Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10190 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. I, 28/05/2020, (ud. 04/11/2019, dep. 28/05/2020), n.10190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34055/18 proposto da:

-) L.B., elettivamente domiciliato a Roma, rappresentato e

difeso dall’avvocato Alessandro Venturini in virtù di procura

speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova 23.7.2018 n.

1195;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4

novembre 2019 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L.B., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008 n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998 n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di essere stato accusato falsamente di furto; di essere stato condannato a dieci anni di reclusione dopo essere stato processato “dalla polizia”; di essere esposto, nel caso di rientro nel suo Paese, al rischio di taglio della mano destra, pena prevista dalla legge islamica per i rei di furto; di avere in ogni caso diritto alla protezione umanitaria per avere avviato un percorso di integrazione in Italia.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento L.B. propose ricorso dinanzi al Tribunale di Genova ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 che la rigettò con decreto 15.5.2017.

Il soccombente propose appello.

La Corte d’appello di Genova con sentenza 23.7.2018 lo rigettò, affermando che:

-) il ricorrente non era credibile;

-) in ogni caso, secondo il suo stesso racconto non era vittima di alcuna persecuzione per i motivi richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007;

-) nella zona di provenienza del richiedente asilo non erano in atto conflitti armati, nè vi era il rischio di violenza indiscriminata (con ampie citazioni di COI);

-) la protezione umanitaria non spettava perchè:

a) il ricorrente non era credibile;

b) non un generico percorso di integrazione poteva giustificare la protezione umanitaria, ma solo uno stabile radicamento sul territorio con la creazione di saldi legami affettivi, familiari e lavorativi.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da L.B. con ricorso fondato su un motivo.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il motivo unico di ricorso.

1.1. Con l’unico motivo il ricorrente lamenta il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Sostiene che il giudice di merito non avrebbe tenuto conto:

-) del fatto che egli si era stabilmente inserito nel contesto sociale italiano;

-) del fatto che egli, se tornasse in Gambia, si troverebbe in situazione precaria per la sua dignitosa sopravvivenza;

-) del fatto che egli, se tornasse in (OMISSIS), sarebbe “molto probabilmente” arrestato e sottoposto alla tortura.

1.2. Il motivo è inammissibile.

Infatti, essendovi stata nei due gradi di merito una doppia decisione conforme, non può essere dedotto in sede di legittimità il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, giusta la previsione di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5.

Tale norma è applicabile ratione temporis al presente ricorso, essendo stato proposto l’atto d’appello dopo l’11.9.2012, data di entrata in vigore del suddetto art. 348 ter c.p.c. (Sez. 5, Ordinanza n. 11439 del 11/05/2018, Rv. 648075 – 01).

2. Le spese.

3.1. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 del decreto sopra ricordato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826 – 01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

P.Q.M.

(-) dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile della Corte di cassazione, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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