Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10195 del 30/04/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10195 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 5849-2007 proposto da:
MARAZZI

TECLA

MRZTCL40S46D142P,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BANCO DI S. SPIRITO 48,
presso lo studio dell’avvocato BARDANZELLU GIOVANNI,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MARTELLI MASSIMO;
– ricorrente contro

SAN PIETRO LUIGI, SAN PIETRO ANGELA-, SAN PIETRO MARIA
ROSA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA L.
ANDRONICO 24, presso lo studio dell’avvocato ROMAGNOLI

Data pubblicazione: 30/04/2013

ILARIA, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MORETTI GIUSEPPE;
CONDOMINIO IL PLATANO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CICERONE 28, presso lo studio dell’avvocato
MANZO TOMMASO, che lo rappresenta e difende unitamente

– controricorrenti

avverso la sentenza n. 42/2006 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 12/01/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/02/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocato BERTI Silvano, con delega depositata
in udienza dell’Avvocato PALMIERI Mario, difensore del
Condominio che si riporta agli atti;
udito l’Avvocato ROMAGNOLI Ettore,

con delega

depositata in udienza dell’Avvocato ROMAGNOLI Ilaria,
che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

all’avvocato PALMIERI MARIO;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 20/1/1992 Alberto, Maria Rosa e
Angela San Pietro convenivano in giudizio Tecla Marazzi
e ne chiedevano la condanna al risarcimento dei danni
subiti ai propri immobili a causa di infiltrazioni di

della convenuta e tenuti in cattivo stato; chiedevano
inoltre la condanna della convenuta ad eseguire nella
sua proprietà tutte le opere necessarie ad evitare
future infiltrazioni.
La Marazzi

contestava gli

assunti avversari

e,

debitamente autorizzata, chiamava in causa il
Condominio Il Platano quale litisconsorte necessario.
Il Condominio negava che le infiltrazioni fossero
addebitabili alla cattiva manutenzione del lastrico
solare, facendo peraltro presente di avere già
risarcito i San Pietro.
All’esito di CTU il Tribunale di Crema con sentenza del
9/11/2005 condannava il solo Condominio, ritenuto
proprietario di tutti i manufatti i cui difetti avevano
cagionato i danni, ad eseguire tutte le opere che il
CTU aveva ritenuto necessarie ad evitare il ripetersi
degli eventi dannosi; non accoglieva la domanda per il
risarcimento del danno patrimoniale perché i danni

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acqua provenienti dai balconi soprastanti di proprietà

anteriori al 1990 erano già stati risarciti e per
quelli successivi riteneva non raggiunta la prova.
La sentenza era appellata dal Condominio e, con appello
incidentale, anche da Alberto, Maria Rosa e Angela San
Pietro.

in data 12/1/2006, riformando parzialmente la sentenza
di primo grado, condannava in solido il Condominio e
Tecla Marazzi ad eseguire le opere indicate nel
dispositivo della sentenza appellata e li condannava in
solido al risarcimento dei danni subiti dagli attori,
liquidati in euro 6.930,78, oltre interessi, nonché al
pagamento delle spese dei due gradi.
Tecla Marazzi ha proposto ricorso affidato a quattro
motivi.
Resistono con controricorso i San Pietro e il
Condominio.
Motivi della decisione
1. L’esame del secondo motivo di ricorso è logicamente
preliminare rispetto all’esame del primo e del terzo
motivo di ricorso perché se fosse esclusa la proprietà
esclusiva della Marazzi del lastrico, delle terrazze e
dei balconiàe.-I—1–a-e-t–r–i-ee–àe.-L.Le

—e—eìe–i–ì5-er-l-re-rri

verrebbe meno Al presupposto della condanna della

4

La Corte di appello di Brescia, con sentenza depositata

Marazzi al risarcimento dei danni che la Corte di
Appello ha ravvisato nella responsabilità per custodia
ex art. 2051 c.c. (v. pag. 14 della sentenza).
Infatti,
ricorrente

con il secondo motivo di ricorso,
deduce

il

vizio

di

insufficiente

la
e

alla ritenuta (dalla Corte di Appello) proprietà del
lastrico solare che, a detta della ricorrente, avrebbe
dovuto essere riconosciuto di proprietà condominiale.
2. Il motivo è infondato.
La Corte di Appello ha ampiamente spiegato (v. pagg. da
12 a 14 della sentenza) le ragioni per le quali il
lastrico doveva ritenersi di proprietà esclusiva della
Marazzi ritenendo decisivi:
/

i due atti di vendita dall’originario unico

proprietario al dante causa della Marazzi nei quali tra
le coerenze degli appartamenti poi pervenuti alla
Marazzi non sono indicati i lastrici;
– la planimetria richiamata negli atti di vendita nella
quale non figurano, tra le parti condominiali, né i
lastrici, né i balconi;
– il regolamento condominiale nel quale il lastrico non
è incluso nelle parti comuni e nel quale i balconi sono

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contraddittoria motivazione proprio con riferimento

indicati di proprietà esclusiva dell’appartamento al
quale accedono.
La Corte di merito ha poi ritenuto che questi elementi,
unitariamente considerati, fossero idonei a superare la
presunzione di condominialità di cui all’art. 1117 c.c.

motivazione, ma la valutazione dei singoli elementi
probatori con argomenti generici e tipicamente
valutativi che, pertanto, non possono trovare ingresso
in questa sede di legittimità, neppure sotto il profilo
del vizio motivazionale.
3. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce
il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione
quanto

all’individuazione

della

causa

delle

infiltrazioni di acqua; secondo la ricorrente la causa
avrebbe dovuto essere ravvisata, in via esclusiva,
nell’insufficienza del sistema condominiale di scarico
delle acque piovane che vengono convogliate sul
lastrico solare e, da questo,

in alcuni pozzetti di

raccolta collegati ad altrettante tubazioni il cui
piccolo diametro insufficiente per lo smaltimento.
4. Con il terzo motivo la ricorrente deduce il vizio di
insufficiente

e

contraddittoria

motivazione

con

riferimento alla causa dei danni, che addebita in via

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La ricorrente contesta, in definitiva, non già la

esclusiva alle lacune costruttive del’impinato di
deflusso delle acque realizzato dal condominio; invoca
l’esclusione della responsabilità da custodia per fatto
del condominio che non aveva dato esecuzione a lavori
già deliberati e di sua competenza; la ricorrente

superficiali che sono di proprietà condominiale.

