Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10193 del 16/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/04/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 16/04/2021), n.10193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Anna Maria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24445-2019 proposto da:

S.A., SA.GI., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato GAETANO VALENTI;

– ricorrenti –

contro

SERVIZIO ELETTRICO SPA, in persona del procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ALFIO VECCHIO;

– controricorrente –

e contro

A.G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO ORAZI

E CURAZI, 3, presso lo studio dell’avvocato VITTORIO OLIVIERI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FAUSTO GIANNITTO;

– controricorrente –

e contro

ACOSET SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1021/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 07/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott.

GIANNACCARI ROSSANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione, A.G.S. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Catania, ex Sezione distaccata di Paternò, S.A. e Sa.Gi., oltre all’Enel e alla società Acoset S.p.A., perchè i coniugi S./ Sa. consentissero che sia l’Enel che l’acquedotto Acoset spostassero i contatori di loro proprietà, relativi alle forniture di energia elettrica e di acqua erogate a favore dell’immobile di loro proprietà, dal sito ove erano collocati in altro e diverso luogo in modo da non costituire prospetto sul fondo di proprietà A..

1.1. Nel ripercorrere la genesi del procedimento de quo, parte attrice rilevava come, con atto pubblico del 31.08.1977, A.O. e R.A. avevano acquistato da L.G.S. una sezione di terreno con lo specifico obbligo di destinare a strada tale porzione territoriale, sulla quale il venditore si riservava il corrispondente diritto di accesso. Successivamente, il L.G., con atto di donazione del 18.11.1983, trasferiva ai figli L.G.R. e L.G.A. l’immobile residuale, i quali, a loro volta, vendevano, con atto del 04.05.1993, il complesso ai coniugi S.A. e Sa.Gi.. Con atto di citazione notificato in data 22.09.1998, A.O. chiedeva, quindi, la rimozione dei contatori di acqua ed energia elettrica prospicienti la sua proprietà e, nel procedimento così instaurato, il Tribunale di Catania, sulla base della consulenza tecnica d’ufficio espletata, rigettava la domanda con sentenza del 28.07.2007, non impugnata.

1.2. Successivamente succeduto ad A.O., A.G.S. riproponeva avanti il Tribunale di Catania la domanda oggetto del presente procedimento, che veniva rigettata con sentenza del 03.09.2015.

2. Con atto di citazione in appello, notificato in data 30.09.2016, A.G.S. impugnava dinanzi la Corte d’appello di Catania la predetta sentenza. Nel costituirsi in giudizio, gli appellati eccepivano la circostanza per cui si era in presenza di una precedente sentenza passata in giudicato e che, in ogni caso, gli stessi avevano diritto di accesso all’appendice di strada oggetto di giudizio, destinata da tempo immemorabile a uso pubblico.

1.3. Con la sentenza quivi impugnata, la Corte d’appello di Catania accoglieva il gravame proposto da A.G.S.. In particolare, osservava la Corte come, dalla CTU espletata, emergesse che i contatori fossero incassati nel muro di recinzione della proprietà S.- Sa. e che gli stessi fossero prospicienti ad una piccola corte ovvero spazio di sosta carrabile, di proprietà esclusiva dell’ A.. Tanto premesso, la corte di merito accertava l’insussistenza sul terreno oggetto di giudizio di una servitù a favore dei S.- Sa., non riscontrandosi l’esistenza di un siffatto diritto reale di godimento dal titolo di acquisto S.- Sa. del 04.05.1993. Alla luce del quadro istruttorio così definito, la Corte riteneva che la presenza dei contatori costituisse fonte di pregiudizio alla proprietà A., sia perchè ai fini della lettura e della manutenzione degli stessi sarebbe stato necessario accedere alla corte o spazio di proprietà esclusiva dell’ A., sia perchè, la collocazione degli stessi, avrebbe impedito a quest’ultimo di disporre liberamente della corte o spazio di sosta di sua proprietà.

3. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso per cassazione S.A. e Sa.Gi. sulla base di due motivi.

3.1. Hanno resistito con controricorso la Società Servizio Elettrico Nazionale S.p.A. – già denominata Enel – e A.G.S..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si denuncia la violazione dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., nonchè l’omesso esame di un punto decisivo della controversia, per non avere la corte di merito valutato la sentenza del Tribunale di Catania del 27.08.2007, avente autorità di giudicato, che aveva riconosciuto il diritto dei ricorrenti a esercitare le proprie facoltà dominicali sulla porzione oggetto della controversia.

1. Il motivo è inammissibile.

1.1. Il principio della rilevabilità del giudicato esterno va coordinato con l’onere di specificità del ricorso; pertanto, la parte ricorrente che deduca l’esistenza del giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione (Cass., Sez. II, n. 17310, 19.08.2020; Cass., Sez. II, n. 15737, 23/6/2017; Cass., Sez. L., n. 5508, 08.03.2018).

1.2. Tale orientamento ha rimarcato come i motivi di ricorso per cassazione fondati su giudicato esterno, debbano rispondere ai dettami di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, che del principio di autosufficienza rappresenta il precipitato normativo (cfr. Cass., 18/10/2011 n. 21560, Cass. 13/3/2009 n. 6184; Cass. 30/4/2010 n. 10537); tanto sia sotto il profilo nella riproduzione del testo della sentenza passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto sintetico della stessa (cfr. Cass. 11/02/2015 n. 2617), sia sotto il profilo della specifica indicazione della sede in cui essa sarebbe rinvenibile ed esaminabile in questo giudizio di legittimità (Cass. Civ. t.n. 21560/2011).

1.3. Nella specie, il ricorso è privo di specificità in quanto omette di riportare il contenuto della sentenza n. 3070/2007, di cui si invoca il giudicato e che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente è stata esaminata dalla corte di merito, tanto da farne menzione nel penultimo rigo di pag.3.

1.4. In definitiva, il collegio non è stato messo in condizione di conoscere il contenuto delle statuizioni irrevocabili intervenute fra le parti sì da poter vagliare la corretta interpretazione del giudicato esterno.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per essere la Corte d’appello pervenuta alla decisione di accoglimento del gravame sulla base di una lettura parziale ed errata di tutti gli atti di causa – relazione del consulente tecnico d’ufficio e foto allegate a siffatta relazione – che, se attentamente esaminati, avrebbero portato ad una diversa decisione della sentenza.

2.1. Il motivo è inammissibile in quanto pone in discussione l’accertamento dei fatti come compiuto del giudice di merito sulla base delle prove acquisite, accertamento che è insindacabile in sede di legittimità, non risultando, peraltro, la motivazione della sentenza impugnata nè apparente nè manifestamente illogica (cfr. Cass., Sez. U., n. 8053 del 07.04.2014).

2.2. Com’è noto, compito della Corte di Cassazione non è quello di condividere o meno la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, nè quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Cass., civ., sez. III, n. 3267 del 12/02/2008), dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile, come in effetti è accaduto nel caso in esame.

2.3.La Corte d’appello, dopo aver valutato i documenti raccolti in giudizio, ha indicato le ragioni per le quali ha ritenuto che il terreno oggetto di giudizio fosse di proprietà esclusiva dell’ A. e che su di esso non fosse costituita una servitù, non riscontrandosi l’esistenza di un siffatto diritto reale di godimento dal titolo di acquisto S.- Sa. del 04.05.1993. Alla luce del quadro istruttorio così definito, la Corte ha ritenuto che la presenza dei contatori costituisse fonte di pregiudizio alla proprietà A., sia perchè ai fini della lettura e della manutenzione degli stessi sarebbe stato necessario accedere alla corte o spazio di proprietà esclusiva dell’ A., sia perchè, la collocazione degli stessi, avrebbe impedito a quest’ultimo di disporre liberamente della corte o spazio di sosta di sua proprietà.

2.4. Il ricorso si limita ad un contestazione delle risultanze degli accertamenti di fatto e delle risultanze della CTU e ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, inammissibili in sede di legittimità.

3. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

3.1.Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

4 Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile -2 della Suprema Corte di cassazione, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2021

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