Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10189 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. I, 28/05/2020, (ud. 04/11/2019, dep. 28/05/2020), n.10189

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 33855/18 proposto da:

-) O.B.M., elettivamente domiciliato a Roma, V. vigliena n.

9, rappresentato e difeso dall’avvocato Ilaria Di Punzio procura

speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma 24.5.2018 n. 3488;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4

novembre 2019 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. O.B.M., cittadino (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato la Guinea poichè il proprio padre era stato arrestato per motivi politici e torturato fino alla morte, e di temere, se fosse rimasto nel suo Paese, di subire la stessa sorte.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento O.B.M. propose ricorso dinanzi al Tribunale di Roma ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 che lo rigettò con decreto 14.2.2017.

La decisione venne impugnata dal soccombente.

4. La Corte d’appello di Roma con la sentenza qui impugnata rigettò il gravame, ritenendo che:

-) il ricorrente non era credibile;

-) in ogni caso, secondo il suo stesso racconto non risultava vittima di alcuna persecuzione per i motivi richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007;

-) nella zona di provenienza del richiedente asilo non erano in atto conflitti armati, nè vi era il rischio di violenza indiscriminata, come risultava dalle stesse COI invocate dall’appellante;

-) la protezione umanitaria non spettava perchè “dalle allegazioni del ricorrente” non risultava alcuna situazione di vulnerabilità.

6. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da O.B.M. con ricorso fondato su due motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso: 360 n. 3.

1.1 Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5. Deduce che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto il suo racconto inattendibile, e comunque non provato.

1.2. Il motivo è inammissibile per più ragioni indipendenti.

In primo luogo, il motivo è inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 3 c.p.c., poichè non espone:

-) quale fu la decisione del Tribunale;

-) con quali motivazioni venne impugnata dinanzi la Corte d’appello. Tale carenza impedisce di stabilire, dalla sola lettura del ricorso, se le doglianze proposte in questa sede siano nuove o meno, il che rende il ricorso inammissibile ai sensi del ricordato art. 366 c.p.c., n. 3.

1.3. In secondo luogo, il motivo è comunque inammissibile in quanto censura un tipico apprezzamento di merito, vale a dire la valutazione delle prove ed il giudizio di non credibilità del richiedente asilo (Sez. 1, Ordinanza n. 21283 del 9.8.2019; Sez. 1, Ordinanza n. 21128 del 7.8.2019; Sez. 1 -, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 27503 del 30/10/2018, Rv. 651361 – 01).

2. Il secondo motivo di ricorso.

2 gennaio Col secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. (c).

Il motivo, al di là di tale intitolazione formale e della sua forma unitaria, contiene due censure.

Con una prima censura (fogli 13 e 14 del ricorso) il ricorrente sostiene che il “Tribunale di Trieste” (sic) avrebbe erroneamente ritenuto che “la situazione lavorativa e stabile attuale (del richiedente protezione) nulla rileva ai fini della valutazione del diritto alla protezione”.

Con una seconda censura (fogli 15 16 del ricorso) il ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe trascurato di considerare la situazione di grave instabilità politica e di violenza esistente in (OMISSIS).

2.2. La prima censura è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.

La Corte d’appello, infatti, ha rigettato la domanda di protezione per inattendibilità del richiedente, e rispetto a tale motivazione è del tutto inconferente stabilire, in questa sede, quale fosse la situazione lavorativa dell’odierno ricorrente.

2.3. La seconda censura è inammissibile perchè meramente assertiva. Il ricorrente infatti non indica:

-) quali sarebbero le fonti COI trascurate dalla Corte d’appello (si limita a richiamare un non meglio precisato “rapporto di Amnesty International”);

-) quando sia stato prodotto in giudizio tale documento, e dove si trovi allegato.

In ogni caso la censura in esame è inammissibile, altresì, perchè lo stabilire se in un determinato Paese esista o no una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato è un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità, se questi abbia – come ha fatto la Corte d’appello di Roma – addotto a sostegno delle proprie conclusioni atti e rapporti aggiornati ed autorevoli di fonti internazionali.

3. Le spese.

Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 decreto sopra ricordato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826 – 01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

P.Q.M.

(-) dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile della Corte di cassazione, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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