Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10194 del 16/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/04/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 16/04/2021), n.10194

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Anna Maria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35036-2019 proposto da:

R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIOVANNI GRATTACASO;

– ricorrente –

contro

D.L.A., R.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 525/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 15/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott.

GIANNACCARI ROSSANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1. Con atto di citazione notificato il 09.12.2005, D.L.A., in proprio e quale legale rappresentante dei due figli minori R.G. e R.C., conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Salerno, R.A. e R.M., per sentir dichiarare la simulazione ex art. 1414 c.c. ovvero la revocazione dell’atto del 04.03.2004, avente ad oggetto la vendita della piena proprietà di un locale, della nuda proprietà con riserva di usufrutto in favore di R.A. di un appartamento e della piena proprietà di altro appartamento, all’uopo assumendo che il R., con l’alienazione alla sorella dei predetti immobili, aveva privato essa attrice, sua moglie separata, ed i due figli minori, della garanzia del credito derivante dal provvedimento con il quale il Presidente del Tribunale di Salerno, nel giudizio di separazione dei coniugi, aveva ad essi attribuito il diritto ad un assegno di mantenimento di complessivi Euro 800,00 mensili.

1.2. Contumace R.M., si costituiva in giudizio R.A., che chiedeva il rigetto della domanda, eccependo di essersi trovato in condizioni di gravi difficoltà economiche per far fronte alle quali aveva dovuto alienare gli immobili alla sorella, senza con ciò voler ridurre la propria garanzia patrimoniale a danno della sua famiglia, come testimoniato dal fatto che la riserva di usufrutto sulla casa coniugale era stata disposta proprio al fine di assicurare l’abitazione ai figli.

1.3. Espletato l’interrogatorio formale del R.A., il Tribunale di Salerno, con sentenza depositata il 27.05.2014, rigettava la domanda di simulazione ed accoglieva quella di revocatoria, per l’effetto dichiarando ex art. 2901 c.c. l’inefficacia nei confronti di D.L.A., in proprio e quale legale rappresentante dei figli minori, dell’atto di vendita del 04.03.2004.

2. Con atto di citazione notificato il 28.07.2014, R.M. impugnava la predetta sentenza, eccependo l’inesistenza dei presupposti necessari all’accoglimento della domanda di revocazione. In particolare, osservava parte appellante come la decisione del R.A. di alienare i suddetti immobili fosse stata unicamente dettata dall’esigenza di far fronte a debiti ingenti precedentemente contratti nei confronti di più creditori, senza, con ciò, voler ridurre la propria garanzia patrimoniale a danno della sua famiglia. Ciò posto, parte appellante censurava, altresì, lo stesso accertamento giudiziale del requisito, necessario ai fini del perfezionamento di una fattispecie legittimante l’esperimento di un’azione revocatoria, della sua partecipatio fraudis, la cui esistenza era stata dal giudice di prime cure motivata in ragione della sola mancata comparizione all’udienza fissata per l’espletamento dell’interrogatorio formale a lei deferito da parte attrice.

2.1. Con la sentenza quivi impugnata, la Corte di appello di Salerno rigettava il gravame proposto da R.M., rilevando l’esistenza, correttamente accertata dal giudice di prime cure, dei presupposti necessari all’accoglimento della domanda di revocazione. In particolare, osservava la Corte come la giustificazione addotta da parte appellante – adempimento di un debito scaduto – all’atto di disposizione patrimoniale compiuto dal R. fosse stata dalla stessa meramente allegata, trascurando, tuttavia, l’assolvimento del benchè minimo onere probatorio avente ad oggetto l’esatta quantificazione della presunta esposizione debitoria del R., l’intervenuto pagamento, a mezzo del ricavato dalla vendita, di debiti scaduti del venditore e il carattere necessario del negozio traslativo posto in essere, inteso quale unico mezzo per consentire al debitore di procurarsi il denaro necessario al soddisfacimento dei debiti maturati nei confronti del ceto creditorio. Inoltre, con riguardo al requisito della partecipatio fraudis, la Corte osservava come il Tribunale, in ossequio a quanto riconosciuto da un consolidato orientamento giurisprudenziale, ne avesse correttamente accertato l’esistenza in capo alla R.M. sulla base di presunzioni precise e concordanti, rappresentate rispettivamente dalla mancata comparizione di quest’ultima all’udienza fissata per l’espletamento dell’interrogatorio formale a lei deferito e dal rapporto di stretta parentela che legava le parti contraenti – fratello e sorella -.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso per cassazione R.M. sulla base di un motivo.

3.1. Il relatore ha formulato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., proposta di inammissibilità ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, si censura la violazione e falsa applicazione della norma di cui all’art. 2901 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essersi la Corte discostata dal principio, costantemente ribadito dall’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui non è revocabile l’alienazione di un immobile da parte del debitore qualora il relativo prezzo sia stato destinato, anche solo in parte, al pagamento di debiti scaduti. Inoltre, si contesta, altresì, che il giudice d’appello abbia attribuito rilevanza, nel formare liberamente il suo convincimento, sul punto della configurabilità della scientia damni in capo alla convenuta, a presunzioni meramente indiziarie – quale il rapporto di parentela tra le parti – e non già a presunzioni convergenti, gravi, precise e concordanti.

1.2. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.

1.3. La corte di merito, nel confermare l’orientamento precedentemente espresso dal Tribunale di Salerno, non ha affatto negato il principio secondo cui: “L’adempimento di un debito scaduto non è, ai sensi dell’art. 2901 c.c., comma 3, soggetto a revocazione e tale esenzione trova la sua ragione giustificatrice nella natura di atto dovuto della prestazione del debitore, una volta che si siano verificati gli effetti della mora di cui all’art. 1209 c.c. Questa esclusione trova applicazione anche con riferimento all’azione revocatoria esercitata avverso l’alienazione di un bene immobile da parte del debitore qualora il relativo prezzo sia stato destinato, anche in parte, al pagamento di debiti scaduti del venditore-debitore, atteso che, in tale ipotesi, la vendita riveste carattere di strumentalità necessaria nel riguardi del soddisfacimento di debiti scaduti, che è da sola sufficiente ad impedire la revocabilità dell’atto di disposizione, a condizione, però, che venga accertata la sussistenza della necessità di procedere all’alienazione, quale unico mezzo al quale il debitore, privo di altre risorse, poteva far ricorso per procurarsi il denaro, salva restando la revocabilità degli ulteriori atti con i quali il debitore abbia disposte della somma residua” (Cass. 21 luglio 2006, n. 16756; Cass. 13 maggio 2009, n. 11051; Cass. 22 giugno 2009, n. 14557; Cass. 7 giugno 2013, n. 14420; Cass. 19 aprile 2016, n. 7747).

1.4. Al contrario, la sentenza impugnata ha dato debitamente conto di detto principio invocato dalla R.M., ma ha ritenuto che, proprio in applicazione di siffatto corollario, essa non avesse fornito la prova dell’intervenuto pagamento di debiti scaduti del venditore per i quali si fossero verificati gli effetti della mora di cui all’art. 1219 c.c. nonchè della necessità della vendita quale unico mezzo di cui il debitore R.A., privo di risorse, potesse avvalersi per procurarsi il denaro necessario al soddisfacimento di detti debiti. Nel pervenire a siffatta conclusione, quindi, la corte territoriale si è correttamente conformata all’insegnamento di questa Corte, la quale ha ribadito il principio secondo cui “nel caso di azione revocatoria avente ad oggetto la vendita di un immobile, incombe sull’acquirente, il quale ne deduca l’irrevocabilità a norma dell’art. 2901 c.c., comma 3, l’onere di provare che l’alienazione sia stata eseguita per reperire la liquidità occorrente all’adempimento di un debito scaduto” (Cass. civ., sez. I, n. 17766, 08.09.2016).

1.5. Con riguardo, poi, alla doglianza avente ad oggetto l’illegittimo accertamento giudiziale della c.d. scientia damni, si osserva come la corte territoriale si è correttamente attenuta al consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, in forza del quale “La prova della “participatio fraudis” del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore e il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente” (Cass. civ., n. 10928, 09.06.2020; Cass. n. 5359 del 2009, Cass. n. 1286 del 2013).

1.5. Le critiche articolate dalla difesa della ricorrente, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, mirano, in realtà, ad un’inammissibile rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. Un. 34476 del 27/12/2019).

2. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile. Nulla sulle spese.

2.1. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile -2 della Suprema Corte di cassazione, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2021

 

 

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