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5. Il s-5g8Mtn e il terzo motivo di ricorso devono
essere esaminati congiuntamente in quanto censurano
sotto diversi profili la motivazione della sentenza:
sia (primo motivo) quanto alla causa delle
infiltrazioni, da ravvisarsi, secondo quanto accertato
dal consulente tecnico di ufficio, nell’insufficienza
del diametro delle tubazioni condominiali,
insufficiente per lo smaltimento delle acque piovane
che ivi vengono convogliate da un tetto
condominiale(pag. 10 della CTU);
sia

(terzo

quanto

motivo)

alla

esclusiva

responsabilità del condominio per non avere spostato la
canalizzazione delle acque che provenivano dal tetto
condominiale che si spargevano sul lastrico solare, pur
avendo preso consapevolezza della problematica
nell’assemblea

condominiale

del

17/10/1989;

tale

esclusiva responsabilità avrebbe integrato il fatto del

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aggiunge che l’acqua si infiltra dagli strati non

terzo idoneo ad escludere la responsabilità del
proprietario del lastrico ai sensi dell’art. 2051 c.c.
5. La complessa censura di vizio di motivazione
fondata.
Preliminarmente, quanto ai criteri di responsabilità

solare, occorre richiamare i principi elaborati dalla
giurisprudenza di questa Corte:
il lastrico solare, anche se attribuito in uso
esclusivo o di proprietà esclusiva di uno dei
condomini, svolge funzione di copertura del fabbricato
e, perciò, l’obbligo di provvedere alla sua riparazione
o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto
imputabile soltanto al condomino che ne abbia la
proprietà esclusiva, grava su tutti i condomini (con
ripartizione delle spese ex art. 1126 c.c.) e quindi
il condominio, quale custode ex art. 2051 cod. civ.
risponde dei danni che siano derivati al singolo
condomino o a terzi per difetto di manutenzione del
lastrico solare (Cass. 21/2/2006 n. 3676; Cass.
13/3/2007 n.

5848; Cass. 22/3/2012 n. 4596);

– la disposizione dell’art. 1126 c.c. che regola la
ripartizione fra i condomini delle spese di riparazione
del lastrico solare di uso esclusivo di uno di essi, si

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derivanti dagli obblighi di custodia del lastrico

riferisce alle riparazioni dovute a vetustà e non a
quelle riconducibili a difetti originari di
progettazione o di esecuzione dell’opera, indebitamente
tollerati dal singolo proprietario; in tale ipotesi,
ove trattasi di difetti suscettibili di recare danno a

mancata eliminazione delle cause del danno che al
risarcimento, fa carico in via esclusiva al
proprietario del lastrico solare, ex art. 2051 c.c., e
non anche sia pure in via concorrenziale al
condominio (Cass. 15/4/2010 n. 9084).
La

Corte

di

merito,

facendo

discendere

la

responsabilità della proprietaria del lastrico solare
solo dall’accertamento della proprietà del lastrico (v.
pag. 12) e dalla conseguente responsabilità per
custodia ex art. 2051 c.c. (v. pag. 14) e facendo un
apodittico riferimento alla “cattiva
impermeabilizzazione del lastrico” (pag. 16 della
sentenza), non ha per nulla motivato sulle ragioni per
le quali, pur essendo ravvisata dal CTU la causa delle
infiltrazioni in una inadeguatezza delle canalizzazioni
condominiali per lo smaltimento delle acque piovane,
potesse ravvisarsi una concorrente responsabilità della
proprietaria del lastrico solare sia sotto il profilo

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terzi, la responsabilità relativa, sia in ordine alla

dell’esistenza

di

suoi

obblighi

quanto

alla

impermeabilizzazione del lastrico, sia con riferimento
all’incidenza causale di eventuali carenze di
impermeabilizzazione ad essa imputabili nel verificarsi
dei danni accertati.

esposto, devono essere accolti.
6.

Con il quarto motivo la ricorrente deduce la

violazione art. 345 c.p.c. in quanto la Corte di
appello non avrebbe considerato la suddetta norma
processuale,

nella

formulazione

vigente

ratione

temporis che imponeva al giudice di valutare, al fine
della compensazione delle spese o della condanna alle
spese della parte non soccombente, il comportamento
della parte che, pur potendo produrre tempestivamente
documenti

decisivi,

aveva

ritenuto di

produrli,

tardivamente, nel giudizio di secondo grado.
6.1 Il motivo resta assorbito dalla cassazione della
sentenza impugnata.
7.

In conclusione, a seguito dell’accoglimento per

quanto di ragione del secondo e del terzo motivo,
l’impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio,
anche per le spese, ad altra sezione della Corte di
Appello di Brescia.

I due motivi, nei limiti di quanto in precedenza

P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie
il secondo e il terzo motivo, assorbito il quarto,
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le
spese, ad altra sezione della Corte di Appello di

Così deciso in Roma il 19/2/2013.

Brescia.

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