Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10185 del 19/05/2015


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Civile Sent. Sez. U Num. 10185 Anno 2015
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 8800-2012 proposto da:
BORELLI PIERINA, ANDREOZZI LUIGI, POGGI MARIO, BORTOLI
2015

MARIO, LUCCI PAOLO, nella qualità di erede di Lucci

190

Franco, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LARGO DEI
LOMBARDI 4, presso lo studio degli avvocati PAOLO
PASCAZI, GREGORIO ARENA, ANGELO CASILE, che li
rappresentano e difendono, per deleghe in calce al

Data pubblicazione: 19/05/2015

,

ricorso;
– ricorrenti contro

ENEA – AGENZIA NAZIONALE PER LE NUOVE TECNOLOGIE,
L’ENERGIA E LO SVILUPPO ECONOMICO SOSTENIBILE, in

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1893/2011 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 02/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/04/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito

l’Avvocato Amedeo

ELEFANTE

dell’Avvocatura

Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO, che ha concluso per il

rigetto del primo motivo, inammissibilità del secondo,
inammissibilità, in subordine rigetto, del terzo.

persona del legale rappresentante pro-tempore,

RG 8800-12 N.17 PU 28-415

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Roma, per quanto in questa sede interessa,
confermando la sentenza del Tribunale di Velletri, dichiarava il
proprio difetto di giurisdizione in ordine alla domanda svolta dai
ricorrenti in epigrafe, quali

ex

dipendenti dell’ENEA cessati dal

servizio in epoca antecedente al 30 giugno 1998, per la condanna di
tale Ente al pagamento in favore di ciascuno, delle somme indicate in
ricorso, in ragione della mancata integrazione del trattamento
previdenziale liquidato all’atto della cessazione del rapporto,
respingeva, invece, nel merito la domanda con riferimento a quei
dipendenti ancora in servizio alla predetta data del 30 giugno 1998.
A base del decisum la Corte territoriale poneva, per quanto atteneva
alla declaratoria di difetto di giurisdizione, il fondante rilievo
secondo il quale l’oggetto sostanziale della controversia era
rappresentato dalla esecuzione del contratto assicurativo strettamente
collegato al rapporto di lavoro ed al trattamento di fine rapporto
concernente il periodo antecedente il 1° luglio 1998, per cui nella
fattispecie, trattandosi di prestazioni aventi natura retributiva e non
previdenziale, trovava applicazione la norma di cui al D.Lgs. n. 80 del
1998, art. 69, che, nel dettare la disciplina transitoria per il
passaggio delle controversie di lavoro di pubblico impiego, attribuiva
alla giurisdizione ordinaria le sole controversie relative a questioni
attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30.6.1998,
lasciando alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo

quella relativa a questioni, come quella oggetto di causa, attinenti al
.periodo antecedente.
Relativamente ai dipendenti non cessati dal servizio alla predetta data
del 30 giugno 1998 la Corte di Appello, sull’assunto che il trattamento
pensionistico per cui era causa era strutturalmente inerente al

originava un’obbligazione di natura retributiva, ribadiva il principio
(di cui a Cass. 24 marzo 2010 n.7035 e 7038) secondo il quale
correttamente l’art. 52 del c.c.n.l. 31 dicembre 1982 per i dipendenti
dell’ENEA, nel prevedere espressamente – in attuazione dell’art. 8,
primo comma, della legge n. 84 del 1982 – la conservazione del
trattamento stesso “nel valore maturato nell’ultimo mese di vigenza”
del precedente regime giuridico, regolato con la legge n. 70 del 1975,
confermava i diritti, di natura retributiva e non previdenziale, già
acquisiti dai lavoratori, con esclusione di ogni

reformatio in pejus ai

loro danni.
Avverso questa sentenza i ricorrenti in epigrafe ricorrono in
cassazione sulla base di tre censure.
Resiste con controricorso l’ENEA, Agenzia per le nuove tecnologie,
l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la prima censura i ricorrenti, deducendo violazione dell’art.442,
comma 2°, c.p.c. e vizio di motivazione, sostengono la giurisdizione
del giudice ordinario in ragione della natura previdenziale dell’azione
proposta in giudizio

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rapporto di impiego posto in essere con l’ente datore di lavoro ed

