Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10191 del 09/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 10191 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: ORICCHIO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 21654-2008 proposto da:
GECO SRL 01678590793, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA G P DA PALESTRINA 63, presso lo studio
dell’avvocato PIRRONGELLI LUCIANA, che lo rappresenta
e difende;
– ricorrente contro

2014
711

GASPARRO CATERINA;
– intimata –

Nonché da:
GASPARRO CATERINA gspern60h56h941n, elettivamente

Data pubblicazione: 09/05/2014

domiciliata in ROMA, V.DELLE QUATTRO FONTANE 15,
presso lo studio dell’avvocato CONSOLO ANTONELLA,
rappresentata e difesa dall’avvocato ASSISI ALDO;
– ricorrente incidentale nonchè contro

– intimati –

avverso la sentenza n. 463/2007 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 01/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/03/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO
ORICCHIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto di enrambi i ricorsi.

GECO SRL;

Con atto di citazione notificato in data 4 luglio 1996 la
GE.CO . S.r.l. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale
di Vibo Valentia Gasparro Caterina.
Tanto al fine di sentir pronunziare la risoluzione del
contratto preliminare stipulato inter partes il 20 ottobre
1994 ed avente ad oggetto la compravendita
dell’immobile sito in località Feudotto (fabbricato A —
int. 3) di Vibo Valentia, il tutto per effetto della mancata
risposta all’intimazione ad adempiere ex art. 1454 c.c. o,
in via subordinata, per inadempimento della convenuta
promissaria acquirente, con condanna all’immediata
restituzione dell’immobile stesso ed il risarcimento dei
danni conseguenti all’inadempimento.
Costituitasi in giudizio la Gasparro contestava l’avversa
domanda chiedendone il rigetto e, in via riconvenzionale,
chiedeva che venisse dichiarato che la mancata stipula
era dovuto a fatto riconducibile alla società attrice e che
la somma effettivamente ancora da essa dovuta era pari
a £. 116.800.00 e non a £ 120.000.000.
L’adito Tribunale di Vibo Valentia, con sentenza n. 54
del 25 febbraio 2002, dichiarava risolto il succitato
contratto preliminare per grave inadempimento della
convenuta,
che
veniva
—altresìcondannata
all’immediato rilascio dell’immobile, nonché al
risarcimento dei danni liquidati in via equitativa in €
41.316,55 (da cui andava dedotta la già versata somma di
€ 21.864,61) ed alla refusione delle spese di lite.
Avverso la suddetta sentenza del Tribunale di prime cure
interponeva appello la Gasparro, chiedendone la riforma.
Resisteva la Società appellata.
Con sentenza non definitiva n. 51 del 17 dicembre 2003
la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma
dell’impugnata decisione, rigettava la domanda di
risoluzione per inadempimento e disponeva, con separata
ordinanza, il prosieguo “per ulteriore istruzione della
causa”.

3

CONSIDERATO in FATTO

1. Con il primo motivo del ricorso si denuncia il vizio di

“violazione e falsa applicazione dell’art. 277 e nullità
del procedimento in relazione all’art. 360, 1° comma,
numeri 3 e 4 c.p.c.”.
Vengono, la riguardo, proposti a questa Corte i segeunti
testuali quesiti :
“poteva la Corte di Appello di Catanzaro derogare al
principio di unicità e concentrazione della decisione
previsto dall’art. 277, 1° comma c.p.c., in mancanza dei
presupposti indicati nel 2° comma dello stesso articolo?
La Corte di Appello di Catanzaro, investendosi
arbitrariamente ed illegittimamente del potere di
decisione separata, ha violato e falsamente applicato
l’art. 277 c.p.c.?
La Corte di Appello di Catanzaro, inoltre, ha violato la
norma di attività prevista dall’art. 277 c.p.c., per cui il
procedimento e, conseguentemente, la sentenza sono
nulli?”.
4

Con sentenza n. 463 in data 1° giugno 2007 l’adita Corte
territoriale rigettava, poi, la domanda risarcitoria della
GE.CO . S.r.l. e la domanda riconvenzionale della
Gasparro, compensando integralmente fra le parti le
spese di lite di entrambi i gradi del giudizio, salvo quelle
di CTU poste a definitivo carico della Gasparro.
Avverso tale ultima sentenza n. 463 ricorre la GE.CO .
S.r.l. con atto affidato a quattro ordini di motivi, ciascuno
corredato con la formulazione di quesiti multipli.
Resiste con controricorso la Gasparro, proponendo —
altresì- ricorso incidentale fondato su due motivi.
RITENUTO in DIRITTO

Il motivo è inammissibile.
Le censure esposte a sostegno del formulato motivo
attengono, in sostanza, alla fase del processo poi sfociata
nella citata sentenza non definitiva n. 51/2007 della
Corte di Appello territoriale.
oggetto del presente giudizio.
La Corte di Appello distrettuale ben poteva valutare
l’opportunità di derogare al noto, ma non indefettibilei
principio

dell’unitarietà

della

decisione

con

frazionamento del giudizio che non necessitava del
postulato obbligatorio assenso delle parti in causa.
Il proposto motivo qui in esame è, poi, contrassegnato —
al pari di quelli successivi e per i quali si dirà in seguitoda una pluralità di quesiti che rende in ogni caso
inammissibile il motivo del ricorso.

