Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10187 del 09/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 10187 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CITZIA Claudio, CITZIA Antonella, CITZIA Luciano Francesco,
SECHI Elisabetta ved. CITZIA, rappresentati e difesi, in forza
di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Elio Maria Meloni, con domicilio eletto presso la cancelleria civile
della Corte di cassazione, piazza Cavour, Roma;

ricorrente

contro
CITZIA Giovanna, CITZIA Giuseppe, CITZIA Bonacato e CITZIA Maria, rappresentati e difesi,

in forza di procura speciale a

margine del controricorso, dagli Avv. Angela Luisa Barria e
Angela Deluigi Testi,

con domicilio eletto nello studio di

quest’ultima in Roma, via Tito Livio, n. 179;

Data pubblicazione: 09/05/2014

- controri correnti e contro
CITZIA Salvatorangela, CITEIA Antonio, CITZIA Barbara, COSSU
Gian Mario e COSSU Massimo Salvatore;

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Cagliari in data 7 maggio 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27 febbraio 2014 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
uditi gli Avv. Ennio Maria Meloni, per delega dell’Avv. Elio Maria Meloni, e Angela Deluigi Testi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Aurelio Golia, il quale ha concluso
per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
l. – Antonietta Demontis, Salvatorangela Citzia, Antonio
Citzia, Giovanna Citzia, Giuseppe Citzia e Bonacato Citzia
convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Oristano Francesco Citzia chiedendo lo scioglimento della comunione ereditaria relitta da Salvatore Citzia, marito della Demontis e padre degli attori e del convenuto.
Francesco Citzia aderì alla domanda di divisione, precisando che del patrimonio ereditario non facevano parte alcuni

– intimati –

terreni che gli erano stati venduti dal de culus con scrittura
privata del 15 aprile 1971.
Tale scrittura privata venne disconosciuta dagli attori e
il convenuto propose istanza di verificazione.

2002, dichiarò aperta la successione di Salvatore Citzia, dichiarò la non autenticità della sottoscrizione di Salvatore
Citzia apposta in calce alla suddetta scrittura privata ed indicò analiticamente i beni di cui era composta la massa ereditaria, disponendo con separata ordinanza il prosieguo delle
operazioni divisionali.
2. – La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza resa
pubblica mediante deposito in cancelleria il 7 maggio 2007, ha
rigettato il gravame proposto avverso la sentenza di primo
grado da Claudio Citzia, Antonella Citzia, Luciano Francesco
Citzia ed Elisabetta Sechi ved. Citzia, eredi di Francesco Citzia.
La Corte di Cagliari ha escluso la configurabilità della
dedotta nullità del giudizio di primo grado per non avere il
difensore di Antonietta De Montis dichiarato il decesso, nel
corso del grado, della propria assistita, avvenuto il 26 ottobre 1998.
Nel merito, la Corte territoriale ha confermato
l’attendibilità delle conclusioni cui era pervenuto il c.t.u.
nella perizia grafologica, ed ha escluso l’ammissibilità

3

Il Tribunale di Oristano, con sentenza in data 29 giugno

dell’interrogatorio formale ai fini della prova del trasferimento della proprietà degli immobili.
3. – Per la cessazione della sentenza della Corte
d’appello Claudio Citzia e gli atri ricorrenti indicati in e-

Giovanna, Giuseppe, Bonacato e Maria Citzia hanno resistito con controricorso, mentre gli altri intimati non hanno
svolto attività difensiva in questa sede.
I ricorrenti hanno depositato una memoria illustrativa in
prossimità dell’udienza.
Considerato in diritto
l. – Con il primo motivo (violazione degli artt. 300, 110,
101 e 161 cod. proc. civ.) si sostiene che il potere del procuratore alle liti di dichiarare il decesso della parte non si
estenderebbe fino al punto di omettere la dichiarazione di
morte e di proseguire nell’esercizio dell’azione, a nome del
defunto rappresentato, quando l’azione stessa sia esercitata
nei confronti di un erede della stessa parte rappresentata.
Poiché Francesco Citzia era incontestabilmente erede della
propria madre (la causa riguardando la divisione dell’eredità
paterna), il mandato conferito in vita dalla madre Antonietta
Demontis al suo procuratore si sarebbe estinto ed il procuratore di lei non avrebbe potuto spendere ancora, dopo la sua
morte, il nome della defunta. La sussistenza del conflitto di

pigrafe hanno proposto ricorso, sulla base di tre motivi.

interessi avrebbe reso irrimediabilmente nulla l’ulteriore attività processuale.
1.1. – Il motivo è infondato.
Il verificarsi, nei tempi previsti dall’art. 300 cod.