Col secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa
.interpretazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, in
relazione agli artt. 3, 10, 111 e 117 Cost., agli artt. 20, 21 e 47
della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, e agli artt.
6, 13, 14, 17 e 18 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti
dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, assumono che nella
interpretazione della citata norma del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69,
i giudici d’appello non avrebbero considerato il principio per il quale
ognuno ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente da un
giudice indipendente ed imparziale, né quello secondo il quale
l’applicazione della norma interna non deve comportare ingiustificati
ed irragionevoli trattamenti discriminatori fondati sull’età degli
aventi diritto, in relazione a quanto previsto dal contratto
assicurativo per la scadenza delle polizze individuali, in modo da non
precludere a coloro che sono cessati dal servizio prima del 30.6.1998
la possibilità di agire giudizialmente innanzi all’autorità giudiziaria
ordinaria, laddove anche per fatti imputabili a terzi, sia decorso il
termine previsto per adire il giudice amministrativo.
I due motivi, che in quanto strettamente connessi dal punto di vista
logico-giuridico vanno trattati unitariamente, sono infondati.
Ai fini della giurisdizione, infatti, come più volte affermato da
queste Sezioni Unite in fattispecie del tutto sovrapponibili alla
presente( per tutte V. Cass. S.U.12 ottobre 2009 n.21553, Cass. S.U.12
ottobre 2009 n.21554, Cass. S.U. 14 aprile 2010 n. 8831 e Cass. S.U.23
marzo 2011 n. 6599), e qui va ribadito, non è sufficiente la natura

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latamente previdenziale della prestazione richiesta, ma è necessario
_altresì che tale prestazione sia dovuta da un ente preposto alla
previdenza obbligatoria nell’ambito di un rapporto (previdenziale) che
trovi fonte esclusiva nella legge e abbia causa, soggetti e contenuto
diversi rispetto al rapporto di lavoro, il quale a sua volta si ponga

come momento genetico del diritto alla prestazione. Ricorrendo siffatti
requisiti, vi è la giurisdizione del giudice ordinario anche quando il
lavoratore sia un pubblico impiegato, salvo il caso di giurisdizione
della Corte dei Conti.
Del tutto diverso è il caso, come quello di specie, in cui la
prestazione di contenuto genericamente previdenziale sia dovuta al
lavoratore come prestazione del datore di lavoro nell’ambito di una
forma di previdenza interna a carattere aziendale, anche se il fondo
all’uopo costituito sia alimentato dai contributi a carico anche dei
lavoratori.
Difatti le somme in tal modo raccolte appartengono ai soggetti del
rapporto di lavoro e costituiscono l’accantonamento di una parte della
retribuzione a fini previdenziali (in tal modo realizzandosi, ma per il
tramite della retribuzione, la funzione previdenziale di cui all’art.
38 Cost.), ed hanno perciò natura del tutto diversa da quella assunta
dai contributi previdenziali obbligatori.
La stretta inerenza sostanziale al rapporto di impiego, tale che la
contribuzione non è altro che una parte della prestazione retributiva,
incide sulla determinazione della giurisdizione, nel senso che le

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rispetto al rapporto previdenziale come mero presupposto di fatto e non

relative controversie sono devolute al giudice del rapporto, e di

conseguenza al giudice amministrativo, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del

– 2001, art. 69, comma 7, se si riferiscono a situazioni giuridiche
soggettive maturate anteriormente alla data del 30 giugno 1998 (Cfr.
per tutte Cass. S.U. 23 aprile 2008 n. 10464 del 2008.

accertato che i dipendenti cessati dal servizio prima della predetta
data hanno chiesto, appunto, il risarcimento del danno in relazione ad
una prestazione del datore di lavoro dovuta nell’ambito di una forma di
previdenza interna a carattere aziendale.
Né rileva, come sottolineato da Cass. S. U. 18 giugno 2013 n. 15210,
che alcune clausole del contratto di assicurazione abbiano un contenuto
che sarebbe qualificabile come strettamente previdenziale avendo ad
oggetto previdenze per il caso di morte o invalidità del dipendente o
la copertura di altri rischi speciali che possono verificarsi nel corso
del rapporto di lavoro.
Tale deduzione non incide sulle considerazioni che precedono e riguarda
comunque un settore nettamente separato dell’assicurazione in parola,
relativo ai dipendenti che hanno figli minori a carico e fino a che
questi sono a carico mentre l’oggetto degli ulteriori rischi speciali è
unicamente quello derivante dal volo in aeromobile, che per come è
disciplinato, allude all’ipotesi non certo frequente di viaggi
collettivi aziendali.
La declaratoria di carenza di giurisdizione adottata dal giudice di
appello è, quindi, corretta anche sotto il profilo motivazionale.