2.- Con il secondo motivo parte ricorrente censura la
“violazione e falsa applicazione degli artt. 279, II
comma, n° 4 c.p.c. e 354, ultimo comma c.p.c. in
relazione all’art. 360, I° comma n. 3 e nullità del
procedimento ai sensi dell’art. 360, numero 4 c.p.c.”.
Parte ricorrente sottopone al vaglio di questa Corte i
seguenti testuali quesiti formulati ai sensi dell’art. 366
bis c.p.c. :
“Poteva la Corte di Appello di Catanzaro emettere
sentenza parziale e rimettere l’altra parte del giudizio sul
5

Tale ultima decisione non definitiva non costituisce

ruolo, senza impartire alcun provvedimento per
l’ulteriore istruzione della causa, come previsto dall’art.
279, 2° comma, n. 4 c.p.c.?
C’erano, nel giudizio di secondo grado, i presupposti di
diritto per l’applicazione dell’art. 279, 2° comma, n. 4
La Corte di Appello di Catanzaro, rimettendo la causa in
istruttoria, senza emettere provvedimenti istruttori, ha
violato e falsamente applicato l’art. 279, 2° comma, n. 4
c.p.c., nonché violato, in tal modo, una norma
sull’attività processuale, provocando la nullità del
procedimento e della relativa sentenza, ai sensi dell’art.
360, primo comma, n.° 4 c.p.c.?”.
Avrebbe dovuto, il Giudice di secondo grado, prima di
rimettere la causa sul ruolo, dichiarare la nullità degli atti
compiuti in primo grado, ordinandone la rinnovazione, ai
sensi dell’art. 354, ultimo comma c.p.c.?”.
3.-Con il terzo motivo del ricorso si denuncia il vizio di
“violazione degli artt. 2907 c.c., 99 c.p.c., 115 c.p.c. e
345 c.p.c. in relazione all’art. 360, I° comma, n. 3 c.p.c.
nonché nullità del procedimento e della relativa sentenza,
ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4″.
Viene, al riguardo, formulato —come in atti- un duplice
quesito, ancora una volta in relazione alla cennata
vicenda della rimessione sul ruolo della causa da parte
della Corte territoriale.
6

c. p. c.?.

4.- Il secondo ed il terzo motivo del ricorso, innanzi
riportati, possono essere trattati congiuntamente in
ragione dell’oggettiva continuità argomentativa che li
contraddistingue.
I suesposti motivi sono caratterizzati dalla inammissibile
formulazione di quesiti multipli (oltre che ripetitivi).
Giova al riguardo rammentare che, secondo noto e
consolidato principio già affermato da questa Corte”
Tutti i suddetti motivi sono, infatti, caratterizzati dalla
loro errata formulazione (senza la dovuta sintesi logica
ed unitaria) e dalla proposizione di quesiti multipli del
tutto inammissibili.
Al proposito deve richiamarsi quanto già statuito da
questa Corte in tema allorché si è affermato che :
“il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi
dell’art. 366 bis c.p.c., in termini tali da costituire una
sintesi logico-unitaria della questione, con conseguente
inammissibilità del motivo di ricorso tanto se sorretto da
un quesito la cui formulazione sia del tutto inidonea a
chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza
impugnata in relazione alla concreta controversia (Cass.
25 marzo 2009, n. 7197), quanto che sia destinato a
risolversi (Cass. 19 febbraio 2009, n. 4044) nella
generica richiesta (quale quelle di specie) rivolta al
7

Entrambi non possono essere accolti/ per inammissibilità.

Giudice di legittimità di stabilire se sia stata o meno
violata -o disapplicata o erroneamente applicata in
astratto- una norma di legge” ( v., da ultimo : Cass., n.
5633/2014).
Il tutto in ossequio ai principi in tema di valida
Unite di questa Corte con la decisione 2 dicembre 2008,
n. 28536 e poi specificati, quanto alle loro concrete
modalità, da Cass. n. 19892/2009.
In particolare, quanto ai quesiti multipli (come quelli
riformulati

nella

fattispecie)