stesso codice, non determina l’automatica interruzione del
processo in corso, occorrendo, per la produzione di tale conseguenza, la dichiarazione, in udienza, del procuratore della
parte colpita dall’evento medesimo o la notificazione alle altre parti costituite.
E poiché l’interruzione del processo a causa di uno degli
eventi previsti dall’art. 300 cod. proc. civ. consegue solo ad
un atto del procuratore quale dominus litis – atto che postula
la valutazione, riferita all’oggetto della causa,
dell’opportunità, nell’interesse degli eredi della parte defunta, di comunicare o notificare l’evento interruttivo alle
altre parti, senza che detta comunicazione o notificazione ammetta equipollenti (Sez. Il, 22 febbraio 2001, n. 2599) l’eventuale ritardo, negligente o malizioso, frapposto dal
procuratore nel dichiarare la morte del proprio cliente può
essere rilevante nel rapporto interno, disciplinato dalle norme sul mandato, ma non verso il giudice e la parte avversaria,
nei cui confronti il processo continua a svolgersi regolarmente su basi immutate, spiegando efficacia vincolante, rispetto

proc. civ., di uno degli eventi di cui all’art. 299 dello

al successore della parte defunta, nel presupposto che questo
abbia tacitamente confermato la procura.
D’altra parte, come correttamente evidenzia la sentenza
impugnata, anche prima del decesso di Antonietta Demontis,

rano presenti nel processo, seppure nella qualità di eredi del
padre Salvatore Citzia, ed erano tutti già rappresentati, anche se su contrapposte posizioni processuali. In particolare,
gli interessi di Francesco Citzia sono sempre stati curati dal
suo difensore (diverso da quello della propria madre), che ha
continuato a chiedere al giudice l’accertamento che i terreni
per cui vi è controversia erano di esclusiva proprietà del
convenuto e non ricadevano nella massa ereditaria, come sostenuto dagli attori.
2. – Con il secondo mezzo (violazione degli artt. 112, 216
e 230 cod. proc. civ.) il ricorrente si duole che la sentenza
abbia respinto la deduzione istruttoria volta a provocare la
confessione delle parti sull’autenticità della sottoscrizione
del comune dante causa. La parte – sostiene il ricorrente – ha
il diritto di proporre e di chiedere l’espletamento
dell’interrogatorio formale, pur dopo l’espletamento di una
consulenza grafologica contraria al suo assunto.
2.1. – Il motivo è infondato.
Correttamente

la Corte

territoriale ha escluso

l’ammissibilità dell’interrogatorio formale, che avrebbe dovu-

6

figli ed eredi di quest’ultima, compreso Francesco Citzia, e-

to vertere, una volta che la c.t.u. grafologica aveva escluso
l’autenticità della sottoscrizione del dante causa, sul fatto
che i terreni controversi erano stati comunque venduti al convenuto, giacché, ai sensi dell’art. 1350 cod. civ., la forma

immobili, costituisce un elemento essenziale del contratto,
nel senso che ha natura costitutiva, cosicché la prova
dell’esistenza e del contenuto di una vendita di un bene immobile può essere data solo con l’acquisizione, al processo,
dell’atto scritto, non essendo consentita la confessione (Sez.
Il, 2 gennaio 1997, n. 2; Sez. Il, 14 dicembre 2009, n.
26174).
3. – Il terzo motivo censura omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio. La sentenza si sarebbe affidata alla consulenza grafologica senza analizzarne accuratamente il contenuto, e senza rilevare che “la consulenza ha avuto per oggetto
solo una copia della firma originale e non il testo sul quale
avrebbe dovuto fondarsi la valutazione”..
3.1. – Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha dato una congrua e logica spiegazione del perché le conclusioni del c.t.u. sono attendibili e del
perché, invece, non sono meritevoli di essere seguite le critiche ad esse rivolte dal consulente di parte.

7

scritta, imposta ad substantiam per il trasferimento di beni

La Corte di Cagliari ha infatti evidenziato che
l’ausiliare del giudice ha dato analiticamente conto delle
differenze riscontrate tra la firma disconosciuta e le altre
certamente autentiche, rilevando in particolare numerose e so-

mi, nei segni fuggitivi, nel letterale, nella inclinazione,
nel calibro e della tenuta del rigo. La Corte territoriale ha
altresì osservato che il c.t.u., negli accertamenti peritali,
ha seguito una metodologia corretta, esaminando con sufficiente attenzione le scritture di comparazione e formulando conclusioni logiche attendibili.
Il mezzo finisce con il rivolgere all’impugnata sentenza
censure che non possono trovare ingresso in questa sede, perché la valutazione della condivisibilità delle conclusioni del
perito d’ufficio involge apprezzamenti di fatti riservati in
via esclusiva al giudice del merito.
4. – Infine, non può trovare ingresso l’ulteriore motivo,
avanzato con la memoria illustrativa depositata in prossimità
dell’udienza, secondo cui la contestazione della autenticità
della scrittura privata in atti non poteva essere attuata con
un mero disconoscimento, ma esigeva la proposizione della querela di falso.
Infatti, nel giudizio civile di legittimità, con le memorie di cui all’art. 378 cod. proc. civ., destinate esclusivamente ad illustrare e chiarire le ragioni già compiutamente

8

stanziali divergenze morfologiche e strutturali negli anagram-

svolte con il ricorso (o il controricorso) e a confutare le
tesi avversarie, non è possibile ampliare l’ambito delle originarie censure, prospettare motivi aggiunti o sollevare questioni nuove che non siano rilevabili d’ufficio (Sez. Il, 26

Un., 15 maggio 2006, n. 11097; Sez. III, 28 agosto 2007, n.
18195).
4. – Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute
dai controricorrenti, che

liquida

in complessivi euro 3.200,

di cui euro 3.000 per compensi, oltre ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 27 febbraio 2014.

agosto 2002, n. 12477; Sez. III, 7 luglio 2003, n. 10683; Sez.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA