Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10190 del 28/04/2010

Cassazione civile sez. III, 28/04/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 28/04/2010), n.10190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23588-2006 proposto da:

R.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato MONTEFUSCO GIORGIO con delega in

calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

COMUNE di ROCCAMONFINA (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2533/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Prima Sezione Civile, emessa il 10/06/2005, depositata il 05/09/2005;

R.G.N. 466/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2010 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI MAURIZIO che ha concluso per accoglimento per quanto di

ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 10 giugno – 5 settembre 2005 n. 2533 la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere, ha respinto la domanda proposta da R.A. contro il Comune di Roccamonfina per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito dell’aggressione di un cane randagio, lungo una via comunale.

Il Tribunale aveva accolto la domanda, liquidando all’attrice la somma di Euro 33.915,28.

La Corte di appello ha escluso la responsabilità del Comune per omessa adozione di provvedimenti contro il randagismo, rilevando che la R., quasi novantenne, è caduta rompendosi il femore non a causa dell’aggressione del cane, ma solo per il timore di venire aggredita.

La R. propone quattro motivi di ricorso per cassazione.

Il Comune non ha depositato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con i primi tre motivi la ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione nelle parti in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che essa non sia venuta a contatto con l’animale; che il nesso causale fra l’illecito e il danno sia da ritenere interrotto a causa della tarda età della danneggiata, e che l’animale non fosse un cane randagio.

Assume che risulta dalle deposizioni testimoniali che essa è caduta per difendersi dai morsi del cane; che, in mancanza dell’aggressione, non sarebbe caduta e non si sarebbe rotta il femore e che il verbale dei vigili urbani ha accertato che il cane non era di proprietà di alcuno.

4. – Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 2043 cod. civ., della Legge Nazionale n. 281 del 1991, che demanda alle Regioni di emanare proprie leggi per l’istituzione dell’anagrafe canina e per l’adozione di programmi contro il randagismo, nonchè della legge della Regione Campania n. 36/1993, che attribuisce ai Comuni il compito di vigilare, tramite le Asl, sul comportamento degli animali.

Assume quindi che va ascritta al Comune, in solido con la ASL, la responsabilità dell’accaduto, in quanto spetta al Comune provvedere alla vigilanza del territorio ed alla cattura, alla custodia ed al mantenimento dei cani randagi; particolarmente in considerazione del fatto che, nel caso di specie, erano pervenute al Comune di Roccamonfina numerose segnalazioni della cittadinanza, relative alla presenza sul territorio del cane che ha provocato l’incidente ed alle molestie che esso arrecava alla popolazione.

5.- I motivi – che possono essere congiuntamente esaminati – sono fondati nei termini che seguono.

La Corte di appello, escludendo la responsabilità del Comune, è incorsa nella violazione delle norme di legge sul randagismo, che impongono ai Comuni di assumere provvedimenti per evitare che gli animali randagi arrechino disturbo alle persone, nelle vie cittadine;

violazione aggravata dalla circostanza che vi erano state diverse segnalazioni della presenza dell’animale randagio, da parte della cittadinanza.

La Corte ha poi negato la responsabilità del Comune con motivazione intrinsecamente illogica ed antigiuridica, nella parte in cui ha ritenuto che la tarda età della vittima e la piccola taglia del cane valessero a porre a carico della danneggiata l’intera responsabilità dell’incidente. Sussistendo l’illecito, cioè l’indebita presenza sulla strada del cane randagio, la peculiare debolezza e sensibilità della vittima che – in base alla ricostruzione dei fatti che si legge nella sentenza impugnata – si è spaventata ed è caduta, per il timore di essere morsa dall’animale che le abbaiava contro, manifestando intenzioni aggressive, non rende il danno meno grave ed ingiusto.

Anche le persone anziane debbono poter circolare sul territorio pubblico, senza essere esposte a situazioni di pericolo, ed in particolare a quelle che l’ente pubblico è espressamente obbligato a prevenire, quali il randagismo.

Nè l’eventuale debolezza o lo scarso controllo dei propri movimenti da parte della vittima valgono di per sè ad escludere il nesso causale fra l’illecito e il danno, salvo che si dimostri che tali condizioni fossero di tale gravità da potersi considerare sufficienti da sole a produrre l’evento (artt. 40 e 41 cod. pen., su cui cfr. Cass. civ., Sez. 3^, 10 ottobre 2008 n. 25028 e 4 gennaio 2010 n. 4, fra le altre).

La sentenza impugnata non ha preso in alcun modo in esame questo specifico aspetto. Sicchè risultano fondate anche le censure di insufficiente motivazione.

6.- In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, affinchè decida la controversia uniformandosi ai principi sopra enunciati e con congrua e logica motivazione.

P.Q.M.

La Corte di cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, la quale deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010

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