Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10192 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. I, 28/05/2020, (ud. 04/11/2019, dep. 28/05/2020), n.10192

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34070/18 proposto da:

-) D.M., elettivamente domiciliato a Roma, v. dei Pirenei

n. 1, rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro Venturini in

virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova 8.6.2018 n. 934;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4

novembre 2019 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.M., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di essere rimasto più volte vittima di attacchi e intimidazioni da parte dei “ribelli del (OMISSIS)”, e di essere fuggito dal (OMISSIS) per il timore di essere da costoro torturato ed ucciso.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento D.M. propose ricorso dinanzi al Tribunale di Genova ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 che lo rigettò con decreto 8.5.2017.

4. Il soccombente propose appello.

La Corte d’appello di Genova con sentenza 8.6.2018 lo rigettò, affermando che:

-) i presupposti della concessione dello status di rifugiato, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 (e cioè il rischio di persecuzioni per ragioni di razza, religione, opinioni politiche, ecc.) “non erano stati prospettati” dal ricorrente;

-) i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) non sussistevano, in quanto, da un lato, il ricorrente aveva svolto sul punto “difese del tutte generiche”, ed in ogni caso i pericoli da lui paventati non potevano ritenersi nè effettivi, nè gravi;

-) i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria di cui alla all’art. 14, lett. c citato non sussistevano, perchè in (OMISSIS) non vi era alcuna situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) i presupposti della domanda di protezione umanitaria non erano stati dall’appellante “nemmeno indicati”.

5. La sentenza è stata impugnata per cassazione da D.M. con ricorso fondato su quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2 nonchè degli artt. 9 e 10 della Direttiva UE 2011/95.

L’illustrazione del motivo contiene una censura così riassumibile:

-) la convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato stabilisce che la protezione internazionale deve essere accordata a chiunque “tema a ragione di essere perseguitato”;

-) tale principio, recepito dalla Direttiva comunitaria n. 2011/95, deve essere interpretato nel senso che il fatto di “temere a ragione di essere perseguitato” non implica necessariamente che il richiedente asilo debba avere già patito minacce od aggressioni violente;

-) la Corte d’appello avrebbe violato questi principi, per avere affermato che, quando non siano stati precedentemente perpetrati episodi di violenza in danno del richiedente asilo, il timore fondato di subire atti di persecuzione è ininfluente ai fini della concessione della protezione internazionale;

-) in ogni caso tale timore doveva ritenersi concreto e fondato, dal momento che in (OMISSIS) i diritti umani vengono violati quotidianamente, e polizia e sistema giudiziario sono o corrotti, o incapaci di fare rispettare la legge.

1.4. Il motivo è inammissibile, perchè si fonda su una lettura non corretta della sentenza impugnata.

Quest’ultima, infatti, non ha mai affermato quel che il ricorrente pretenderebbe di farle dire, e cioè che colui il quale non abbia già subito minacce e violenze persecutorie, non possa chiedere la concessione dello status di rifugiato.

La Corte d’appello ha affermato invece principi ben diversi.

In primo luogo, ha affermato che lo status di rifugiato politico non potesse essere concesso per difetto di allegazione dei fatti costitutivi della domanda, che non erano stati “nemmeno prospettati” (così la sentenza d’appello, p. 7, p. 2, quarto capoverso).

In secondo luogo, ha affermato che la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. (a) e (b) non potesse essere concessa non perchè, per ottenerla, il ricorrente avrebbe dovuto necessariamente già subire minacce o violenze, ma per la diversa ragione che i timori di subire violenze o minacce da lui prospettati erano fondati su “difese del tutto generiche”, e comunque erano privi dei caratteri di “effettività e gravità” richiesti dall’art. 14 D.Lgs. cit..

Una motivazione, dunque, del tutto conforme a diritto. Infatti il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 4, espressamente prevede che “il fatto che il richiedente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di persecuzioni o danni costituisce un serio indizio della fondatezza del timore del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subire danni gravi”: dal che si desume, e converso, che l’assenza di minacce pregresse od in atto impediva al giudice di ritenere sussistente un grave indizio del pericolo di danno grave alla persona. Sicchè, in assenza di ulteriori indizi ed a fronte della rilevata (e non contestata in questa sede) genericità delle allegazioni attoree, correttamente la Corte d’appello ha rigettato la domanda.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. (c).

Sostiene che la Corte d’appello avrebbe violato tale norma per avere ritenuto ininfluente una situazione di notorio conflitto armato interno di matrice indipendentista tra i separatisti della regione del (OMISSIS) e le forze governative, aggiungendo che la sua città di residenza ((OMISSIS)) si trova nella suddetta regione.

2.2. Il motivo è infondato.

La Corte d’appello, ampiamente citando le fonti internazionali (pagine 7 ed 8 della sentenza), ha rilevato che:

-) il conflitto fra il governo ed i separatisti della parte meridionale del Paese “si era risolto nel 2014, quando il leader dei ribelli separatisti S.S. ha dichiarato un cessate-il-fuoco unilaterale”;

-)”il (OMISSIS) è una delle democrazie più stabili dell’Africa”.

A tale valutazione, squisitamente di fatto, il ricorrente non fa altro che contrapporre la propria personale valutazione: una censura, pertanto, inammissibile nella presente sede, perchè investe un accertamento di merito, per di più adeguatamente motivato.

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (si lamenta, in particolare, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, e 14); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Il motivo è così concepito:

-) dapprima il ricorrente espone i principi di legge secondo cui ha diritto alla protezione sussidiaria chi si trovi fuori del proprio paese e non possa farvi ritorno per timore di danni gravi alla persona, quali la pena di morte o la tortura; nonchè quello secondo cui la condizione del Paese d’origine, legittimamente la domanda di protezione, va valutata al momento della decisione giurisdizionale su quella domanda.

Detto ciò, il motivo si conclude con l’affermazione secondo cui “la Corte (d’appello) non ha nemmeno motivato il perchè non si applicherebbero dette norme al caso di specie” (così il ricorso, p. 11, terzo capoverso).

3.2. Nella parte in cui prospetta la violazione di legge il motivo è inammissibile, in quanto puramente assertivo e privo di una effettiva censura rivolta contro la sentenza impugnata.

Il ricorrente, in definitiva, col motivo in esame si limita a ribadire che “aveva ragione”, ma senza indicare quale errore di diritto avrebbe commesso la Corte d’appello.

Nella parte in cui lamenta la mancanza di motivazione il motivo è ictu oculi infondato, avendo la Corte d’appello chiaramente motivato le ragioni del rigetto della domanda, la mancata prova dell’esistenza d’un danno grave ed effettivo; l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata in (OMISSIS); il deficit assertivo della difesa del ricorrente.

4. Il quarto motivo di ricorso.

4.1. Col quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Nell’illustrazione del motivo il ricorrente, dopo avere dedotto di essersi inserito nel “contesto sociale” italiano, torna a sostenere che, sussistendo in (OMISSIS) un reale ed effettivo rischio per la sua incolumità fisica, la protezione doveva essergli concessa “a prescindere dall’eventuale non credibilità del ricorrente”.

4.2. Il motivo è inammissibile.

Infatti, essendovi stata nei due gradi di merito una doppia decisione conforme, non può essere dedotto in sede di legittimità il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, giusta la previsione di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5.

Tale norma è applicabile ratione temporis al presente ricorso, essendo stato proposto l’atto d’appello dopo l’11.9.2012, data di entrata in vigore del suddetto art. 348 ter c.p.c. (Sez. 5 -, Ordinanza n. 11439 del 11/05/2018, Rv. 648075 – 01).

5. Le spese.

5.1. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 decreto sopra ricordato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826 – 01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile della Corte di cassazione, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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