Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10183 del 16/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/04/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 16/04/2021), n.10183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36790 – 2019 R.G. proposto da:

C.T., – c.f. (OMISSIS), – rappresentato e difeso in

virtù di procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Marco

Gamba ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via del Consolato,

n. 6, presso lo studio dell’avvocato Massimo Serra.

– ricorrente –

contro

A.C., – c.f. (OMISSIS), – elettivamente domiciliata in

Roma, alla via Piave, n. 41, presso lo studio dell’avvocato Filippo

Morlacchini che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato

Giuseppe Benassi ed all’avvocato Enrico Bertoldi la rappresenta e

difende in virtù di procura speciale in calce al controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 856/2019 della Corte d’Appello di Brescia,

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 dicembre

2020 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto notificato il 15.12.2010 C.T. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Cremona A.C..

Esponeva che unitamente alla convenuta aveva costituito una società in nome collettivo avente ad oggetto la promozione di prodotti assicurativi.

Esponeva che successivamente egli attore e la convenuta avevano deciso di sciogliere la società ed ai fini della suddivisione del “pacchetto-clienti” avevano siglato in data (OMISSIS) apposita convenzione, con la quale avevano pattuito che “il valore del portafoglio dovrà essere attribuito ai singoli in parti uguali per provvigioni di incasso”.

Esponeva che la corretta interpretazione della convezione, alla stregua del principio per cui il “portafoglio-clienti” doveva essere ripartito in due “portafogli” di uguale redditività, dava ragione di un suo credito nei confronti della convenuta dell’importo di Euro 33.675,42.

Chiedeva che la convenuta fosse condannata a corrispondergli la somma anzidetta ovvero la diversa somma acclaranda in corso di causa, con il favore delle spese di lite.

2. Si costituiva A.C..

Instava per il rigetto dell’avversa domanda; in via riconvenzionale chiedeva che l’attore fosse condannato a corrisponderle la somma di Euro 102.947,50, a titolo di conguaglio per la suddivisione del “portafoglio-clienti”, nonchè la somma di Euro 36.576,79, per l’inadempimento del patto di non concorrenza all’uopo siglato; il tutto con gli interessi e con il favore delle spese.

3. All’esito dell’istruzione probatoria, l’adito tribunale con sentenza n. 435/2014, ogni ulteriore istanza respinta, condannava l’attore a pagare alla convenuta la somma di Euro 125.855,00 oltre interessi legali.

4. C.T. proponeva appello.

Resisteva A.C..

5. Con sentenza n. 856/2019 la Corte d’Appello di Brescia, in parziale riforma della gravata statuizione, in ogni altra parte confermata, compensava fino a concorrenza di 1/2 le spese di prime cure; compensava del pari fino a concorrenza di 1/2 le spese d’appello e condannava l’appellante al pagamento della residua metà.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso C.T.; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

A.C. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimità.

7. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta infondatezza del ricorso; il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

8. La controricorrente ha depositato memoria.

9. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1366 c.c., nonchè dell’art. 116 c.p.c..

Deduce che la corte di merito ha errato nell’interpretazione della convenzione in data (OMISSIS).

Deduce che la comune intenzione deve essere interpretata nel senso che le parti avevano inteso, con la suddetta convezione, ripartirsi il “portafoglio-clienti” in due “portafogli” di uguale concreta redditività, ovvero tenendo conto della “reale potenzialità che ciascun prodotto aveva di apportare guadagno al socio assegnatario” (così ricorso, pag. 7).

Deduce che tanto rileva precipuamente in ordine al “portafoglio” “(OMISSIS)”.

10. Il motivo di ricorso è destituito di fondamento e va respinto.

11. Va debitamente premesso che, nonostante la rituale notificazione del decreto presidenziale e della proposta del relatore, il ricorrente non ha provveduto al deposito di memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

12. In ogni caso, pur al di là del teste riferito rilievo, il collegio appieno condivide la proposta, che ben può essere reiterata in questa sede.

13. Indubbiamente l’esperita censura veicola una quaestio ermeneutica. Cosicchè rivestono valenza gli insegnamenti di questa Corte.

Ovvero l’insegnamento secondo cui l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione per violazione delle regole ermeneutiche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, novello n. 5 (cfr. Cass. 14.7.2016, n. 14355).

Ovvero l’insegnamento secondo cui la censura dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nè ex n. 3, nè la censura ex n. 5, possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131).

Ovvero l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte n. 8053 del 7.4.2014.

14. Nel solco delle suenunciate indicazioni giurisprudenziali l’interpretazione patrocinata dalla Corte di Brescia è immune da forme di “anomalia motivazionale” destinate (giusta, appunto, la statuizione n. 8053/2014 delle sezioni unite) ad acquisire significato in rapporto alla (novella) previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Nel solco delle suenunciate indicazioni giurisprudenziali l’interpretazione patrocinata dalla Corte di Brescia è assolutamente ineccepibile sul piano della correttezza giuridica, ossia non diverge da alcun criterio legale di ermeneutica contrattuale.

15. Più esattamente la corte bresciana ha rimarcato che il primo giudice aveva ancorato la propria decisione ad una rigorosa interpretazione del testo letterale delle clausole esaminate, clausole che non consentivano una interpretazione contra litteram; ciò, per giunta, alla luce del comportamento complessivo anche posteriore dei contraenti (cfr. sentenza d’appello, pag. 7).

Il che è pienamente in linea con l’elaborazione di questa Corte, secondo cui, solo quando le espressioni letterali del contratto non sono chiare, precise ed univoche, è possibile per il giudice ricorrere agli altri elementi interpretativi di cui all’art. 1362 c.c. ss., aventi evidentemente carattere sussidiario (cfr. Cass. 16.2.2012, n. 2231; Cass. 3.7.1982, n. 3974; cfr. Cass. sez. lav. 18.7.2000, n. 9438).

16. La corte lombarda ha poi soggiunto che “non è dato rilevare da quale altra clausola negoziale possa derivare la precisazione che le provvigioni maturate nel portafoglio “(OMISSIS)” andassero calcolate al netto delle provvigioni ristornate al broker “(OMISSIS)”(…)” (così sentenza d’appello, pag. 8).

In questi termini la corte di merito si è uniformata pur all’ulteriore elaborazione di questa Corte secondo cui, in tema di interpretazione del contratto, anche quando l’interpretazione di ciascuna delle clausole che concorrono alla formazione del testo negoziale è compiuta sulla base del “senso letterale delle parole” e conduca a risultati di certezza, il giudice è tenuto ad applicare il criterio dell’interpretazione sistematica, posto dall’art. 1363 c.c., riferendo le varie espressioni adoperate all’intero testo in modo da ricavarne il senso complessivo e nel contempo intendere la singola espressione in funzione del testo, di cui è parte integrante (cfr. Cass. 11.6.1999, n. 5747).

17. In ogni caso è innegabile che le censure dal ricorrente addotte si risolvono tout court nella prefigurazione della (asserita) maggior plausibilità della patrocinata antitetica interpretazione (cfr. ricorso, pag. 10).

18. In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

19. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, C.T., a rimborsare alla controricorrente, A.C., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2021

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