).
4. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come
da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal
controricorrente, che liquida in complessivi euro 2.300,
di cui euro 2.100 per compensi, oltre ad accessori di
legge.

sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassa-

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione,

il 5 marzo 2013.

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