Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10184 del 28/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 28/04/2010, (ud. 21/04/2010, dep. 28/04/2010), n.10184

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 33248-2006 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo

studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e difende,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE

MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato BAUZULLI FILIPPO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FORTUNATO LORIS,

giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2413/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 28/11/2005 r.g.n. 916/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato GENTILE GIOVANNI per delega ROBERTO PESSI;

udito l’Avvocato BAUZULLI FILIPPO (solo presenza);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Lecce confermava la sentenza di primo grado con la quale era stata accolta la domanda proposta G.M. avente ad oggetto l’accertamento della sussistenza di rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra esso G. e la società Poste Italiane con conseguente condanna della società alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al pagamento delle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento.

La predetta Corte poneva a base della decisione il rilievo fondante che dalla istruttoria espletata emergeva “inequivocabilmente la sussistenza nella specie degli elementi distintivi tipici della subordinazione risultando provato che il G. non fu incaricato giornalmente (come previsto dalla L. n. 370 del 1974, art. 12) ovvero per un certo arco temporale via via prorogato, per il disbrigo dell’attività di registrazione e recapito; l’appellato al contrario, era una figura stabile nell’ambito dell’organizzazione dell’ufficio, ciò anche nelle ore pomeridiane nelle quali era tenuto a mantenersi a disposizione per curare ulteriori consegne”.

Avverso tale sentenza la società Poste italiane ricorre in cassazione sulla base di un’unica censura illustrata da memoria.

Resiste con controricorso la parte intimata che deposta anche memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unica censura la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c. nonchè vizio di motivazione.

Allega la società che il giudice di appello: non ha considerato che il rapporto di cui trattasi era sorto L. n. 370 del 1974, ex art. 12;

non ha tenuto conto dell’occasionalità del rapporto; della non sussistenza dei requisiti necessari per la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato; della volontà della parti; della richiesta di esibizione ex art. 210 c.p.c. di documentazione ai fini dell’aliunde perceptum.

La censura è infondata.

Invero, è giurisprudenza di questa Corte che nel caso in cui la prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione, come nella specie trattandosi di addetto a recapito della corrispondenza, ed al fine della distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato il criterio rappresentato dall’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare non risulti, in quel particolare contesto, significativo, per la qualificazione del rapporto di lavoro occorre far ricorso a criteri distintivi sussidiar, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti) e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore, desunto anche dalla eventuale concomitanza di altri rapporti di lavoro (Cass. 21 gennaio 2009 n. 1536).

Orbene la Corte del merito si è attenuta alla predetta regola dando rilievo: alla continuità del rapporto (attività espletata in modo ripetitivo tutti i giorni dal lunedì al sabato e partire dall’anno 1996), all’inserimento del lavoratore nell’ambito dell’organizzazione stabile dell’ufficio postale anche nelle ore pomeridiane nelle quali era tenuto a mantenersi a disposizione”, alla assenza di altri concomitanti rapporti di lavoro ed al rispetto di un orario di lavoro.

Quanto alla critica relativa alla valutazione delle emergenze istruttorie è sufficiente rilevare che si tratta di un accertamento di fatto che in quanto sorretto da congrua motivazione si sottrae al sindacato di questa Corte (Cass. 12 febbraio 2008 n. 3267 e Cass. 27 luglio 2008 n. 20499).

E’ altresì infondato l’assunto del ricorrente secondo il quale la Corte territoriale non avrebbe preso in esame la volontà delle parti, atteso che detta Corte ha rilevato in proposito che “tra le parti non è mai stato stipulato un contratto di lavoro, sicchè non è possibile, come invocato dall’appellante, ricercare la loro volontà comune ai fini della qualificazione del rapporto”. Nè l’accertata mancata stipula di un contratto di lavoro è stata oggetto di specifica censura.

Con riferimento, infine, all’ordine di esibizione di documentazione atta a provare l’aliunde perceptum, mette conto annotare che la società ricorrente, ancorchè lamenti la mancata ammissione, non precisa, in violazione del principio di autosufficienza, l’atto del giudizio di merito dove è stata avanzata la relativa istanza, nè i termini in cui tale istanza è stata prospettata, impedendo, in tal modo, qualsiasi sindacato di legittimità al riguardo.

Nè infine la Corte del merito, vale la pena di sottolineare, contrariamente a quanto assunto dalla ricorrente, omette di esaminare l’ipotesi di cui alla L. n. 370 del 1974, art. 12. Infatti il giudice di appello esclude la configurabilità della previsione in esame sul rilevo che il G. non veniva incaricato quotidianamente come prescritto dal citato art. 12, ovvero per un certo arco temporale via via prorogato, al contrario, afferma detto giudice, il G. era una figura stabile nell’ambito della organizzazione dell’ufficio.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 10,00, oltre Euro 2.000,00 per onorario e oltre spese IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010

 

 

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