Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10193 del 28/04/2010

Cassazione civile sez. III, 28/04/2010, (ud. 24/03/2010, dep. 28/04/2010), n.10193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3195-2006 proposto da:

S.R. (OMISSIS), P.L. (OMISSIS),

M.Z. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA PAOLO EMILIO 34, presso lo studio dell’avvocato DE NINNO

MARCELLA, rappresentati e difesi dall’avvocato BOTTONI ROBERTO giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

B.M. (OMISSIS), N.U., R.

M., AXA S.P.A. , SAI S.P.A. (OMISSIS);

– intimati –

sul ricorso 3677-2006 proposto da:

B.M., N.U., R.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FILIPPO CORRIDONI 14, presso

lo studio dell’avvocato DE FELICE ROBERTO EMANUELE, che li

rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrenti –

e contro

S.R., P.L., M.Z., SAI SPA, AXA

ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimati –

sul ricorso 4054-2006 proposto da:

FONDIARIA SAI S.P.A., in persona del legale rappresentante Dott.

C.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.

BISSOLATI 7 6, presso lo studio dell’avvocato SPINELLI GIORDANO

TOMMASO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIORGI LUCIANO giusta

delega in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

e contro

S.R., P.L., M.Z., B.

M., N.U., R.M., AXA S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 350/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

emessa il 13/07/2004, depositata il 09/02/2005 R.G.N. 2414/A/2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/03/2010 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udite l’Avvocato DE FELICE ROBERTO EMANUELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso previa riunione, rigetto dei

ricorsi e compensazione delle spese.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Nella notte del 16.6.1990 N.D. e P.S. morirono a seguito dello scontro frontale fra le autovetture che conducevano.

Il tribunale di Grosseto, decidendo sulle rispettive domande risarcitorie promosse dai congiunti ed eredi di ciascuna vittima, riunite le cause, con sentenza n. 998 del 2000 dichiarò l’esclusiva responsabilità di P.S., adottando le conseguenti statuizioni a favore dei congiunti di N.D..

2.- La decisione è stata riformata dalla corte d’appello di Firenze che, con sentenza n. 350 del 2005, ha dichiarato che l’incidente si era verificato per il concorrente apporto causale di entrambi i conducenti, determinando nel 70% quello del N. e nel 30% quello della P., diminuendo proporzionalmente il risarcimento spettante ai congiunti del N., adottando le conseguenti statuizioni a favore dei congiunti della P. ed effettuando diverse liquidazioni di talune voci di danno.

3.- Avverso la sentenza ricorrono per cassazione S.R., P.L. e M.Z. (congiunti ed eredi della P.), affidandosi ad un unico motivo.

Resistono con controricorso B.M., N.U. e R.M. (congiunti ed eredi del N.), che propongono anche ricorso incidentale basato su due motivi.

Resiste con controricorso anche la Fondiaria Sai s.p.a.

(assicuratrice della vettura condotta dal N.), che a sua volta propone ricorso incidentale fondato su un unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- I ricorsi vanno riuniti, essendo stati proposti avverso la stessa sentenza.

A) Il ricorso principale S./ P./ M. ed il ricorso incidentale B./ N./ R..

2.- I due ricorsi sopra indicati possono essere congiuntamente esaminati, in quanto con entrambi la sentenza è censurata in punto di determinato apporto causale di ciascuna delle due vittime, dolendosi i ricorrenti principali che esso non sia stato determinato in misura paritetica in applicazione dell’art. 2054 c.c. e quelli incidentali, col primo motivo, che la corte d’appello lo abbia comunque ravvisato anche a carico del N. (il secondo motivo del ricorso incidentale, attinente al quantum, sarà esaminato subito appresso).

2.1.- Le censure sono infondate.

L’assunto dei ricorrenti principali – che, cioè, integri violazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, l’avere la corte escluso il paritetico apporto causale dei conducenti benchè i comportamenti di entrambi fossero stati considerati cause efficienti dell’evento – è manifestamente infondato in quanto non è affatto incompatibile con la concausalità che ciascuna causa incida con efficienza diversa al verificarsi dell’evento e che, dunque, ai fini risarcitori, siano percentualmente graduabili i rispettivi apporti determinativi, benchè l’evento non si sarebbe verificato se anche una soltanto di esse fosse mancata.

Per il resto, il motivo di doglianza attiene all’apprezamento dei fatti, insuscettibili di essere rivalutati in questa sede se la motivazione (ma non v’ è neppure censura sul punto) sia del tutto immune da vizi ed addirittura appaia scrupolosamente analitica e coerente nella valutazione di tutti gli elementi acquisiti.

2.2.- Il rilievo vale a ritenere infondato il corrispondente primo motivo del ricorso incidentale in scrutinio, con il quale la sentenza è invece censurata per contraddittorietà ed insufficienza della motivazione. La quale non è affatto insufficiente e che non è qualificabile come contraddittoria per avere la corte ritenuto che, sulla scorta di oggettive risultanze, il fatto ignoto fosse presumibile, volta che anche il fatto presunto è, in esito al processo di inferenza induttiva, ad ogni effetto provato.

Va poi escluso che una motivazione sia fondatamente censurabile per non avere il giudice del merito dato conto delle ragioni precise di tutti i comportamenti e di tutte le reazioni dei protagonisti di uno scontro, essendo invece sufficiente che la ricostruzione del sinistro sia fondata su un impianto argomentativo solidamente coerente, come nella specie esso è.

2.3.- Infondato è anche il secondo motivo di ricorso col quale, deducendosi violazione e falsa applicazione di norme di diritto, è imputato alla corte d’appello di aver ridotto il coefficiente di capitalizzazione tabellare in relazione allo scarto tra vita fisica e vita lavorativa “senza averlo preventivamente attualizzato al fine di renderlo equo e realistico rispetto all’attuale aumento della vita media e della diminuzione dell’interesse legale, elementi posti a base delle tabelle adottate”.

Che, infatti, attualizzazione non vi sia stata costituisce mera prospettazione dei ricorrenti i quali, a fronte dell’affermazione della corte d’appello che “nella specie, considerata l’età del defunto, questo (n.d.e.: lo scarto tra vita fisica e lavorativa) è pari all’8% (0,92)”, non hanno chiarito in ricorso quale sarebbe stato il diverso scarto se attualizzazione vi fosse stata. Non è dunque dato di apprezzare come vero il presupposto di fatto da cui muove la censura, non essendo neppure ipotizzabile – in relazione al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – che costituisca onere della corte di legittimità accertare, per un verso, l’età del defunto (non precisata in ricorso e non evincibile dalla sentenza) e, per altro verso, procedere essa ai calcoli necessari per stabilire quale sarebbe stato il risultato con e senza l’attualizzazione.

B) II ricorso incidentale della Fondiaria Sai s.p.a..

3.- E’ denunciata “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in riferimento all’art. 345 c.p.c., comma 1, e art. 360 c.p.c., n. 5” per avere la corte d’appello riconosciuto gli interessi legali sulle somme rivalutate benchè essi non fossero stati domandati in primo grado e fossero stati inammissibilmente richiesti solo in appello.

La censura (da intendersi come violazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e non viceversa) è manifestamente infondata:

a) in ordine al vizio di motivazione perchè esso è configurabile solo in ordine ad una quaestio facti sostanziale e non in relazione ad un’erronea applicazione di una norma di diritto, sia essa sostanziale o processuale;

b) in ordine alla prospettata violazione di legge poichè nei debiti di valore il riconoscimento di interessi (cosiddetti “compensativi”) costituisce una mera modalità liquidatoria del possibile danno da lucro cessante, cui è consentito al giudice di far ricorso col limite costituito dall’impossibilità di calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data dell’illecito (Cass., sez. un., n. 1712/1995).

Non è dunque necessario che essi siano esplicitamente domandati nè, una volta chiesto dal danneggiato l’integrale risarcimento, che nei debiti di valore presuppone sempre e comunque che la liquidazione sia effettuata in valori monetari attuali, è configurabile una violazione dell’art. 345 c.p.c. per essere stati gli “interessi” esplicitamente domandati solo in appello. Quella domanda è infatti inutile in relazione al petitum iniziale (se questo sia da intendersi come domanda di integrale risarcimento) e non ne costituisce un novum, ma solo un’inutile superfetazione. Spesso, tra l’altro, impropriamente espressa con la tralatizia locuzione “oltre interessi e rivalutazione”, che presuppone una perdurante confusione tra debiti di valuta, cui è applicabile la disciplina dell’art. 1224 c.c., e debiti di valore, nei quali domandare interessi e rivalutazione in non altro senso può intendersi se non in quello di una richiesta di liquidazione in valori monetari attuali e di una domanda di indennizzo del lucro cessante per la ritardata percezione dell’equivalente monetario del danno. Che è appunto la specificazione analitica delle componenti di un risarcimento integrale da illecito civile, se tanto possa ritenersi che l’attore avesse originariamente domandato, come del resto è del tutto ovvio che avvenga, al di là dell’improprietà delle espressioni usate.

5.- I ricorsi vanno conclusivamente respinti, con la compensazione delle spese del giudizio di legittimità in relazione alla reciproca, totale soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE riunisce i ricorsi, li rigetta e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010

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