Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10184 del 30/04/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10184 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 2619-2007 proposto da:
CORTESE PASQUALE C.F.CRTPQL41A20E791I, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA 15, presso lo
studio dell’avvocato VICINI DOMENICO, rappresentato e
difeso dall’avvocato D’ALESSANDRO COSIMO;
– ricorrente contro

2013
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BUFFON PIERANTONIO;
– intimato sul ricorso 5850-2007 proposto da:

BUFFON

PIERANTONIO

C.F.

BFFPNT43A04E473Q,

Data pubblicazione: 30/04/2013

i

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIGRE’ 37,
presso lo studio dell’avvocato CAFFARELLI FRANCESCO,
che lo rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

PIAZZA ADRIANA 15, presso lo studio dell’avvocato
VICINI DOMENICO, rappresentato e difeso dall’avvocato
D’ALESSANDRO COSIMO;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 355/2006 della CORTE D’APPELLO
di TRIESTE, depositata il 28/06/2006 R.G. N. 355/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/01/2013 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito l’Avvocato Caffarelli Francesco difensore di
Buffon Pierantonio che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso incidentale e del controricorso ed il rigetto
del ricorso principale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale e l’assorbimento del
ricorso incidentale.

7,

CORTESE PASQUALE, elettivamente domiciliato in ROMA,

SVOLGIMENTC DEL PROCESSO
Pierantonio Buffon, partecipante all’omonimo condominio sito in Latisana
e costituito con la sorella Paola, avendo saldato per la propria quota un debito
di quest’ultima per consumi energetici dal 1988 al 1992, conveniva in

condominio nel periodo rilevante e comunque fino al 1994, addebitandogli di
non aver intrapreso le iniziative necessarie a recuperare la somma dalla
condomina debitrice. Chiedeva, pertanto, la condanna del convenuto al
pagamento della somma di lire 8.320.000, oltre accessori.
Nel resistere in giudizio il convenuto deduceva di aver assunto la carica di
amministratore solo nel 1993, e di aver chiesto e ottenuto in allora, sulla base
di un’apposita autorizzazione dell’assemblea condominiale, un decreto
ingiuntivo nei confronti di Paola Buffon, successivamente escussa senza esito.
Respinta dal Tribunale, la domanda era accolta, invece, dalla Corte
d’appello di Trieste, la quale, ritenuta la semiplena probatio sul fatto che il
Cortese avesse rivestito la carica di amministratore sin dal 1988, disponeva su
tale circostanza il giuramento suppletorio, che Pierantonio Buffon prestava.
Pacifico che il Cortese amministrasse le spese di interesse comune ai
conduttori (tra i quali doveva includersi anche Paola Buffon, che abitava in un
immobile di sua proprietà), e controverso e decisivo, invece, che egli fosse
stato nominato a- mministratore del condominio nel 1982 da Pierantonio e
Paola Buffon, la Corte giuliana riteneva raggiunta, ma non del tuLto appagante
ai fini della decisione, la prova sui seguenti fatti: il convenuto firmava i
bilanci preventivi e consuntivi dall’esercizio 1988/1989 a quello 1991/1992
qualificandosi come amministratore, e vi apponeva il proprio timbro lineare e
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giudizio, innanzi al Tribunale di Udine, Pasquale Cortese, amministratore del

quello tondo attestante la sua iscrizione all’Associazione nazionale degli
amministratori di immobili; egli intestava all’amministrazione condominiale
gli inviti che diramava per la convocazione dell’assemblea di condominio e i
moduli di delega- da utilizzare eventualmente; infine, l’amministrazione svolta

servizio di riscaldamento, ma anche altre voci di spesa non gravanti sui
conduttori. Osservava, inoltre, che l’unica prova testimoniale avente ad
oggetto il suddetto fatto decisivo e controverso era inammissibile, ai sensi
dell’art.345, terzo comma c.p.c., in quanto dedotta per la prima volta in
appello.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre Pasquale Cortese.
Resiste con controricorso Pierantonio Buffon, che propone altresì
impugnazione incidentale, cui a sua volta il ricorrente resiste con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Preliminarmente i due ricorsi vanno riuniti, ai sensi dell’art.335 c.p.c.,

