Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10183 del 19/05/2015


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Civile Sent. Sez. U Num. 10183 Anno 2015
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

Data pubblicazione: 19/05/2015

SENTENZA

sul ricorso 11480-2011 proposto da:
BATTELLA
2015

BILARDI

188

erede di

CLETO,
MARIA,

PERINI
BIZZARRI

Iaiani Marcello,

AUGUSTO,
GIULIANA,

BARUZZINI GUSEPPE,
nella qualità di

CASELLI GIORGIO, DI STEFANO

ILARIO, LEMBO GUIDO, BONINI NADIA, CHELUCCI FEDERICA,
nella qualità di erede di Chelucci Sauro, CAMPANARI
ANNA, DA ROLD ALDO, DI GIOVANDOMENICO MAURO, BATTAGLIA

MICHELE, CUOCO ALDO, LUPPI RICCARDO, NARDI ROMOLO, BOSI
ROMOLO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CICERONE
44, presso lo studio degli avvocati PAOLO PASCAZI,
GREGORIO ARENA, ANGELO CASILE, che li rappresentano e
difendono, per deleghe in calce al ricorso;

contro

ENEA – AGENZIA NAZIONALE PER LE NUOVE TECNOLOGIE,
L’ENERGIA E LO SVILUPPO ECONOMICO SOSTENIBILE, in
persona del legale rappresentante pro-tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2038/2010 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 28/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/04/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato Amedeo ELEFANTE dell’Avvocatura
Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO, che ha concluso per il
rigetto del primo motivo, inammissibilità del secondo.

– ricorrenti –

RG 11480-2011 N.15 PU 284-15

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Roma, per quanto in questa sede interessa, confermando
la sentenza del Tribunale di Roma, dichiarava il proprio difetto di
giurisdizione in ordine alla domanda svolta dai ricorrenti in epigrafe, quali

giugno 1998, per la condanna di tale Ente al pagamento in favore di ciascuno,
a titolo di risarcimento del danno, delle somme indicate in ricorso, in
ragione della mancata integrazione del trattamento previdenziale liquidato
all’atto della cessazione del rapporto.
A base del decisum la Corte territoriale poneva il fondante rilievo secondo
il quale l’oggetto sostanziale della controversia era rappresentato dalla
esecuzione del contratto assicurativo strettamente collegato al rapporto di
lavoro ed al trattamento di fine rapporto concernente il periodo antecedente
il 1 0 luglio 1998, per cui nella fattispecie trovava applicazione la norma di
cui al D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 69, che, nel dettare la disciplina
transitoria per il passaggio delle controversie di lavoro di pubblico
impiego, attribuiva alla giurisdizione ordinaria le sole controversie
relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo
al 30.6.1998, lasciando alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo quella relativa a questioni, come quella oggetto di causa,
attinenti al periodo antecedente.
Avverso questa sentenza i ricorrenti in epigrafe ricorrono in cassazione
sulla base di due censure.
Resiste con controricorso l’ENEA, Agenzia per le nuove tecnologie, l’energia

ex dipendenti dell’ENEA, cessati dal servizio in epoca antecedente al 30

e lo sviluppo economico sostenibile.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la prima censura i ricorrenti, deducendo violazione dell’art.442, comma
2°, c.p.c. e vizio di motivazione, sostengono la giurisdizione del giudice
ordinario in ragione della natura previdenziale dell’azione proposta in

Col secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa
interpretazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, in relazione
agli artt. 3, 10, 111 e 117 Cost., agli artt. 20, 21 e 47 della Carta dei
Diritti fondamentali dell’Unione Europea, e agli artt. 6, 13, 14, 17 e 18
della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà
Fondamentali, assumono che nella interpretazione della citata norma del
D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, i giudici d’appello non avrebbero
considerato il principio per il quale ognuno ha diritto a che la sua causa
sia esaminata equamente da un giudice indipendente ed imparziale, né quello
secondo il quale l’applicazione della norma interna non deve comportare
ingiustificati ed irragionevoli trattamenti discriminatori fondati sull’età
degli aventi diritto, in relazione a quanto previsto dal contratto
assicurativo per la scadenza delle polizze individuali, in modo da non
precludere a coloro che sono cessati dal servizio prima del 30.6.1998 la
possibilità di agire giudizialmente innanzi all’autorità giudiziaria
ordinaria, laddove anche per fatti imputabili a terzi, sia decorso il termine
previsto per adire il giudice amministrativo.
I due motivi, che in quanto strettamente connessi dal punto di vista logicogiuridico vanno trattati unitariamente, sono infondati.

2

. giudizio

Ai

fini della giurisdizione, infatti, come più volte affermato da queste

Sezioni Unite in fattispecie del tutto sovrapponibili alla presente (per
tutte V. Cass. S.U.12 ottobre 2009 n.21553, Cass. S.U.12 ottobre 2009
n.21554, Cass. S.U. 14 aprile 2010 n. 8831 e Cass. S.U.23 marzo 2011 n.
6599), e qui va ribadito, non è sufficiente la natura latamente previdenziale

dovuta da un ente preposto alla previdenza obbligatoria nell’ambito di un
rapporto (previdenziale) che trovi fonte esclusiva nella legge e abbia causa,
soggetti e contenuto diversi rispetto al rapporto di lavoro, il quale a sua
volta si ponga rispetto al rapporto previdenziale come mero presupposto di
fatto e non come momento genetico del diritto alla prestazione. Ricorrendo
siffatti requisiti, vi è la giurisdizione del giudice ordinario anche quando
il lavoratore sia un pubblico impiegato, salvo il caso di giurisdizione della
Corte dei Conti.
Del tutto diverso è il caso, come quello di specie, in cui la prestazione di
contenuto genericamente previdenziale sia dovuta al lavoratore come
prestazione del datore di lavoro nell’ambito di una forma di previdenza
interna a carattere aziendale, anche se il fondo all’uopo costituito sia

alimentato dai contributi a carico anche dei lavoratori.
Difatti le somme in tal modo raccolte appartengono ai soggetti del rapporto
di lavoro e costituiscono l’accantonamento di una parte della retribuzione a
fini previdenziali (in tal modo realizzandosi, ma per il tramite della
retribuzione, la funzione previdenziale di cui all’art. 38 Cost.), ed hanno
perciò natura del tutto diversa da quella assunta dai contributi
previdenziali obbligatori.

3

della prestazione richiesta, ma è necessario altresì che tale prestazione sia

La stretta inerenza sostanziale al rapporto di impiego, tale che la
contribuzione non è altro che una parte della prestazione retributiva, incide
sulla determinazione della giurisdizione, nel senso che le relative
controversie sono devolute al giudice del rapporto, e di conseguenza al
giudice amministrativo, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma

anteriormente alla data del 30 giugno 1998 (Cfr. per tutte Cass. S.U. 23
aprile 2008 n. 10464 del 2008).
Nel caso in esame risulta verificata quest’ultima ipotesi, essendosi
accertato che il dipendente cessato dal servizio prima della predetta data ha
chiesto, appunto, il risarcimento del danno in relazione ad una prestazione
del datore di lavoro dovuta nell’ambito di una forma di previdenza interna a
carattere aziendale.
Né rileva, come sottolineato da Cass. S. U. 18 giugno 2013 n. 15210, che
alcune clausole del contratto di assicurazione abbiano un contenuto che
sarebbe qualificabile come strettamente previdenziale avendo ad oggetto
previdenze per il caso di morte o invalidità del dipendente o la copertura di
altri rischi speciali che possono verificarsi nel corso del rapporto di

lavoro.
Tale deduzione non incide sulle considerazioni che precedono e riguarda
comunque un settore nettamente separato dell’assicurazione in parola,
relativo ai dipendenti che hanno figli minori a carico e fino a che questi
sono a carico mentre l’oggetto degli ulteriori rischi speciali è unicamente
quello derivante dal volo in aeromobile, che per come è disciplinato, allude
all’ipotesi non certo frequente di viaggi collettivi aziendali.

4

• 7, se si riferiscono a situazioni giuridiche soggettive maturate

La declaratoria di carenza di giurisdizione adottata dal giudice di appello
è, quindi, corretta anche sotto il profilo motivazionale.
Del resto, e per quanto riguarda il secondo motivo, va qui ribadito (Cfr.,
per tutte, Cass. S.U. 21 giugno 2005 n. 13290 o Cass. S.U. 8 maggio 2007 n.
10371e da ultimo Cass. S.0 18 giugno 2013 n. 15210 cit.) che alla persistenza

