Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10196 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. I, 28/05/2020, (ud. 04/11/2019, dep. 28/05/2020), n.10196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 35271/18 proposto da:

-) D.N., elettivamente domiciliato a Roma, v. del Casale

Strozzi n. 31, rappresentato e difeso dall’avvocato Laura Barberio

in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma 28.9.2018 n. 6001;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4

novembre 2019 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.N., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse (secondo quanto riferito nel ricorso: ma, come si dirà, la Corte d’appello ha reputato nuove tali allegazioni) di avere lasciato il Gambia per timore di essere rapito e torturato dalla polizia speciale, che aveva già rapito e fatto sparire suo padre, funzionario governativo, ed altri suoi familiari.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento D.N. propose ricorso dinanzi al Tribunale di Roma ai sensi del D.Lgs. n. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 che lo rigettò con ordinanza 9.12.2015.

Il soccombente propose appello.

La Corte d’appello di Roma con sentenza 28.9.2018 lo rigettò, ritenendo che:

-) la storia narrata dal richiedente asilo era lacunosa e non credibile;

-) i fatti dedotti in grado di appello, e sui quali l’appellante lamentava il mancato esercizio dei poteri officiosi istruttori da parte del Tribunale, erano nuovi;

-) in ogni caso non vi era prova di alcuna persecuzione, nè in Gambia esisteva un conflitto armato generalizzato;

-) la protezione umanitaria non poteva essere accordata perchè il richiedente, arrestato tre volte per spaccio di droga, condannato a quattro mesi, espulso e resosi irreperibile, non solo non poteva dirsi persona “vulnerabile”, ma aveva dimostrato per facta concludentia di non essersi mai integrato in Italia.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da D.N. con ricorso fondato su quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Il primo motivo contiene una pluralità di censure giustapposte, così riassumibili:

a) la Corte d’appello non ha motivato il diniego di audizione dell’interessato in grado di appello;

b) la Corte d’appello ha ritenuto “vaga” la narrazione dei fatti compiuta dal richiedente asilo, ma proprio tale vaghezza avrebbe dovuto imporre l’audizione dell’interessato;

c) la Corte d’appello ha tratto la notizia dei pregiudizi penali a carico del richiedente asilo da una informazione fatta pervenire dalla questura di Roma ed irritualmente acquisita;

d) la Corte d’appello ha violato il dovere di cooperazione istruttoria.

1.2. Tutte le censure sopra riassunte sono manifestamente inammissibili per difetto di rilevanza.

Infatti, avendo la Corte d’appello ritenuto “del tutto priva di logica” la narrazione dei fatti compiuta dal richiedente asilo, e quindi inattendibile quest’ultimo, essa non aveva alcun obbligo di approfondimento istruttorio ufficioso, come già ripetutamente affermato da questa Corte (Sez. 1 -, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 02; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16925 del 27/06/2018, Rv. 649697 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16925 del 27/06/2018, Rv. 649697 – 01).

Per quanto attiene, poi, alla mancata audizione del richiedente asilo, questa Corte ha già ripetutamente affermato che la Corte d’appello non aveva l’obbligo di interrogare l’interessato, ma solo la facoltà di farlo;

e che l’eventuale cattivo esercizio di tale facoltà da parte del giudice d’appello non potrebbe essere sindacato in questa sede, riguardando un atto rimesso alla discrezionalità del giudice di merito (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 3003 del 07/02/2018, Rv. 647297 – 01). In ogni caso, qualsiasi eventuale nullità processuale verificatasi nel corso del giudizio d’appello, per potere condurre alla cassazione della sentenza impugnata, deve aver prodotto un vulnus alle ragioni della difesa di chi la invoca, pregiudizio che nel caso di specie non viene neanche prospettato.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2 gennaio Col secondo motivo il ricorrente censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto che in (OMISSIS) non esistano situazioni di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.

2.2. Il motivo è manifestamente inammissibile perchè investe un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito.

Aggiungasi che la Corte d’appello ha ampiamente citato attendibili ed aggiornate Country of Origin Information (COI), con ciò adempiendo agli oneri ad esso imposti dalla legge; mentre esula ovviamente dal perimetro del giudizio di legittimità lo stabilire se ve ne fossero di migliori.

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5.

Sostiene che erroneamente la Corte d’appello ha rigettato la domanda di protezione umanitaria.

Deduce che la protezione umanitaria doveva essere accordata in considerazione “del grave pericolo di vita e sicurezza per il ricorrente, derivante dalla situazione di violenza e di violazione di diritti umani esistente nel suo Paese”.

3.2. Il motivo è inammissibile, perchè censura un tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito.

In secondo luogo, il motivo sarebbe comunque infondato, perchè una volta stabilito dalla Corte d’appello, in punto di fatto, che in (OMISSIS) il ricorrente non sarebbe stato esposto ad alcun pericolo per la propria vita o per la propria sicurezza personale, viene meno il presupposto (l’unico) invocato dal ricorrente a sostegno della domanda di riconoscimento della protezione umanitaria.

4. Il quarto motivo di ricorso.

4 gennaio Col quarto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 16 nonchè dell’art. 24 Cost..

Il motivo investe la decisione (non contenuta nella sentenza impugnata, ma in un separato decreto) con cui la corte d’appello ha respinto la domanda dell’odierno ricorrente di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

4.2. Il motivo è manifestamente inammissibile, in quanto proposto contro la statuizione contenuta non nella sentenza impugnata, ma in un diverso provvedimento, da impugnare con le forme e nei termini per esso previsti.

5. Le spese.

Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

Il rigetto del ricorso comporta l’obbligo del pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), se dovuto.

PQM

(-) rigetta il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di D.N. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile della Corte di cassazione, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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