perché proposti contro la medesima sentenza.
2. – Nel proprio controricorso parte ricorrente eccepisce l’inammissibilità
del controricorso e del ricorso incidentale, in quanto notificati il 23.2.2007,
vale a dire due giorni dopo la scadenza del termine, previsto dall’art.370
c.p.c., di gg.40 dalla notifica del ricorso principale, avvenuta 1’11.1.2007.
Soggiunge che nel caso di specie la notificazione è stata eseguita a norma
della legge n.53194, la quale non prevede il meccanismo di anticipazione degli
effetti della notificazione stessa per il notificante al momento della consegna
dell’atto all’ufficiale giudiziario, con la conseguenza che la scissione del
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dal Cortese, come provato dai bilanci, riguardava non solo la bestione del

momento perfezionativo della notifica per il notificante rispetto alla data in
cui la notifica stessa si perfeziona per il destinatario, scissione prevista nel
caso di notificazioni eseguite nei modi ordinari, non opera nell’ipotesi di
notifica effettuata ai sensi della precitata legge.

Essa ripropone una questione esaminata e risolta da vari precedenti di
questa Corte, ai quali il ricorrente non oppone, prescindendone del tutto,
argomentazioni di contrasto.
E’ stato, infatti, ritenuto che in tema di notificazione a mezzo del servizio
postale, il principio, derivante dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte
costituzionale, secondo cui la notificazione a mezzo posta deve ritenersi
perfezionata per il notificante con la consegna dell’atto da notificare
all’ufficiale giudiziario, ha carattere generale, e trova pertanto applicazione
anche nell’ipotesi in cui la notifica a mezzo posta venga eseguita, anziché
dall’ufficiale giudiziario, dal difensore della parte ai sensi dell’art. 1 della
legge n. 53 del -1994, essendo irrilevante la diversità soggettiva dell’autore
della notificazione, con l’unica differenza che alla data di consegna dell’atto
all’ufficiale giudiziario va in tal caso sostituita la data di spedizione del piego
raccomandato, da comprovare mediante il riscontro documentale
dell’avvenuta esecuzione delle formalità richieste presso l’Ufficio postale, non
estendendosi il potere di certificazione, attribuito al difensore dall’art. 83
c.p.c. alla data dell’avvenuta spedizione, e non essendo una regola diversa
desumibile dal sistema della legge n. 53 del 1994. (In applicazione di tale
principio, la S.C. ha ritenuto tempestivamente proposto un ricorso per
cassazione spedito al sessantesimo giorno dalla notifica della sentenza, come
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2.1. – L’eccezione è infondata.

da attestazione dell’ufficio postale apposta su “striscette” meccanizzate
applicate alle buste recanti le copie del ricorso notificate ai controricorrenti e
da questi prodotte) (Cass. n. 17748/09; nello stesso senso, Cass. nn. 24041/09
e 6402/04).

legge n.53/94 il 20.2.2007, vale a dire lo stesso giorno di scadenza del termine
di cui all’art.370 c.p.c. — essendo stato notificato il ricorso principale
1’11.1.2007 — e dunque tempestivamente.
3. – Col primo motivo parte ricorrente deduce la violazione del principio di
ragionevolezza e la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2736, n. 2,
1105, 1106, 1129, 1130, 1131, 1137, 1139, 1387, 1392, 1362 e 1363 c.c.,
nonché dell’art. 240 c.p.c., e il vizio motivazionale, in relazione ai nn. 3 e 5
dell’art. 360 c.p.c.
Allegata come contraddittoria la motivazione della sentenza impugnata
nella parte in cui avrebbe affermato come pacifico o comunque provato che il
Cortese amministrasse per conto dei soli inquilini le spese a loro carico, per
poi concludere nel senso che la documentazione prodotta costituisse un
insieme serio di elementi probatori, non tale tuttavia da dirimere ogni dubbio,
il ricorrente formula il seguente quesito ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c.
(applicabile ratione temporis alla fattispecie): “il postulato (da cui muove il
ragionamento motivatorio della Corte territoriale) che il Cortese, per il
periodo 1987/1992, avesse ‘amministrato le spese di interesse comune tra i
conduttori’ come provato per tabulas dalle lettere di convocazione dei soli
inquilini e dai bilanci consuntivi delle spese ripartite solo tra gli stessi,
consente, poi, di affermare che tale documentazione, a dispetto del chiaro
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Nella specie il controricorso è stato notificato dal difensore ai sensi della