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Nel caso in esame risulta verificata quest’ultima ipotesi, essendosi

Del resto, e per quanto riguarda il secondo motivo, va qui ribadito
(Cfr., per tutte, Cass. S.U. 21 giugno 2005 n. 13290 o Cass. S.U. 8
maggio 2007 n. 10371e da ultimo Cass. S.U. 18 giugno 2013 n. 15210
cit.) che alla persistenza della giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, nei limiti temporali suindicati, non è d’ostacolo la
circostanza che l’esaminata norma di diritto transitorio ponga una
sanzione di decadenza con riguardo alle controversie conservate a tale
giurisdizione esclusiva, ma non introdotte prima della data del 15
settembre 2000: invero, per effetto di consolidata giurisprudenza delle
Sezioni unite e diversamente da quanto ipotizzato dalla ricorrente, è
diritto vivente quello che prevede essere stata fissata la data ora
indicata, non quale limite alla persistenza (relativamente alle
questioni caratterizzate dagli esposti requisiti temporali) della
giurisdizione suddetta, ma quale termine di decadenza per la
proponibilità della domanda giudiziale, con conseguente attinenza di
ogni questione sul punto ai limiti interni della giurisdizione, senza
che rilevi la diversa formula usata dal citato D.Lgs. n. 165 del 2001,
art. 69, comma 7, (“…qualora siano state proposte…”), rispetto a
quella già presente nel D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma 17,
(“…e debbono essere proposte… “), trattandosi di una differenza
semantica giustificata non da una nuova

ratio

della disciplina

sopravvenuta, bensì soltanto dall’essere stata superata, al momento
dell’emanazione del provvedimento normativo più recente, la data presa
in considerazione (v.,

ex multis,

Cass.S.U. 4 luglio 2002 n. 9690; id.

17 giugno 2002 n. 8700; id. 4 giugno 2002 n. 8089).

6

*

La norma in questione e prima ancora quella analoga stabilita al D.Lgs.
.n. 80 del 1998, art. 45, comma 17, seconda parte sono state
“ripetutamente ritenute costituzionalmente legittime dalla Corte Cost.
(Cfr. le ordinanze, nn. 214/2004, 213/2005, 382/2005, 197/2006) la
quale, in particolare, ha ritenuto che la disparità di trattamento tra

termine di decadenza relativamente ai diritti sorti anteriormente alla
data indicata “è ragionevolmente giustificata dall’esigenza di
contenere gli effetti, temuti dal legislatore come pregiudizievole per
il regolare svolgimento dell’attività giurisdizionale, prodotti dal
trasferimento della competenza giurisdizionale al giudice ordinario e
dal contemporaneo mantenimento di tale competenza in capo ai TAR”, ai
quali venivano altresì attribuite nuove competenze giurisdizionali in
materie correlate ai servizi pubblici e al governo del
territorio.Quanto poi alla denunciata violazione degli artt. 24 e 113
Cost. (e l’osservazione può essere riferita anche alla pretesa
violazione dell’art. 111 Cost.) la Corte costituzionale l’ha esclusa
“dal momento che, da un lato, non è certamente ingiustificata… la
previsione di un termine di decadenza e, dall’altro lato, tale termine
(di oltre ventisei mesi) non è certamente tale da rendere oltremodo
difficoltosa la tutela giurisdizionale”. Analoghe considerazioni
possono essere svolte con riguardo alle censure di violazione del
principio di un processo equo e giusto, così come enunciato dalle norme
sovranazionali indicate, con la precisazione che appare del tutto fuori
luogo il riferimento fatto dalla difesa dei ricorrenti a censure che

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dipendenti privati e dipendenti pubblici i soli soggetti ad un

hanno ad oggetto normative nazionali disciplinanti retroattivamente la
. sorte di situazioni giuridiche preesistenti vantate nei confronti dello
Stato. La disposizione di cui al D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma
17 correttamente riprodotta nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma
7 stabilisce, infatti, a partire dalla sua entrata in vigore un termine

ragionevolezza e congruità non è più possibile dubitare. D’altro canto,
come affermato da queste Sezioni Unite, in tema di pubblico impiego
contrattualizzato, nel regime transitorio di devoluzione del
contenzioso alla giurisdizione ordinaria, spetta al giudice fornito di
giurisdizione, come tale riconosciuto, accertare gli effetti delle
domande proposte oltre il termine del 15 settembre 2000, sancito “a
pena di decadenza” dall’art. 69, comma 7, del D.lgs. n. 165 del 2001
per le controversie relative a questioni attinenti al periodo del
rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998 ( Cass. S.U. 29 maggio
2012 n.8520), sicché è davanti al giudice fornito di giurisdizione, e
non in questa sede in cui le Sezioni Unite sono chiamate a giudicare
esclusivamente della giurisdizione, che può rilevare un eventuale
incompatibilità del predetto art. 69, comma 7, del citato D.Lgs. n. 165
del 2001 con le norme sopranazionali.
I motivi in esame che riguardano gli ex dipendenti cessati dal servizio
in data antecedente al 30 giugno 1998, in base alle esposte
considerazioni vanno conseguentemente rigettati essendo corretta la
declaratoria di carenza di giurisdizione adottata dal giudice
d’appello.

