Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10185 del 21/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/04/2017, (ud. 23/02/2017, dep.21/04/2017),  n. 10185

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4971/2016 proposto da:

V.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO

SURIANO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI LECCE, in persona del Direttore

pro tempore, MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 772/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 20/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2017 dal Consigliere Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 20 ottobre 2015, la Corte di appello di Lecce confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto dell’opposizione proposta da V.S. avverso l’ordinanza-ingiunzione n. 706/2011 emessa nei suoi confronti dalla Direzione Provinciale di Lecce per un importo di Euro 16.985,00 per le seguenti violazioni: della L. 28 novembre 1996, n. 608, art. 9 bis, comma 2, per non aver dato tempestiva comunicazione al CTI dell’assunzione di cinque lavoratori; della L. n. 608 del 1996, art. 1 e art. 9 bis, comma 3, per non aver consegnato ai cinque lavoratori una dichiarazione sottoscritta contenente i dati della registrazione effettuata nel libro matricola; della L. 22 febbraio 2002, n. 73, art. 3, comma 3, come modificato dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, art. 36 bis, comma 7, per aver impiegato cinque lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria; del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 30, commi 1 e 2, conv. in L. 6 agosto 2008, n. 133, per aver omesso di effettuare le prescritte registrazioni sul libro unico del lavoro o documento equipollente;

che la Corte territoriale riteneva essere stata fornita la prova delle violazioni ascritte al V. – come correttamente già ritenuto dal primo giudice – sulla scorta delle dichiarazioni spontanee rese dai lavoratori interessati agli ispettori del lavoro, del tutto dettagliate, coerenti, prive di incertezze e per nulla inficiate da alcun “metus reverentialis”, come sostenuto dal V.; sottolineava, inoltre, che tali dichiarazioni erano più veritiere di quelle rese dai predetti in sede di deposizione testimoniale e che i verbalizzanti, sentiti come testi, avevano confermato il contenuto del verbale;

che per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il V. affidato ad un unico motivo;

che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali si è costituito per partecipare alla discussione;

che è stata depositata la proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 6, della L. n. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22 e art. 2697 c.c. (relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) assumendosi che erroneamente la Corte di appello aveva attribuito esclusivo valore probatorio al verbale di accertamento redatto dagli ispettori che, invece, fa piena prova solo dei fatti attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonchè alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni rese dalle parti, mentre la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante nè ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche; cd infatti, erroneamente le dichiarazioni rese agli ispettori erano state considerate prevalenti rispetto a quelle rese in sede di deposizione testimoniale;

che il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile;

che è infondato in quanto la Corte di Appello ha correttamente applicato il principio secondo cui il materiale raccolto dai verbalizzanti deve essere liberamente apprezzato dal giudice, il quale può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può mai attribuirgli il valore di vero e proprio accertamento addossando l’onere di fornire la prova contraria al soggetto sul quale non grava (Cass. n. 23800 del 07/11/2014; Cass. 14965 del 06/09/2012; Cass. n. n. 12108 del 18/05/2010; Cass. 9251 del 19/04/2010); ed infatti, ha scrutinato il contenuto del verbale ispettivo apprezzandolo liberamente ed operando una complessiva valutazione delle emergenze istruttorie sulla scorta di una motivazione ampia ed esaustiva;

che il motivo è inammissibile laddove – ad onta dei richiami normativi in esso contenuti – si risolve nel sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione; invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr., e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003);

che, alla luce di quanto esposto, il ricorso va rigettato;

che non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio non avendo il Ministero svolto alcuna apprezzabile attività difensiva;

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014).

PQM

La Corte, rigetta il ricorso, nulla per le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2017

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