Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10196 del 24/04/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 24/04/2017, (ud. 16/02/2017, dep.24/04/2017),  n. 10196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17238-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

F.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 901/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 28/06/2010 R.G.N. 429/2009.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE con sentenza resa pubblica il 28-6-2010 la Corte d’Appello di L’Aquila in riforma della pronuncia di prime cure, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto intercorso fra la s.p.a. Poste Italiane e F.S., relativo al periodo 5 luglio – 30 settembre 2003 e stipulato per “ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale inquadrato nell’area operativa ed addetto al servizio di recapito-smistamento e trasporto presso la Regione Centro, assente con diritto alla conservazione del posto”; dichiarava la sussistenza inter partes di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato decorrente dal 5/7/2003 e condannava la Società alla riammissione in servizio della lavoratrice e al pagamento, a titolo risarcitorio, dell’ammontare delle retribuzioni maturate dalla messa in mora fino alla riammissione in servizio, detratto l’aliunde perceptum;

la Corte di merito riteneva la formulazione del contratto a termine non rispondente ai canoni sanciti dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, in quanto carente della prova della esistenza di un preciso nesso causale fra assunzione e mansioni, con riferimento a quel particolare ufficio o filiale ove il lavoratore risultava destinato e con riferimento alle mansioni in concreto a lui assegnate;

avverso la suddetta sentenza, la spa Poste Italiane proponeva ricorso per cassazione fondato su quattro motivi illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c. e la parte intimata non svolgeva attività difensiva;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE con il primo motivo, sotto i profili della violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, e della nullità del procedimento, la ricorrente lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto generiche le ragioni indicate nel contratto individuale, e rileva di contro, che la clausola del termine apposta al contratto per cui è causa non era affatto generica, avendo Poste Italiane indicato in maniera specifica le ragioni sostitutive, con altrettanto puntuale indicazione delle mansioni assegnate al lavoratore, nonchè del luogo/ufficio di applicazione della ricorrente;

– che tale motivo risulta fondato in base all’indirizzo dettato da questa Corte nella materia de qua, secondo cui nelle situazioni aziendali complesse – in cui la sostituzione non sia riferita ad una singola persona ma ad una funzione produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta;

– l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (indicazione del personale da sostituire, le mansioni da esso svolte, la delimitazione temporale delle assenze) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità (ex plurimis: Cass. 26/1/2010 n. 1576, Cass. 4/6/2012 n. 8966, Cass. 25/1/2016 n. 1246 e da ultimo, in motivazione, Cass. 13/6/2016, n. 12105, Cass. 23/6/2016 n. 13055);

– nella specie la Corte di merito non ha applicato correttamente i suddetti parametri di valutazione non risultando sia stata svolta una congrua considerazione degli elementi considerati come significativi dalla giurisprudenza sopra richiamata/ritenendosi necessario indicare l’effettività della assunzione a termine in correlazione con il particolare ufficio cui la lavoratrice era destinata;

– restano logicamente assorbiti il secondo motivo (violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, in relazione alla direttiva comunitaria 99/70 CE ed all’accordo quadro concluso dall’UNICE, dal CEP e dal CES non avendo la normativa nazionale determinato alcun arretramento delle tutele dei lavoratori a termine), il terzo (omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia nonchè violazione e falsa applicazione degli art. 12 disp. prel. c.c., art. 1419 c.c., D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, art. 115 c.p.c., con riferimento alla statuizione di conversione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato), il quarto (contrasto con le disposizioni di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32), tutti successivi in ordine logico;

– la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e gli atti vanno rinviati alla Corte d’appello designata in dispositivo la quale si atterrà nella decisione al principio di diritto sopra esposto, statuendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2017

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