testo letterale, costituisca semiplena probatio del fatto (diverso) che avesse
amministrato anche per conto dei due condomini?”.
4. – Il secondo motivo denuncia la violazione del plincipio di
ragionevolezza e la violazione e falsa applicazione degli artt. 1105, 1106,

disposto di cui agli artt. 1576 c.c. e art. 9 della legge n.392/78 in relazione ai
canoni di ermeneutica interpretativa di cui agli artt. 1362, 1363, 1364 e 1365
c.c., nonché dell’art.240 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., e la
“erronea interpretazione delle prove documentali”.
Contestata la valutazione della Corte territoriale sugli elementi di fatto
emersi, e proposta di questi ultimi a lettura alternativa, parte ricorrente
termina il motivo col seguente quesito: “i verbali di assemblea dd. 14.1.93 e
23.6.94 comprovanti rispettivamente la nomina e le dimissioni del Cortese
dalla carica di amministratore del condominio “Buffon”, da un lato, e i conti
preventivi e consuntivi concernenti la ripartizione delle spese di
riscaldamento, di acqua fredda e calda e di manutenzione ordinaria
(sostituzione tappeto) tra i soli inquilini, e le lettere di convocazione
dell’assemblea dei soli inquilini, dall’altro, possono, in stretta osservanza dei
canoni di ermeneutica stabiliti dagli artt.1362, 1363, 1364, 1365 e 1366 c.c.,
costituire una `semiplena probatio’ del fatto che il Cortese avesse assunto dal
1982 la qualità r_!’ amministratore del Condominio c.d. ‘minimo’ denominato
`Buffon’ così da giustificare il deferito giuramento?”.
5. – Col terzo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli arti.
1105, 1106, 1129, 1130, 1131, 1137, 1139, 1387, 1392, 2736 n. 2 e 2697 c.c.
nonché degli artt. 77 e 240 c.p.c., in relazione all’art. 360, n.3 c.p.c.
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1129, 1131, 1137, 1139, 1387, 1392, 2697, 2736 n. 2 c.c., del combinato

Sostiene parte ricorrente che nella specie ricorre non già un “condominio”,
ma una “comunione”, il che esclude l’applicabilità degli artt. 1129, 1130 e
1131 c.c., applicandosi, invece, per il rinvio contenuto dall’art. 1139 c.c., gli
artt. 1105 e 1106 c.c. Richiama, L idindi, Cass. n. 4721/01, secondo cui

condomini minimi) non si applica la disciplina dettata dall’art.1136 cod. civ.,
la quale richiede per la regolare costituzione dell’assemblea e per la validità
delle relative delibere maggioranze qualificate con riferimento al numero dei
partecipanti al condominio ed in rapporto al valore dell’edificio condominiale;
ma, in forza della norma di rinvio contenuta nell’art.1139 cod. civ., le
deliberazioni di detto condominio, ivi comprese quelle attinenti la nomina
dell’amministratore, sono soggette alla regolamentazione prevista dagli artt.
1105 e 1106 cod. civ. per l’amministrazione della comunione in generale, di
cui il condomin1:9 di edifici costituisce una specie.
Segue il quesito: “versandosi in ipotesi di comunione — ovvero del c.d.
Condominio minimo — e dovendo trovare applicazione la norma di cui
all’art.1106 c.c., anziché quella dell’art. 1 131 c.c., l’amministratore
eventualmente nominato, essendo sfornito di rappresentanza processuale,
poteva legittimamente promuovere azione giudiziaria nei confronti della
mandante e comproprietaria in assenza di uno specifico potere conferito per
iscritto come espressamente sancito dall’art.77 c.p.c.?”.
6. – Con il quarto motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1105, 1106, 1129, 1130, 1131, 1137, 1139, 1387,
1392, 2736, n. 2 – e 2697 c.c., nonché degli artt. 112 e 240 c.p.c., e il vizio di
omessa motivazione, in relazione ai nn. 3, 4 e 5 dell’art. 360 c.p.e.
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nell’ipotesi di un condominio costituito da soli due condomini (cosiddetto

Si sostiene che la Corte territoriale ha formulato il giuramento decisorio su
di una circostanza nuova e comunque estranea all’oggetto del contendere,
ampliando, in violazione dell’art.112 c.p.c., la res controversa quanto
all’esistenza del condominio (che non sarebbe stato esistente fino al 1993) e al

come dedotto dall’attore.
Segue il cesito: “avendo l’attore espressamente affermato, con l’atto
introduttivo del giudizio, che il Cortese aveva amministrato dal 1987 il
“fabbricato Buffon” (ovvero la comunione) poteva il giudice d’appello,
surrettiziamente introdurre, d’ufficio e/o mediante la formula del giuramento
suppletorio, un nuovo thema probandi in ordine ad una diversa e nuova causa
petendi senza incorrere nella violazione dell’art.112 c.p.c. e 111 Cost.,
ovvero, poteva la Corte d’appello ammettere il giuramento suppletorio sul
fatto che il Cortese fosse stato nominato amministratore del condominio
Buffon dal 1982 anziché del fabbricato Buffon dal 1987, come enunciato
dall’attore senza neppure indicare gli elementi costituenti la `semiplena
probatio’ del nuo-vo fatto costituente oggetto del giuramento suppletorio?”.
7. – Col quinto motivo è dedotta la violazione del principio di
ragionevolezza e violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. e
degli artt. 2736 n.2, 2697, 1105, 1106, 1129, 1130, 1131 c.c. nonché
dell’art.240, 345, 3 0 comma c.p.c. in relazione all’art.360 nn. 3 e 5 c.p.c.,
nonché l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione.
Dichiarata l’inammissibilità ex art. 345 c.p.c. del capitolo di prova n. 13
perché proposto per la prima volta in appello, la Corte distrettuale non poteva
sanarla surrettiziamente attraverso il deferimento del giuramento suppletorio.
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fatto che il Cortese ne sarebbe stato amministratore dal 1982 e non dal 1987,

Formula, pertanto, il seguente quesito: “la Corte d’appello, dopo aver ai
sensi dell’art. 345 c.p.c. dichiarato l’inammissibilità del capitolo sub 13,
poteva — senza la benché minima motivazione sul punto — legittimamente e
ragionevolmente deferire il giuramento suppletorio su tale capitolo senza

dell’art.111 Cost.?”.
8. – Il sesto motivo denuncia la violazione del principio di ragionevolezza e
la violazione falsa applicazione degli artt. 2736 n.2, 2697, 1103, 1106, 1129,
1130, 1131, 1392 c.c. e 63 disp. att. c.c.. 93 legge fall., nonché degli artt. 77 e
240 c.p.c. in relazione all’art.360, nn. 3 e 5 c.p.c., e l’illogicità e
contraddittorietà della motivazione.
Il motivo sfocia nel seguente quesito: “il Cortese, pur essendo sfornito
della formale nomina di amministratore del c.d. condominio minimo Buffon
(art. 1106 c.c.) e della rappresentanza processuale (art. 77 c.p.c.), poteva,
prima del 1993 e sulla base dei conti consuntivi di ripartizione delle sole spese
ordinarie tra gli inquilini non approvate dall’assemblea dei condomini, ma dei
soli inquilini proporre ricorso per decreto ingiuntivo o domanda di
ammissione al passivo del fallimento di Buffon Paola come preteso dall’attore
e statuito dalla Corte territoriale?”.
9. – Col settimo motivo è dedotta la violazione del principio di
ragionevolezza e la violazione e falsa applicazione degli artt. 2736 n.2, 2697,
1105, 1106, 1129, 1130, 1131 c.c. in relazione agli artt. 3, 24, 111 Cost.
nonché degli artt. 240, 345, 346, 356, 359 e 184 c.p.c., in relazione ai nn. 3 e 4
dell’art.360 c.p.c.

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incorrere nella sostanziale violazione, oltre che dell’art. 345 c.p.c., anche

Segue il quesito: “la Corte territoriale, nel pronunciare l’ordinanza di
deferimento del giuramento suppletono all’appellante, poteva legittimamente
omettere di assegnare all’appellato un termine perentorio per consentirgli di
dedurre i propri mezzi di prova come espressamente stabilito dall’art.184

alcuna spiegazione?”.
10. – Con l’ottavo motivo parte ricorrente deduce la violazione del
principio di ragionevolezza e la violazione e falsa applicazione degli artt.
2736n.2, 2697, 1105, 1106, 1129, 1130, 1131 c.c in relazione agli artt. 3, 24e
111 Cost. nonché degli artt. 240, 345, 346, 356, 359 e 184 c.p.c. in relazione
all’art. 360, nn. 3 e 4 c.p.c.
Formula al riguardo il seguente quesito: “la Corte d’appello di Trieste, nel
consentire all’appellante di provare, mediante il giuramento suppletorio, la
circostanza di atto di cui al capitolo di prova sub n.13, tardivamente
formulato nell’atto di citazione d’appello e per tale motivo dichiarato
inammissibile ai sensi dell’art.345 c.p.c., poteva legittimamente rigettare le
prove testimoniali formulate ai sensi dell’art. 2697, II comma c.c.,
dall’appellato a sostegno della propria eccezione di difetto di legittimazione
passiva?”.
11. – Col nono mezzo è censurata la violazione del principio di
ragionevolezza e la violazione e falsa applicazione degli artt. 2736 n.2, 2697,
1105, 1106, 1129, 1130, 1131 c.c. in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost.,
nonché degli artt. 240, 345, 346, 356, 359 e 184 c.p.c., in relazione all’art.
360, nn. 3 e 4 c.p.c.

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c.p.c., ultimo comma c.p.c. all’epoca certamente vigente e senza fornire

Sostiene parte ricorrente che la Corte territoriale nel disporre il giuramento
suppletorio ha da un lato consentito alla parte attrice la prova di un fatto
nuovo (corrispondente al cap. di prova n.13 non ammesso, appunto, perché
formulato per la prima volta in appello, in violazione dell’art.345, 3 0 comma

dell’assemblea dei conduttori del 26.4.1989, volta a contrastare il medesimo
fatto.
Il motivo mette capo al seguente quesito: “la Corte territoriale, dopo aver
consentito all’appellante di fornire, mediante giuramento suppletorio, la prova
del fatto nuovo (dedotto per la prima volta con il capitolo di prova sub n.13)
poteva, senza violare le norme di cui agli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost. e 184
c.p.c., negare alla parte appellata il diritto di fornire la prova contraria e,
quindi, escludere dal corredo probatorio il verbale di assemblea dd.
26.4.1989?”.
12. – Col decimo motivo parte ricorrente denuncia la violazione del
principio di ragionevolezza e la violazione degli artt. 2697, 1105, 1106, 1129,
1130, 1131 e 1227, comma 2 c.c. e dell’art.93 legge fall. in relazione all’art.
360, n. 3 c.p.c.
Pierantonio Buffon, si sostiene, avrebbe potuto e dovuto evitare i danni di
cui chiede il ristoro semplicemente presentando egli stesso istanza di
ammissione al passivo del fallimento della sorella, essendo a ciò legittimato.
Segue il quesito: “la Corte territoriale poteva legittimamente condannare il
Cortese, peraltro sfornito di rappresentanza processuale ex art.77 c.p.c., a
risarcire al Sig _Ruffon Pierantonio i danni da lui assuntamente subiti per
effetto della mancata insinuazione al passivo del Fallimento della sorella
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c.p.c.), e dall’altrn ha impedito alla parte convenuta la produzione del verbale

