Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10187 del 19/05/2015


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Civile Sent. Sez. U Num. 10187 Anno 2015
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 27651-2012 proposto da:
ALONZO GIUSEPPE, RASPOLLINI MARIO, LIGAS EMILIO,
2015

LORIOTTI GIORGIO, elettivamente domiciliati in ROMA,

192

LARGO DEI LOMBARDI 4, presso lo studio degli avvocati
PAOLO PASCAZI, GREGORIO ARENA, ANGELO CASTLE, che li
rappresentano e difendono, per deleghe in calce al
ricorso;

Data pubblicazione: 19/05/2015

e

– ricorrenti –

ENEA – AGENZIA NAZIONALE PER LE NUOVE TECNOLOGIE,
L’ENERGIA E LO SVILUPPO ECONOMICO SOSTENIBILE, in
persona del legale rappresentante pro-tempore,

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ape legis;
– controricorrente e ricorrente incidentale

avverso la sentenza n. 1029/2011 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 01/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/04/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato Amedeo ELEFANTE dell’Avvocatura
Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO, che ha concluso per

il

rigetto del primo motivo, inammissibilità del secondo,
inammissibilità, in subordine rigetto del terzo.

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

-

RG 27651-12 N.19 PU 28-415

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Torino, per quanto in questa sede interessa,
confermando la sentenza del Tribunale di Vercelli, dichiarava il proprio

epigrafe, quali

ex

dipendenti dell’ENEA cessati dal servizio in epoca

antecedente al 30 giugno 1998, per la condanna di tale Ente al pagamento in
favore di ciascuno, delle somme indicate in ricorso, in ragione della
mancata integrazione del trattamento previdenziale liquidato all’atto della
cessazione del rapporto, respingeva, invece, nel merito la domanda con
riferimento a quei dipendenti ancora in servizio alla predetta data del 30
giugno 1998.
A fondamento del decisum la Corte territoriale poneva, per quanto atteneva
alla declaratoria di difetto di giurisdizione, il fondante rilievo secondo
il quale l’oggetto sostanziale della controversia era rappresentato dalla
esecuzione del contratto assicurativo strettamente collegato al rapporto di
lavoro ed al trattamento di fine rapporto concernente il periodo antecedente
il 1 0 luglio 1998, per cui nella fattispecie, trattandosi di prestazioni
aventi natura retributiva e non previdenziale, trovava applicazione la norma
di cui al D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 69, che, nel dettare la disciplina
transitoria per il passaggio delle controversie di lavoro di pubblico
impiego, attribuiva alla giurisdizione ordinaria le sole controversie
relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo
al 30 giugno 1998, lasciando alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo quella relativa a questioni, come quella oggetto di causa,

difetto di giurisdizione in ordine alla domanda svolta dai ricorrenti in

attinenti al periodo antecedente.

Relativamente ai dipendenti non cessati dal servizio alla predetta data del
30 giugno 1998 la Corte di Appello, sull’assunto che il trattamento
pensionistico per cui era causa era strutturalmente inerente al rapporto di

un’obbligazione di natura retributiva, ribadiva il principio (di cui a Cass.
24 marzo 2010 n.7035 e 7038) secondo il quale correttamente l’art. 52 del
c.c.n.l. 31 dicembre 1982 per i dipendenti dell’ENEA, nel prevedere
espressamente – in attuazione dell’art. 8, primo coma, della legge n. 84
del 1982 – la conservazione del trattamento stesso “nel valore maturato
nell’ultimo mese di vigenza” del precedente regime giuridico, regolato con
la legge n. 70 del 1975, confermava i diritti, di natura retributiva e non
previdenziale, già acquisiti dai lavoratori, con esclusione di ogni
reformatio in pejus ai loro danni.Avverso questa sentenza i ricorrenti in
epigrafe ricorrono in cassazione sulla base di tre censure.
Resiste con controricorso l’ENEA, Agenzia per le nuove tecnologie, l’energia
e lo sviluppo economico sostenibile che propone impugnazione incidentale
condizionata assistita da una censura.
MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti riguardando l’impugnazione della
sTEssa sentenza.
Con la prima censura del ricorso principale i ricorrenti, deducendo
violazione dell’art.442, comma 2°, c.p.c. e vizio di motivazione, sostengono
la giurisdizione del giudice ordinario in ragione della natura previdenziale

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impiego posto in essere con l’ente datore di lavoro ed originava

dell’azione proposta in giudizio
Con il secondo motivo del ricorso principale i ricorrenti, denunciando
violazione e falsa interpretazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69,
comma 7, in relazione agli artt. 3, 10, 111 e 117 Cost., agli artt. 20, 21 e
47 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, e agli artt. 6,

e delle Libertà Fondamentali, assumono che nella interpretazione della
citata norma del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, i giudici d’appello non
avrebbero considerato il principio per il quale ognuno ha diritto a che la
sua causa sia esaminata equamente da un giudice indipendente ed imparziale,
né quello secondo il quale l’applicazione della norma interna non deve
comportare ingiustificati ed irragionevoli trattamenti discriminatori
fondati sull’età degli aventi diritto, in relazione a quanto previsto dal
contratto assicurativo per la scadenza delle polizze individuali, in modo da
non precludere a coloro che sono cessati dal servizio prima del 30,6.1998 la
possibilità di agire giudizialmente innanzi all’autorità giudiziaria
ordinaria, laddove anche per fatti imputabili a terzi, sia decorso il
termine previsto per adire il giudice amministrativo.
I due motivi, che in quanto strettamente connessi dal punto di vista logicogiuridico vanno trattati unitariamente, sono infondati.
Ai fini della giurisdizione, infatti, come più volte affermato da queste
Sezioni Unite in fattispecie del tutto sovrapponibili alla presente (per
tutte V. Cass. S.U.12 ottobre 2009 n.21553, Cass. S.U.12 ottobre 2009
n.21554, Cass. S.U. 14 aprile 2010 n. 8831 e Cass. S.U.23 marzo 2011 n.
6599), e qui va ribadito, non è sufficiente la natura latamente

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13, 14, 17 e 18 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo

previdenziale della prestazione richiesta, ma è necessario altresì che tale
prestazione sia dovuta da un ente preposto alla previdenza obbligatoria
nell’ambito di un rapporto (previdenziale) che trovi fonte esclusiva nella
legge e abbia causa, soggetti e contenuto diversi rispetto al rapporto di
lavoro, il quale a sua volta si ponga rispetto al rapporto previdenziale

prestazione. Ricorrendo siffatti requisiti, vi è la giurisdizione del
giudice ordinario anche quando il lavoratore sia un pubblico impiegato,
salvo il caso di giurisdizione della Corte dei Conti.
Del tutto diverso è il caso, come quello di specie, in cui la prestazione di
contenuto genericamente previdenziale sia dovuta al lavoratore come
prestazione del datore di lavoro nell’ambito di una forma di previdenza
interna a carattere aziendale, anche se il fondo all’uopo costituito sia
alimentato dai contributi a carico anche dei lavoratori.
Difatti le somme in tal modo raccolte appartengono ai soggetti del rapporto
di lavoro e costituiscono l’accantonamento di una parte della retribuzione a
fini previdenziali (in tal modo realizzandosi, ma per il tramite della
retribuzione, la funzione previdenziale di cui all’art. 38 Cost.), ed hanno
perciò natura del tutto diversa da quella assunta dai contributi
previdenziali obbligatori.
La stretta inerenza sostanziale al rapporto di impiego, tale che la
contribuzione non è altro che una parte della prestazione retributiva,
incide sulla determinazione della giurisdizione, nel senso che le relative
controversie sono devolute al giudice del rapporto, e di conseguenza al
giudice amministrativo, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma

4

come mero presupposto di fatto e non come momento genetico del diritto alla

7, se si riferiscono a situazioni giuridiche soggettive maturate
anteriormente alla data del 30 giugno 1998 (Cfr. per tutte Cass. S.U. 23
aprile 2008 n. 10464 del 2008.
Nel caso in esame risulta verificata quest’ultima ipotesi, essendosi
accertato che il dipendente cessato dal servizio prima della predetta data

prestazione del datore di lavoro dovuta nell’ambito di una forma di
previdenza interna a carattere aziendale.
Né rileva, come sottolineato da Cass. S. U. 18 giugno 2013 n. 15210, che
alcune clausole del contratto di assicurazione abbiano un contenuto che
sarebbe qualificabile come strettamente previdenziale avendo ad oggetto
previdenze per il caso di morte o invalidità del dipendente o la copertura
di altri rischi speciali che possono verificarsi nel corso del rapporto di
lavoro.
Tale deduzione non incide sulle considerazioni che precedono e riguarda
comunque un settore nettamente separato dell’assicurazione in parola,
relativo ai dipendenti che hanno figli minori a carico e fino a che questi
sono a carico mentre l’oggetto degli ulteriori rischi speciali è unicamente
quello derivante dal volo in aeromobile, che per come è disciplinato, allude
all’ipotesi non certo frequente di viaggi collettivi aziendali.
La declaratoria di carenza di giurisdizione adottata dal giudice di appello
è, quindi, corretta anche sotto il profilo motivazionale.
Del resto, e per quanto riguarda il secondo motivo, va qui ribadito (Cfr.,
per tutte, Cass. S.U. 21 giugno 2005 n. 13290 o Cass. S.U. 8 maggio 2007 n.
10371e da ultimo Cass. S.U. 18 giugno 2013 n. 15210 cit.) che alla

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ha chiesto, appunto, il risarcimento del danno in relazione ad una

persistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nei
limiti temporali suindicati, non è d’ostacolo la circostanza che l’esaminata
norma di diritto transitorio ponga una sanzione di decadenza con riguardo
alle controversie conservate a tale giurisdizione esclusiva, ma non
introdotte prima della data del 15 settembre 2000: invero, per effetto di
consolidata giurisprudenza delle Sezioni unite e diversamente da quanto
ipotizzato dalla ricorrente, è diritto vivente quello che prevede essere
stata fissata la data ora indicata, non quale limite alla persistenza
(relativamente alle questioni caratterizzate dagli esposti requisiti
temporali) della giurisdizione suddetta, ma quale termine di decadenza per
la proponibilità della domanda giudiziale, con conseguente attinenza di ogni
questione sul punto ai limiti interni della giurisdizione, senza che rilevi
la diversa formula usata dal citato D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, coma
7, (“…qualora siano state proposte…”), rispetto a quella già presente
nel D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, coma 17, (“…e debbano essere
proposte… “), trattandosi di una differenza semantica giustificata non da
una nuova ratio della disciplina sopravvenuta, bensì soltanto dall’essere
stata superata, al momento dell’emanazione del provvedimento normativa più
recente, la data presa in considerazione (v., xii1ts, Cass. S.U. 4 luglio
2002 n. 9690; id. 17 giugno 2002 n. 8700; id. 4 giugno 2002 n. 8089).
La norma in questione e prima ancora quella analoga stabilita al D.Lgs. n.
80 del 1998, art. 45, comma 17, seconda parte sono state ripetutamente
ritenute costituzionalmente legittime dalla Corte Cost. (Cfr. le ordinanze,
nn. 214/2004, 213/2005, 382/2005, 197/2006) la quale, in particolare, ha
ritenuto che la disparità di trattamento tra dipendenti privati e dipendenti

6

*

pubblici – i soli soggetti ad un termine di decadenza relativamente ai
“diritti sorti anteriormente alla data indicata “è ragionevolmente
giustificata dall’esigenza di contenere gli effetti, temuti dal legislatore
come pregiudizievole per il regolare svolgimento dell’attività
giurisdizionale, prodotti dal trasferimento della competenza giurisdizionale

capo ai

TAR”,

ai quali venivano altresì attribuite nuove competenze

giurisdizionali in materie correlate ai servizi pubblici e al governo del
territorio.Quanto poi alla denunciata violazione degli artt. 24 e 113 Cost.
(e l’osservazione può essere riferita anche alla pretesa violazione
dell’art. 111 Cost.) la Corte costituzionale l’ha esclusa “dal momento che,
da un lato, non è certamente ingiustificata… la previsione di un termine
di decadenza e, dall’altro lato, tale termine (di oltre ventisei mesi) non è
certamente tale da rendere oltremodo difficoltosa la tutela
giurisdizionale”. Analoghe considerazioni possono essere svolte con riguardo
alle censure di violazione del principio di un processo equo e giusto, così
come enunciato dalle norme sovranazionali indicate, con la precisazione che
appare del tutto fuori luogo il riferimento fatto dalla difesa dei
ricorrenti a censure che hanno ad oggetto normative nazionali disciplinanti
retroattivamente la sorte di situazioni giuridiche preesistenti vantate nei
confronti dello Stato. La disposizione di cui al D.Lgs. n. 80 del 1998, art.
45, comma 17 correttamente riprodotta nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69,
comma 7 stabilisce, infatti, a partire dalla sua entrata in vigore un
termine di decadenza per l’esercizio dei diritti in questione, della cui
ragionevolezza e congruità non è più possibile dubitare. D’altro canto, come

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al giudice ordinario e dal contemporaneo mantenimento di tale competenza in

affermato da queste Sezioni Unite, in tema di pubblico impiego
contrattualizzato, nel regime transitorio di devoluzione del contenzioso
alla giurisdizione ordinaria, spetta al giudice fornito di giurisdizione,
come tale riconosciuto, accertare gli effetti delle domande proposte oltre
il termine del 15 settembre 2000, sancito “a pena di decadenza” dall’art.

questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno
1998 ( Cass_ Su. 29 maggio 2012 n.8520), sicché è davanti al giudice
fornito di giurisdizione, e non in questa sede in cui le Sezioni Unite sono
chiamate a giudicare esclusivamente della giurisdizione, che può rilevare un
eventuale incompatibilità del predetto art. 69, comma 7, del citato D.Lgs.
n. 165 del 2001 con le norme sopranazionali.
I motivi in esame che riguardano gli ex dipendenti cessati dal servizio in
data antecedente al 30 giugno 1998, in base alle esposte considerazioni
vanno conseguentemente rigettati essendo corretta la declaratoria di carenza
di giurisdizione adottata dal giudice d’appello.
Con la terza censura del ricorso principale, proposta in relazione alla
posizione di alcuni lavoratori cessati dal servizio in epoca successiva alla
predetta data del 30 giugno 1998,deducendosi, ex art. 360 n. 3 c.p.c.,
violazione e falsa applicazione degli artt. 1411 e 1920, ultimo comma c.c.,
si sostiene la natura autonoma del diritto di credito azionato e la relativa
intangibilità ed indifferenza rispetto alle modifiche previste dall’art. 52,
comma 4 CCL Enea, quale diritto quesito discendente direttamente ed
immediatamente dalla polizza assicurativa.
La censura è infondata.

8

69, comma 7, del D.lgs. n. 165 del 2001 per le controversie relative a


t

E’ sufficiente richiamare e ribadire quanto in proposito osservato da questa
Corte in fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente( V. per tutte
Cass. 24 marzo 2010 n.7035 e 7038 cit. nonché Cass. 18 marzo 2010 n. 6573)
In particolare va rimarcato, ferma restando, come rilevato in precedenza. la
natura non previdenziale del credito di cui trattasi che la L. n. 70 del
1975, art. 14, comma 2, ha stabilito che “i fondi integrativi di previdenza
previsti dai regolamenti di taluni enti sono conservati limitatamente al
personale in servizio o già cessato dal servizio alla data di entrata in
vigore della presente legge”.
La L. n. 84 del 1982, art. 8, comma 1, ha disposto però che “il trattamento
giuridico ed economico del personale dipendente dall’ENEA è regolato sulla
base di un contratto collettivo di lavoro di durata triennale, da stipularsi
con le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino
all’entrata in vigore del primo contratto collettivo, il rapporto di lavoro
dei dipendenti è regolato dalla disciplina vigente sulla base della L. 20
marzo 1975, n. 70”.
Pertanto la previsione dell’art. 52 del CCNL del 1982, laddove stabilisce
che “i dipendenti che, alla data di entrata in vigore del presente contratto
usufruiscono del trattamento integrativo di previdenza in forma assicurativa
in essere presso l’Enea, conservando il trattamento stesso nel valore
maturato nell’ultimo mese di vigenza del precedente ordinamento in base alla
relativa normativa”, da un lato da esecuzione a quanto disposto dalla citata
L. n. 84 del 1982, art. 8, comma 1, e, dall’altro, conferma i diritti (di

natura retributiva e non previdenziale) già acquisiti dai lavoratori
interessati. Conseguentemente la quantificazione del trattamento integrativo

9

9

nei termini indicati dalla contrattazione collettiva non può essere
considerata una illegittima reformatio in peius rispetto a quanto previsto
dall’art. 14 della legge n. 70 del 1975.
A tanto va aggiunto che la rilevata stretta inerenza sostanziale dei diritti
azionati al rapporto di impiego, tale che la contribuzione non è altro che

la presenza di alcune clausole del contratto di assicurazione che avrebbero
un contenuto qualificabile come strettamente previdenziale, esclude
l’applicabilità, nella specie, della disciplina di cui al denunciato art.
1920 c.c. che attiene alla diversa ipotesi dell’assicurazione sulla vita a
favore di un terzo.
Né va sottaciuto che, comunque,secondo giurisprudenza, qui da ribadire, di
questa Corte, nel contratto assicurativo con designazione del beneficiario,
il diritto all’indennizzo nasce direttamente nel patrimonio del beneficiario
come autonomo credito nei confronti dell’assicuratore ( per tutte Cfr. Cass.
S.U. 2 aprile 2007 n. 8095), mentre nel caso in esame il diritto è fatto
valere nei confronti dell’assicurato.
Non sono, quindi, configurabili diritti quesiti nei termini dedotti con il
presente motivo.
Il motivo all’esame va, quindi, rigettato.
Il ricorso incidentale condizionato dell’Enea, con il quale si deduce
violazione dell’art. 112 cpc per aver omesso la6orte del merito di valutare
l’eccezione di prescrizione, rimane assorbito
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza dei ricorrenti e vanno
liquidate come da dispositivo.

10

una parte della prestazione retributiva, sulla quale non incide, come detto,

e
P.Q.M.
e

La Corte riuniti i ricorsi rigetta il ricorso principale e dichiara
assorbito quello incidentale condizionato. Condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in E.3000,00 per
compensi, oltre spese prenotate a debito.

aprile 2015

Così deciso in Roma nella camera di consiglio delle Sezioni Unite del 28

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