temporali suindicati, non è d’ostacolo la circostanza che l’esaminata norma
di diritto transitorio ponga una sanzione di decadenza con riguardo alle
controversie conservate a tale giurisdizione esclusiva, ma non introdotte
prima della data del 15 settembre 2000: invero, per effetto di consolidata
giurisprudenza delle Sezioni unite, e diversamente da quanto ipotizzato dalla
ricorrente, è diritto vivente quello che prevede essere stata fissata la data
ora indicata, non quale limite alla persistenza (relativamente alle questioni
caratterizzate dagli esposti requisiti temporali) della giurisdizione
suddetta, ma quale termine di decadenza per la proponibilità della domanda
giudiziale, con conseguente attinenza di ogni questione sul punto ai limiti
interni della giurisdizione, senza che rilevi la diversa formula usata dal
citato D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, (“…qualora siano state
proposte…”), rispetto a quella già presente nel D.Lgs. n. 80 del 1998, art.
45, comma 17, (“…e debbono essere proposte… “), trattandosi di una
differenza semantica giustificata non da una nuova

ratio della disciplina

sopravvenuta, bensì soltanto dall’essere stata superata, al momento
dell’emanazione del provvedimento normativo più recente, la data presa in
considerazione (v.,

ex multis,

Cass. S.U., 4 luglio 2002, n. 9690; id., 17

giugno 2002, n. 8700; id., 4 giugno 2002, n. 8089).

5

– della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nei limiti

La norma in questione e prima ancora quella analoga stabilita al D.Lgs. n. 80
del 1998, art. 45, comma 17, seconda parte sono state ripetutamente ritenute
costituzionalmente legittime dalla Corte Cost. (Cfr. le ordinanze, nn.
214/2004, 213/2005, 382/2005, 197/2006) la quale, in particolare, ha
affermato che la disparità di trattamento tra dipendenti privati e dipendenti

diritti sorti anteriormente alla data indicata “è ragionevolmente
giustificata dall’esigenza di contenere gli effetti, temuti dal legislatore
come pregiudizievole per il regolare svolgimento dell’attività
giurisdizionale, prodotti dal trasferimento della competenza giurisdizionale
al giudice ordinario e dal contemporaneo mantenimento di tale competenza in
capo ai TAR”, ai quali venivano altresì attribuite nuove competenze
giurisdizionali in materie correlate ai servizi pubblici e al governo del
territorio.Quanto poi alla denunciata violazione degli artt. 24 e 113 Cost.
(e l’osservazione può essere riferita anche alla pretesa violazione dell’art.
111 Cost.) la Corte costituzionale l’ha esclusa “dal momento che, da un lato,
non è certamente ingiustificata… la previsione di un termine di decadenza
e, dall’altro lato, tale termine (di oltre ventisei mesi) non è certamente
tale da rendere oltremodo difficoltosa la tutela giurisdizionale”. Analoghe
considerazioni possono essere svolte con riguardo alle censure di violazione
del principio di un processo equo e giusto, così come enunciato dalle norme
sovranazionali indicate, con la precisazione che appare del tutto fuori luogo
il riferimento fatto dalla difesa dei ricorrenti a censure che hanno ad
oggetto normative nazionali disciplinanti retroattivamente la sorte di
situazioni giuridiche preesistenti vantate nei confronti dello Stato. La

6

– pubblici – i soli soggetti ad un termine di decadenza relativamente ai

disposizione di cui al D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma 17 correttamente
riprodotta nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7 stabilisce, infatti,
a partire dalla sua entrata in vigore un termine di decadenza per l’esercizio
dei diritti in questione, della cui ragionevolezza e congruità non è più
possibile dubitare.

impiego contrattualizzato, nel regime transitorio di devoluzione del
contenzioso alla giurisdizione ordinaria, spetta al giudice fornito di
giurisdizione, come tale riconosciuto, accertare gli effetti delle domande
proposte oltre il termine del 15 settembre 2000, sancito “a pena
di decadenza” dall’art. 69, comma 7, del D.lgs. n. 165 del 2001 per le
controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto
di lavoro anteriore al 30 giugno 1998 ( Cass. S.U. 29 maggio 2012 n.8520),
sicché è davanti al giudice fornito di giurisdizione, e non in questa sede in
cui le Sezioni Unite sono chiamate a giudicare esclusivamente della
giurisdizione, che può rilevare un eventuale incompatibilità del predetto
art. 69, comma 7, del citato D.Lgs. n. 165 del 2001 con le norme
sopranazionali.
ricorso, in base alle esposte considerazioni va conseguentemente rigettato
essendo corretta la declaratoria di carenza di giurisdizione adottata dal
giudice d’appello.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza dei ricorrenti e vanno
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese

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• D’altro canto, come affermato da queste Sezioni Unite, in tema di pubblico

del presente giudizio liquidate in E.3000,00 per compensi, oltre spese
prenotate a debito.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio delle Sezioni Unite del 28

aprile 2015

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