Paola che, invece, avrebbe potuto evitare depositando lui stesso la relativa
istanza essendo legittimato sia sul piano sostanziale che processuale?”.
13. – Con l’undicesimo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione
degli artt. 2697, 1105, 1106, 1129, 1130, 1131, 1223, 1225 e 1227, comma 2

l’omessa motivazione.
Segue il quesito: “la Corte, anche ad ammettere che il Cortese fosse
obbligato (nonostante il suo difetto di rappresentanza processuale ex artt. 77
c.p.c. e 1106 c.c. e il difetto di titolo idoneo — verbale di assemblea dei
condomini — nei confronti di Buffon Paola) a depositare la domanda
d’insinuazione al passivo ex art.93 legge fall., poteva legittimamente e cioè
senza violare le norme di cui agli artt. 1223, 1225 e 1227, comma 2 c.c.
condannarlo a pagare al Buffon la somma di € 4.328,90 in assenza della prova
della capienza dell’attivo fallimentare e, quindi, della possibilità di soddisfare
tale credito?”.
14. – Infine, parte ricorrente solleva questione d’illegittimità costituzionale
degli artt. 2736, n. 2 c.c. e 240 c.p.c. in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.,
considerata l’attenuazione del vincolo morale derivante dal giuramento (che
renderebbe non più attuale l’orientamento espresso da Corte cost. n.57/62, che
aveva dichiarato infondata la questione) e, soprattutto, gli impegni assunti
dallo Stato in sede comunitaria con la formulazione del nuovo art. 111 Cost.,
vanificato dal provvedimento con cui il giudice, disponendo il giuramento
suppletorio, viene in soccorso di una delle parti, con un conseguente vulnus al
suo ruolo terzo e al principio della parità delle parti stesse.

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c.c. e dell’art.93 legge fall. in relazione all’art.360, nn. 3 e 5 c.p.c., nonché

15. – Col primo motivo del ricorso incidentale Pierantonio Buffon deduce
la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art.
360, nn. 3 e 4 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di condanna del
Cortese alla restituzione delle spese di primo grado, pagate per compulsum.

corrispondenza tra chiesto e pronunciato si chiede alla Corte se il Giudice
doveva pronunciarsi sulla domanda di condanna del sig. Cortese alla
restituzione delle spese di primo grado corrisposte in conseguenza della
notifica dell’atto di precetto in appello ed al solo fine di evitare
l’esecuzione?”.
16. – Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione e
falsa applicazione dell’art.91 c.p.c., in relazione ai nn. 3 e 4 dell’art.360 c.p.c.
Formula al riguardo il seguente quesito: “prevedendo l’art.91, comma 1
c.p.c. la condanna della parte soccombente al rimborso delle spese ed onorari
a favore dell’altra parte, poteva il Giudice compensare le spese di lite senza
addurre adeguata motivazione?”.
17. – Il primo motivo e il relativo quesito sono inammissibili sia perché il
ricorrente manipola a proprio uso la motivazione della sentenza impugnata,
snaturandone il senso per renderlo attaccabile, sia perché il motivo opera una
commistione

izi di cui ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c., per poi chiudere la

censura, in maniera per di più poco concludente, con una sintesi mirata al solo
il vizio motivazionale.
17.1. – Sotto il primo aspetto va osservato che la motivazione della
sentenza impugnata, come sopra sintetizzata in parte narrativa, non ricava la

semiplena probatio della domanda dal fatto che Pasquale Cortese avesse
14

Questo il quesito: “prevedendo l’art. 112 c.p.c. il principio di

amministrato le spese di interesse comune dei conduttori, ma dalla circostanza
che egli nei propri atti (bilanci, corrispondenza e redazione di modulistica)
avesse speso, sia pure senza mcg113 precisarla, la propria qualità di
amministratore di immobili e di iscritto alla relativa associazione nazionale; e

riscaldamento, ma avesse amministrato anche voci di spesa non gravanti sui
conduttori.
17.2. – Il secondo profilo, invece, evoca la giurisprudenza di questa Corte
per cui, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la
sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle
diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc.
civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione
sotto profili inerrnpatibili, quali quell’o della violazione di norme di diritto,
che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve
decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di
motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in
discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di
motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e
l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica
indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe
stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che
richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza
impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione
diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezza.uento delle
risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al
15

che, inoltre, non si fosse limitato alla sola gestione delle spese di

giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente
proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati
dall’art. 360 cod. proc. civ., per poi ricercare quale o quali disposizioni
sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al

lagnanze del ric&rente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass.
nn. 19443/11; in senso sostanzialmente analogo, v. Cass. S.U. n. 5624/09, che
nell’ipotesi di cumulo di motivi richiede la formulazione di quesiti
differenziati, e Cass. n. 15242/12, la quale ritiene ammissibile il ricorso per
cassazione nel quale si denunzino con un unico articolato motivo
d’impugnazione vizi diversi, qualora lo stesso si concluda con una pluralità di
quesiti, ciascuno dei quali si riferisca al singolo profilo dedotto, e sintetizzi le
ragioni illustrate nel motivo in modo da consentire alla Corte di rispondere
con l’enunciazione di una regula iuris idonea a trovare a applicazioni ulteriori
al di là del caso sottoposto all’esame dy-1 giudice che ha emesso la pronuncia
impugnata).
18. – Anche la seconda censura non può essere accolta, sia in quanto
propone una — per di più inammissibile — rilettura critica dei fatti di causa, al
dichiarato scopo di contrastare una “erronea” valutazione del materiale
probatorio; sia perché suppone, senza conforto alcuno nella giurisprudenza di
questa Corte, che l’errata valutazione delle prove produca la violazione delle
norme applicate (o di quelle che si sarebbero dovute applicare).
Al contrario — ovvia l’estraneità al giudizio di cassazione delle questioni
inerenti alla valutazione delle prove — il vizio di violazione e falsa
applicazione della legge di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.,
16

giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle

giusta il disposto di cui all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., deve
essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione
delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che
motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della

legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla
S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento
della denunziata violazione (v. per tutte e da ultimo, Cass. n. 3010/12).
19. – Il terzo ed il sesto motivo, da trattare insieme per la loro sostanziale
ripetitività, sono infondati per due diverse ragioni.
19.1. – La prima è data dal fatto che le S.U. di questa Corte, con arresto n.
2046/06, hanno risolto il contrasto insorto in materia di rimborso delle spese
per la conservazione delle cose comuni nel caso di condominio composto da
due soli partecipanti (c.d. “condominio minimo”), circa l’applicabilità dell’art.
1110 c.c. ovvero dell’art. 1134 c.c. E’ stato affermato al riguardo che la
disciplina dettata dal codice civile per il condominio di edifici trova
applicazione anche in caso di condominio minimo, cioè di condominio
composto da due soli partecipanti, Lino con riguardo alle disposizioni che
regolamentano la sua organizzazione interna, non rappresentando un ostacolo
l’impossibilità di applicare, in tema di funzionamento dell’assemblea, il
principio maggioritario, atteso che nessuna norma vieta che le decisioni
vengano assunte con un criterio diverso, nella specie all’unanimità, quanto, a

fortiori, con riferimento alle norme che regolamentano le situazioni soggettive
dei partecipanti, tra cui quella che disciplina il diritto al rimborso delle spese
fatte per la conservazione delle cose comuni.
17

fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di

19.2. – Oltre a ciò, le censure sono inconcludenti. La Corte d’appello ha
ritenuto che il Cortese non abbia invitato l’attore alle assemblee (v. pag. 18
sentenza impugnata), sicché questi non era stato avvertito in tempo della
morosità dell’altra condomina; ne consegue che, presupposto l’incarico di

derivante dalla violazione degli obblighi del mandatario sarebbe comunque
provata.
20. – Il quarto ed il quinto motivo, da trattare insieme per la comune
inerenza alla questione dell’ammissibilità del disposto giuramento
suppletorio, sono fondati nei termini che seguono.
Il giuramento. in entrambe le ipotesi previste dalla legge (decisorio e
suppletorio/estimatorio: art. 2736 c.c.), consiste in una dichiarazione di verità
o di scienza, la quale, come si ricava dall’art. 2739, cpv. c.c., ha ad oggetto un
fatto proprio della parte cui è deferito, ovvero un fatto comune ad entrambe le
parti, nel qual caso esso è riferibile, ovvero ancora la conoscenza di un fatto
altrui. In ogni caso, il factum probandum deve essere inteso in senso storico
ed oggettivo, esclusi, pertanto, i fatti che coinvolgano in modo diretto
l’esistenza o l’inesistenza di un rapporto o di una situazione soggettiva. In tal
senso si è espressa la giurisprudenza di questa Corte lì dove ha affermato più
volte che il giuramento – sia esso decisorio o suppletorio – non può essere
deferito al fine ku ottenere dichiarazioni sull’esistenza o inesistenza di un
rapporto giuridico o di una situazione giuridica, né per provocare l’i-spressione
di apprezzamenti od opinioni, specialmente se questi comportino la
valutazione di situazioni giuridiche; infatti, la sua formula deve avere ad
oggetto circostanze specifiche, percepibili dal giurante con i sensi o con
18

amministrazione condominiale e la sua accettazione, la responsabilità

l’intelligenza, cioè fatti storici (cfr. Cass. nn. 5163/93, 5345/87, 5192/87,
5799/83, 5296/81, 4426/79, 3307/78, 2478/74).
20.1. – Nel caso in esame il fatto oggetto del giuramento deferito dalla
Corte territoriale a Pierantonio Buffo.. (l’essere stato il Cortese — si ricava

Pierantonio e da Buffon Paola), solo in apparenza possiede i connotati di
storicità e di riferibilità al giurante. In realtà, (i) la nomina non implica
l’accettazione, la quale soltanto, concludendo il contratto, fa sorgere gli
obblighi del mandatario; (ii) l’accettazione, anche a supporla implicita nel
capitolo, è un atto negoziale (e non già un fatto storico) proprio soltanto
dell’altra parte, cioè di quella cui non è stato deferito il giuramento; (iii) a sua
volta la stessa nomina è comune non alle parti, ma al solo Pierantonio Buffon
e alla sorella di lui, Paola; (iv) infine, le parti controvertono anche e
soprattutto sulla .:feribilità giuridica dell’attività di amministrazione svolta, se
cioè esercitata verso i soli conduttori, per ripartire le spese a loro comuni,
oppure se riguardante l’intera gestione dello stabile condominiale. Tutto ciò
considerato, appare evidente che l’oggetto qualificante e decisivo del
giuramento così come congegnato dalla Corte di merito risiede non in un fatto
storico, ma in un atto giuridico (l’accettazione della nomina ad
amministratore) proprio non della parte cui è stato deferito il giuramento, ma
dell’altra, e per di più produttivo di un rapporto di incerto contenuto
obbligatorio.
Pertanto, nel deferire il giuramento suppletorio sul capitolo anzi detto, la
Corte territoriale è incorsa in una paradigmatica falsa applicazione (non
dell’art. 2736, n. 2 c.c. richiamato dalla parte ricorrente, ma) Lidi” art. 2739,
19

dalla sentenza — nominato amministratore nel 1982 dallo stesso Buffon

cpv. c.c., perché ha supposto derivabile da detta norma una conseguenza
applicativa non consentita.
21. – L’accoglimento dei suddetti motivi assorbe l’esame sia delle restanti
censure del ricorso principale, sia del ricorso incidentale.

altra sezione della Corte d’appello di Trieste, che provvederà anche sulle
spese del preserite giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 385, 3° comma
C.p.C.

P. Q. M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie per quanto di ragione il ricorso
principale, assorbito quello incidentale, cassa la sentenza impugnata con
rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Trieste, che provvederà anche
sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 9.1.2013.

22. – Conseguentemente, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad

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