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di decadenza per l’esercizio dei diritti in questione, della cui

Con la terza censura, proposta in relazione alla posizione di alcuni
lavoratori cessati dal servizio in epoca successiva alla predetta data
del 30 giugno 1998, deducendosi,

ex art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e

falsa applicazione degli artt. 1411 e 1920, ultimo comma c.c., si
sostiene la natura autonoma del diritto di credito azionato e la

dall’art. 52, comma 4 CCL Enea, quale diritto quesito discendente
direttamente ed immediatamente dalla polizza assicurativa.
La censura è infondata.
E’ sufficiente richiamare e ribadire quanto in proposito osservato da
questa Corte in fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente (V.
per tutte Cass. 24 marzo 2010 n.7035 e 7038 cit. nonché Cass. 18 marzo
2010 n. 6573) In particolare va rimarcato, ferma restando, come
rilevato in precedenza. la natura non previdenziale del credito di cui
trattasi che la L. n. 70 del 1975, art. 14, comma 2, ha stabilito che
“i fondi integrativi di previdenza previsti dai regolamenti di taluni
enti sono conservati limitatamente al personale in servizio o già
cessato dal servizio alla data di entrata in vigore della presente
• legge”.
La L. n. 84 del 1982, art. 8, comma 1, ha disposto però che “il
trattamento giuridico ed economico del personale dipendente dall’ENEA è
regolato sulla base di un contratto collettivo di lavoro di durata
triennale, da stipularsi con le organizzazioni sindacali nazionali
maggiormente rappresentative. Fino all’entrata in vigore del primo
contratto collettivo, il rapporto di lavoro dei dipendenti è regolato

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relativa intangibilità ed indifferenza rispetto alle modifiche previste

dalla disciplina vigente sulla base della L. 20 marzo 1975, n. 70”.
Pertanto la previsione dell’art. 52 del CCNL del 1982, laddove

stabilisce che “i dipendenti che, alla data di entrata in vigore del
presente contratto usufruiscono del trattamento integrativo di
previdenza in forma assicurativa in essere presso l’Enea, conservando

del precedente ordinamento in base alla relativa normativa”, da un lato
da esecuzione a quanto disposto dalla citata L. n. 84 del 1982, art. 8,
comma 1, e, dall’altro, conferma i diritti (di natura retributiva e non
previdenziale) già acquisiti dai lavoratori interessati.
Conseguentemente la quantificazione del trattamento integrativo nei
termini indicati dalla contrattazione collettiva non può essere
considerata una illegittima

reformatio in peius

rispetto a quanto

previsto dall’art. 14 della legge n. 70 del 1975.
A tanto va aggiunto che la rilevata stretta inerenza sostanziale dei
diritti azionati al rapporto di impiego, tale che la contribuzione non
è altro che una parte della prestazione retributiva, sulla quale non
incide, come detto, la presenza di alcune clausole del contratto di
assicurazione che avrebbero un contenuto qualificabile come
strettamente previdenziale, esclude l’applicabilità, nella specie,
della disciplina di cui al denunciato art. 1920 c.c. che attiene alla
diversa ipotesi dell’assicurazione sulla vita a favore di un terzo.
Né va sottaciuto che, comunque, secondo giurisprudenza, qui da
ribadire, di questa Corte, nel contratto assicurativo con designazione
del beneficiario, il diritto all’indennizzo nasce direttamente nel

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il trattamento stesso nel valore maturato nell’ultimo mese di vigenza

patrimonio del beneficiario come autonomo credito nei confronti
.dell’assicuratore (per tutte Cfr. Cass. S.U. 2 aprile 2007 n. 8095),
mentre nel caso in esame il diritto è fatto valere nei confronti
dell’assicurato.
Non sono, quindi, configurabili diritti quesiti nei termini dedotti con

Il motivo all’esame va, quindi, rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza dei ricorrenti e
vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese del presente giudizio liquidate in E.3000,00 per compensi, oltre
spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio delle Sezioni Unite del
28 aprile 2015

il presente motivo.

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