Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10190 del 09/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 10190 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: ORICCHIO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 25571-2008 proposto da:
DONGO

DARIO

dngdra71p03d969v,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA F CORRIDONI 15 SC A 1,
presso lo studio dell’avvocato AGNINO PAOLO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato DONGO
CARLO;
– ricorrente –

2014

non chè contro

710

GAMBOLÒ RENZO;
– intimati –

Nonché da:

Data pubblicazione: 09/05/2014

GAMBOLÒ RENZO, GMBRNZ44B17I048W domiciliato in ROMA
ex lege, in P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di
CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’Avvocato
tALBITES COEN ANTONIO;
– ricorrente incidentale –

DONGO

DARIO

dngdra71p03d969v,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA F CORRIDONI 15 SC A l,
presso lo studio dell’avvocato AGNINO PAOLO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato DONGO
CARLO;
– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 811/2008 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 28/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/03/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO
ORICCHIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per
l’accoglimento del primo e del secondo motivo e per
il rigetto del terzo motivo del ricorso

contro

In esito a ricorso dell’avv. Dario Dongo il Pretore di
Genova ingiungeva a Gambolò Renzo il pagamento
della somma di £. 19.817.984 per prestazioni
professionali rese innanzi alla locale Commissione
Tributaria Regionale.
A seguito di proposta opposizione con richiesta di revoca
del decreto e di istanza di rigetto dell’opposizione
formulata dalla costituita parte opposta, il competente
Tribunale di Genova —con sentenza n. 782/2004,
revocava il D.I. n. 2432 emesso dal Pretore di Genova il
al
25 settembre 1998, condannava il Gambolò
pagamento in favore del Dongo della somma di €
9.144,27, oltre che alla refusione delle spese di lite.
Avverso la detta decisione del Giudice di prime cure
interponeva appello il Gambolò.
Resisteva l’appellato Dongo chiedendo il rigetto del
proposto gravame.
La Corte di Appello di Genova, con sentenza n. 811 del
5/28 giugno 2008 accoglieva l’appello e, rideterminate le
somme spettanti al Dongo in relazione all’attività dedotta
in causa, condannava il Gambolò a corrispondergli “per
il titolo dedotto la somma corrispondente alla differenza
fra gli importi” così come rideterminati “e la somma a
suo tempo corrisposta a titolo di acconto ( euro 850,97
oltre accessori di legge), con gli interessi dalla data di
notifica del decreto monitorio”, condannando l’appellato
a rifondere alla controparte i quattro quinti delle spese
del giudizio e dichiarando interamente compensato il
rimanente quinto.
Avverso la suddetta sentenza della Corte di Appello
territoriale ricorre il Dongo Mario con atto affidato a due

3

CONSIDERATO in FATTO

1.-Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di
“falsa applicazione dell’art. 5 della tariffa giudiziale
civile, D.M. 01/10/1994 n. 585, ai sensi dell’art. 360 n. 3
c. p. c.
Si formula, al riguardo ed ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c,
il seguente testuale quesito ai sensi dell’art. 366 bis
c.p.c.:
” in forza dell’art. 5, tariffa giudiziale civile, D.M.
585/1994, per la liquidazione degli onorari dovuti
all’avvocato dal cliente, il giudice può tenere conto dei
risultati del giudizio e dei vantaggi, anche non
patrimoniali, ma solamente entro i limiti tariffari minimi
e massimi, questi ultimi con le eccezioni stabilite dalla
medesima norma, determinati in base al valore della
causa?”.
2 Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta la
“violazione dell’art.6, tariffa giudiziale civile, D.M.
01/10/1994 n. 585, ai sensi dell’art. 360 , n. 3 c.pc.”.
Si formula al riguardo il seguente testuale quesito di
diritto :
“a norma dell’art. 6, tariffa giudiziale civile, D.M.
585/1994, ai fini dell’individuazione dello scaglione
tariffario per la liquidazione degli onorari dovuti
all’avvocato dal cliente, una volta determinato il valore
della causa secondo le disposizioni ivi contenute, esso
5,

4

ordini di motivi, assistiti dalla formulazione di quesiti ai
sensi dell’art. 366 bis c.p.c..
Resiste con controricorso il Gambolò, che propone
ricorso incidentale, al quale resiste con controricorso il
Dongo.
Ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Gombolò Renzo.
RITENUTO in DIRITTO

5

valore non può essere mutato in relazione ai risultati del
giudizio e ai vantaggi, anche non patrimoniali, conseguiti
dal cliente, essendo tali circostanze irrilevanti per la
determinazione del valore della causa e della
conseguente individuazione dello scaglione tariffario
applicabile?”.
3.- Entrambi i suesposti motivi del ricorso principale,
attesa la loro continuità argomentativa, possono essere
trattati congiuntamente ed accolti.
Nella valutazione che doveva essere fatta dal Giudice del
merito, al fine della corretta individuazione della
liquidazione degli onorari per cui è causa, non poteva
prescindersi da quello che era il valore della causa, così
come previsto dal nostro ordinamento.
Né tale ultimo valore poteva essere modificato in
relazione ai risultati del giudizio.
Il valore della causa, quale sicuro parametro di
riferimento al fine della liquidazione de qua, non poteva
essere differentemente computato con riferimento ad altri
criteri o con l’individuazione e l’applicazione di
differenti scaglioni tariffari.
Ciò posto, deve quindi affermarsi che — nell’ambito
della complessiva operazione di liquidazione del
compenso fondata sui principi innanzi esposti- si poteva
tener conto anche dei citati vantaggi non patrimoniali
ottenuti dall’assistito.
Tuttavia la valutabilità, ricorrendone i presupposti
secondo attenta valutazione del merito, dei detti
vantaggi, sostanziando una deroga discrezionale alla
prevista applicazione della tariffa professionale può
avvenire solo con riferimento alla misura dei minimi
della medesima tariffa.
In generale deve, a tal proposito, richiamarsi la ribadita
giurisprudenza ( a cominciare da Cass, n. 106/1981) di

6

questa Corte, secondo cui —in assenza di un accordo su
compensi in deroga ai minimi di tariffa per l’espletata
prestazione professionale- “il giudice deve liquidare il
compenso spettante al professionista sulla base della
tariffa professionale ed avendo riguardo al valore della
causa, determinato secondo le norme del codice di
procedura civile” ( Cass., Sez. I, 10 maggio 2013, n.
11232), essendo possibile liquidare il compenso in
misura inferiore al minimo tariffario solo in presenza di
un parare obbligatorio del Consiglio dell’Ordine e se si
ritenga una manifesta sproporzione fra le prestazioni
dell’avvocato e l’onorario previsto.
3.- Con il terzo motivo del ricorso principale si censura
la “violazione dell’art. 167 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, n.
4 c.p.c.”.
Viene sottoposto al vaglio di questa Corte il seguente
testuale quesito di diritto :
“a norma dell’art. 167 c.p.c., ove, nell’opporsi a decreto
ingiuntivo relativo a onorari, diritti e spese reclamate da
avvocato per prestazioni di assistenza e rappresentanza
giudiziale, l’attore in opposizione a decreto ingiuntivo
non contesti, con l’atto di citazione in opposizione,
l’effettuazione delle prestazioni allegate in ricorso per
ingiunzione dal ricorrente, il convenuto in opposizione è
esonerato dalla prova delle prestazioni, dovendo essere
considerata, la mancata contestazione dell’attore in
opposizione, equivalente alla prova delle prestazioni da
parte del convenuto in opposizione?”.
Il motivo è del tutto infondato e va, pertanto, rigettato.
Devono, in breve, richiamarsi il noti principio secondo
cui colui che ha proposto ed ottenuto decreto ingiunti,
una volta convenuto nel conseguente giudizio di
opposizione, mantiene —comunque ed al di là della veste
processuale assunta nell’occasione (convenuto)- il ruolo

di attore in senso sostanziale, con tutte le conseguenze in
ordine al regime probatorio ed esclusione del contrario
automatismo erratamente postulato nel sopra riportato
quesito.
4. Il proposto ricorso principale, in ragione
dell’anzidetto accoglimento dei suoi due primi motivi,
può —quindi- essere accolto.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata
con rinvio della causa ad altra sezione della Corte di
Appello di Genova, affinché la stessa decida la
controversia uniformandosi ai principi di diritto sopra
enunciati.
5. Con il proposto ricorso incidentale si lamenta —quale
unico motivo dello stesso- la “violazione del principio,
desumibile dagli artt. 1453-1462 del c.c., che , nei
contratti con presta7ioni corrispettive, una prestazione
che non costituisca esecuzione dell’obbligazione
caratteristica non genera il diritto al corrispettivo, e
dell’art. 2233 del c.c.”.
Il motivo non è accoglibile e comporta il rigetto del
ricorso incidentale.
Manca, infatti, la formulazione del prescritto quesito ai
sensi dell’art. 366 bis c.p.c..
Deve, a tal riguardo, richiamarsi il noto principio,
secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è
necessaria, “la formulazione del quesito di diritto anche
nei ricorsi per violazione o falsa applicazione di norme
di diritto. Non può, infatti, ritenersi sufficiente il fatto
che il quesito di diritto può implicitamente desumersi dal
motivo del di ricorso, perché una siffatta interpretazione
si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma di cui
all’art. 366 bis c.p.c. che ha introdotto, anche per
l’ipotesi del ricorso in esame, il rispetto del requisito
formale che deve esprimersi nella formulazione di un

7

accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso
principale e, rigettato il terzo motivo ed il ricorso
incidentale, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche
per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di
Genova.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda
Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il 18
marzo 2014.

esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la
pronuncia del giudice nei imiti di un accoglimento o di
un rigetto del quesito formulato dalla parte” ( Cass. civ.,
SS.UU. 16 novembre 2007, n. 23732).
Il motivo del ricorso incidentale in esame è, peraltro,
infondato quanto alla postulata inesistenza del diritto al
corrispettivo.
6.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si
determinano così come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA