Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1019 del 17/01/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 1019 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 28217-2016 proposto da:
PAGGINI

LUCIANO,

FIORETTI

FRANCO,

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE MAllINI 114/B, presso lo
studio dell’avvocato FERDINANDO EMILIO ABBATE, che li
rappresenta e difende;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in
2017
2627

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
controricorrente

avverso il decreto n. 803/2016 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA, depositata il 05/05/2016;

Data pubblicazione: 17/01/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

Ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, con decreto depositato
il 5/5/2016, condannò il Ministero della Giustizia a pagare in favore di
Franco fioretti e Luciano Paggini la somma di C 1.500,00 ciascuno, a
titolo d’equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo
civile, nonché le spese processuali, liquidate in complessivi C 250,00,

difensore antistatario;
che avverso il predetto decreto II Fioretti e il Paggini propongono
ricorso, ulteriormente illustrato da memoria, esponendo, con l’unitaria
censura posta a corredo dello strumento, che la Corte di merito aveva
violato o falsamente applicato gli artt. 91, cod. proc. civ. e 2233, c
od. Civ., nonché il d.m. n. 55/2014 e il d.m. n. 140/2012, per avere
liquidate il rimborso spese al disotto del minimo legale;
che l’Amministrazione intimata resiste con controricorso,
ulteriormente corredato da memoria;
considerato che la tesi del Ministero controricorrente, secondo la
quale il decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014,
nella parte in cui stabilisce un limite minimo ai compensi
tabellarmente previsti (art. 4) non poteva considerarsi derogativo del
decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale,
stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate
dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che
«In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di
percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del
compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono
vincolanti per la liquidazione stessa», non è condivisa dalla Corte, in
quanto: come ricorda lo stesso controricorrente, il d.m. n. 140 risulta
essere stato emanato (d.l. n. 1/2012, conv. nella I. n. 27/2012) allo
scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato,
adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti
massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie,

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oltre C 33,80 per esborsi ed accessori, distratte in favore del

l’avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per
l’incarico professionale; per contro, il giudice resta tenuto ad
effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti
dal d.m. n. 55, il quale non prevale sul d. m. n. 140 per ragioni di
mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di

dall’Amministrazione resistente, non è il d.m. n. 140 – evidentemente
generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra
professionista e cliente (ed infatti, l’intervento del giudice ivi preso in
considerazione riguarda il caso in cui fra le parti non fosse stato
preventivamente stabilito il compenso o fosse successivamente
insorto conflitto) – a prevalere, ma il d.m. n. 55, il quale detta i criteri
ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa;
considerato che la liquidazione effettuata dalla Corte locale in
complessivi C 250,00 si pone al di sotto dei limiti imposti dal d.m. n.
55, tenuto conto dl valore della causa (da C 1.100,01 a C 5.200,00) e
pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale
semplicità dell’affare (art. 4, cit.);
considerato che a motivo dell’esposto il provvedimento gravato
deve essere cassato e, sussistendone le condizioni, decisa la causa
nel merito, il complessivo compenso può essere liquidato in C
1.198,50 (C 255,00 per la fase di studio, C 255,00 per la fase
introduttiva, C 283,5 per la fase istruttoria, C 405,00 per la fase
decisionale), oltre IVA e contributo ex art. 11 I. n. 576/1980, con
distrazione in favore dell’avv. Ferdinando Emilio Abbate, che ne ha
fatto richiesta, dichiarandosi antistatario;
considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e
possono liquidarsi, sempre con distrazione, siccome in dispositivo,
tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle
attività espletate;
P.Q.M.

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specialità, poiché, diversamente da quanto affermato

accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e, decidendo nel
merito, liquida a titolo di spese, ponendo la somma a carico del
Ministero controricorrente, per il giudizio di merito svoltosi innanzi
alla Corte d’appello di Perugia, l’importo complessivo di C 1.198,50,
oltre C 33,80 per esborsi, oltre spese generali ed accessori, distratto

Ministero al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del
giudizio di legittimità, che, distratte in favore dell’avv. Ferdinando
Emilio Abbate, liquida in C 900,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il giorno 18 ottobre 2017.
Il Presidente
(Stefano Petitti)

Il Fzj0 Giudiziwìo

NERI

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma,

17 GEN. 2018

in favore dell’avv. Ferdinando Emilio Abbate; condanna il predetto

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