“deve

ritenersi

inammissibile il quesito formulato in termini tali da
richiedere una previa attività interpretativa della Corte,
come accade nell’ipotesi in cui sia proposto un quesito
multiplo, la cui formulazione imponga alla Corte di
sostituirsi al ricorrente mediante una preventiva opera di
semplificazione” (Cass. 29 gennaio 2008, n. 1906 ; 29
febbraio 2008, n. 5471 e 23 giugno 2008, n. 17064).
Opera, di poi, vanificabile dalla circostanza di dover dare
risposte singole che potrebbero essere fra loro
diversificate proprio al cospetto di quei quesiti multipli
(come quelli in ipotesi) “formulati in modo da rendere
necessaria una molteplicità di risposte” ( Cass. 14 giugno
2011,n. 12950 e31 agosto 2011, n. 178886).
5. Con il quarto motivo parte ricorrente lamenta il vizio

di “violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. in
8

proposizione del quesito già affermati dalle Sezioni

relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 e 4 c.p.c.- Omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi
dell’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c.”.
Il motivo è inammissibile.
Lo stesso denota una carenza di percorso argomentativo
art. 360, n. 5 c.p.c..
In proposito deve richiamarsi la nota giurisprudenza di
questa Corte, secondo la quale “il motivo di ricorso con
cui —ai sensi dell’art. 360, n.5 c.p.c. così come
modificato dall’art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40- si
denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione, deve specificamente indicare il “fatto”
controverso o decisivo in relazione al quale la
motivazione si assume carente, dovendosi intendere per
“fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza,
ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale,
ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo,
impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario
(cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto
principale), purchè controverso e decisivo” (Cass. civ.,
sez. V, 5 febbraio 2011, n. 2805).
Per di più deve rilevarsi che il postulato “vizio di
omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di
legittimità ex art. 360 n. 5 c.p.c., sussiste solo se nel
ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla
9

sul fatto specifico e sul prescritto momento di sintesi ex

sentenza, sia riscontrabile in mancato o deficiente esame
di punti decisivi della controversia, e non può invece
consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in
senso difforme da quello preteso dalla parte perché la
citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il
solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale
e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione
fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta
individuare le fonti del proprio convincimento, e,
all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e
la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie,
quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione”
(Cass. SS.UU. 11 giugno 1998, n. 5802).
Deve, infine, ritenersi che —come nella fattispecie in
esame, “è inammissibile il motivo di ricorso per
cassazione con il quale la sentenza impugnata venga
censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360
n. 5 c.p.c., qualora esso intenda far valere la rispondenza
della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al
diverso convincimento soggettivo della parte e,in
particolare, prospetti un preteso, migliore e più
appagante coordinamento dei fatti acquisiti, atteso che
tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di
discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e
dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero
10

potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma

convincimento del giudice e non ai possibili vizi del
percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai
sensi della disposizione citata.
In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si
risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione
merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di
una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle
finalità del giudizio di cassazione” ( Cass. civ., 26 marzo
2010, n. 7394).
6.- Alla stregua di quanto fin qui esposto e ritenuto il
ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
7.- Con il proposto ricorso incidentale la parte resistente
lamenta, in sostanza, la nullità della sentenza per
violazione degli artt. 1667, 1668 e 1669 c.c., nonché per
“omessa, insufficiente, illogica, erronea e contraddittoria
motivazione”.
Col ricorso in esame si vuole, in sostanza, contestare
valutazione dei vizi della costruzione effettuata dal
Giudice del merito.
Senonchè l’apprezzamento di quest’ultimo Giudice,
nell’ambito dei poteri propri della valutazione ad esso
incombente e svolta con argomentazione logica e
immune da vizi, non è censurabile innanzi a questa
Corte.

11

delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di

Inoltre nell’esposto motivo si contesta promiscuamente e
simultaneamente l’omessa e l’insufficiente motivazione
della decisione incidentalmente gravata.
Com’è noto “la denuncia di omessa motivazione,
formulata congiuntamente con la denunzia di
insanabile contrasto logico, non potendo il primo di tali
vizi coesistere con gli altri, in quanto come desumibile
dalla formulazione alternativa e non congiuntiva delle
ipotesi in questione contemplate nell’art. 360, primo
comma n. 5, c.p.c., una motivazione mancante non può
essere insufficiente o contraddittoria, mentre
l’insufficienza o la contraddittorietà presuppongono che
una motivazione, della quale appunto ci si duole, risulti
comunque formulata” ( Cass. civ., sez.II, 26 gennaio
2004,n. 1317).
Si allega anche il vizio di immotivata compensazione
delle spese, compensazione che —viceversa- risulta
effettuata correttamente dal Giudice del merito ( anche in
considerazione del rigetto della formulata domanda
riconvenzionale).
Il ricorso incidentale deve, quindi, dichiararsi
inammissibile.

8.- Le spese del presente giudizio vanno compensate per
reciprocità della soccombenza.

12

motivazione insufficiente o contraddittoria, è affetta da

P . Q.M.
La Corte
Dichiara inammissibili il ricorso principale e quello
incidentale e compensa le spese.

Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda
Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il 18
marzo 2014.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA