Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10195 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. I, 28/05/2020, (ud. 04/11/2019, dep. 28/05/2020), n.10195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 35207/18 proposto da:

-) A.K., elettivamente domiciliato a Napoli, v. G. Porzio

Centro Direzionale, isolato G1, rappresentato e difeso,

dall’avvocato Clementina Di Rosa in virtù di procura speciale

apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno 12.6.2018 n.

842;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4

novembre 2019 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.K., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 19;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di essere stato costretto a fuggire dal (OMISSIS) per sfuggire alle minacce dei propri familiari, contrari alla sua conversione dall'(OMISSIS) al (OMISSIS).

3. la Commissione territoriale rigetto l’istanza.

Avverso tale provvedimento A.K. propose ricorso dinanzi al Tribunale di Salerno ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, che lo rigettò con ordinanza 28.11.2016.

Il soccombente propose appello.

La Corte di appello di Salerno con sentenza 12.6.2018 lo rigettò ritenendo che non sussistessero fondati motivi di ritenere che il ricorrente, se fosse tornato nel (OMISSIS), sarebbe stato esposto al rischio di subire un grave danno, nè a minacce di morte o di persecuzione; aggiunse che “non risulta(va)no addotte ragioni” idonee a giustificare la concessione della protezione umanitaria.

3. La sentenza è stata impugnata per cassazione da A.K. con ricorso fondato su tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta (evidentemente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3) che la Corte d’appello avrebbe violato il D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,6,7, 8 e 14 nell’escludere i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria.

Deduce che, “come ampiamente narrato”, egli aveva subito violenze e minacce dalla famiglia a causa della sua conversione, e che tale circostanza era di per sè sufficiente per la concessione dell’invocata protezione.

1.2. Il motivo è manifestamente inammissibile.

Esso infatti, al netto delle citazioni giurisprudenziali, è meramente assertivo: il ricorrente contrappone infatti la propria valutazione (secondo cui, se tornasse in (OMISSIS), sarebbe esposto a trattamenti inumani e degradanti) a quella della Corte d’appello (secondo cui, se tornasse in (OMISSIS), non sarebbe esposto a pericoli).

Aggiungasi che le dichiarazioni trascritte a p. 7 del ricorso, rese dal ricorrente dinanzi alla commissione territoriale, non riferiscono affatto di minacce di morte.

In sostanza quel che il ricorrente ha riferito è un contrasto familiare, come tale inidoneo a giustificare la concessione del rifugio o della protezione sussidiaria, e come tale è stato correttamente valutato dalla Corte d’appello.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo il ricorrente, lamentando la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha rigettato la sua domanda di protezione umanitaria.

Sostiene che erroneamente la Corte d’appello ha escluso i presupposti di tale forma di protezione, perchè “risulta evidente” che se il ricorrente tornasse in (OMISSIS):

a) sarebbe “esposto al pericolo di essere coinvolto nelle violenze descritte in premessa”;

b) perderebbe il posto di lavoro che ha trovato in Italia.

2.2. Il motivo è manifestamente inammissibile. Esso, infatti, non contiene alcuna censura di legittimità, ma contrappone la propria valutazione di “vulnerabilità” a quella adottata dalla Corte. Doglianza ovviamente non prospettabile in questa sede, in quanto avente ad oggetto un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito. In ogni caso:

-) la deduzione sub (a) è infondata, perchè la Corte d’appello ha escluso – con valutazione di fatto non censurabile in questa sede – la sussistenza del pericolo paventato dal ricorrente;

-) la deduzione sub (b) è irrilevante, perchè la perdita del posto di lavoro, per una persona sana e abile al lavoro, non costituisce di per sè una condizione di “vulnerabilità”.

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo il ricorrente lamenta il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, oltre che di contraddittorietà e illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Deduce che la Corte d’appello, in violazione, del dovere di cooperazione istruttoria, non ha tenuto conto della realtà socioeconomica effettiva del (OMISSIS), e del rischio che essa presenta.

3.2. Nella parte in cui lamenta l’omesso esame d’un fatto decisivo, il motivo è inammissibile. Infatti, essendovi stata nei due gradi di merito una doppia decisione conforme, non può essere dedotto in sede di legittimità il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, giusta la previsione di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5.

Tale norma è applicabile ratione temporis al presente ricorso, essendo stato proposto l’atto d’appello dopo l’11.9.2012, data di entrata in vigore del suddetto art. 348 ter c.p.c. (Sez. 5 -, Ordinanza n. 11439 del 11/05/2018, Rv. 648075 – 01).

3.3. Nella parte cui censura la mancata attivazione, da parte della Corte d’appello, dei poteri istruttori officiosi, il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha infatti tenuto conto della realtà del (OMISSIS), citando il report annuale di Amnesty International (p. 8), ed escludendo sulla base di tale fonte – ovviamente autorevole ed aggiornata – che ivi esistessero rischi “individualizzati” per l’odierno ricorrente.

4. Le spese.

Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 decreto sopra ricordato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826 – 01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

P.Q.M.

(-) dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile della Corte di cassazione, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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