Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10182 del 18/05/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10182 Anno 2016
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: TRICOMI LAURA

SENTENZA
sul ricorso 21572-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –

2016
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contro

VALDONI SRL in persona del liquidatore e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA E.Q. VISCONTI 99, presso lo studio
dell’avvocato GIOVANNI BATTISTA CONTE, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANGELO

Data pubblicazione: 18/05/2016

VOZZA, SAMUELE DONATELLI g iusta dele g a a mar g ine;
– controrícorrente –

avverso

la
sentenza
n.
169/2012
della
otda
di TARANTO, depos i tata il
COMM.TRIB.REG.TIS
20/09/2012;

udienza del 01/03/2016 dal Consi g liere Dott. LAURA
TRICOMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha
chiesto raccoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato VITALE per
dele g a dell’Avvocato CONTE che ha chiesto iii ri g etto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso
per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

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RITENUTO IN FATTO
La CTR della Puglia, con sentenza n. 169/29/12, depositata il 20.09.2012 e non
notificata, confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto
dalla società Valdoni SRL (ora ih liquidazione) avverso l’avviso di accertamento n.
RF)030300596 per IVA relativa all’anno di imposta 2001, emesso a seguito di pv di
constatazione redatto dalla G. di F. il 04.11.2005 che aveva individuato la fattura n.8 del

operazioni inesistenti.
Il secondo giudice affermava che, non avendo l’Ufficio fornito nessuna adeguata ed
idoena prova, in assenza di elementi certi, rilevanti e concordanti, in ordine alla
sussistenza di operazioni inesitenti, assumeva rilevanza “con carattere preclusivo della
azione accertatrice, l’incontestata adesione al condono tombale di cui alliart.9 della L
n.289/2002 ed il relativo pagamento effettuato dalla VaIdoni SRL” (fol.3 della sentenza).
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione fondato su due motivi, al quale
replica la società con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente la Corte osserva che, come nel caso in esame, la previsione
d’inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all’art. 348 ter, quinto comma, cpc,
che esclude che possa essere impugnata ex art. 360, n. 5, cpc la sentenza di appello “che
epA__Atujo .,
conferma la decisione di primo grado”, on si applica, agli effetti dell’art. 54, comma 2,
del DL n.83/2012, conv. in L n.134/2012, in quanto il giudizio di appello è stato, senza
dubbio, introdotto con ricorso di cui è stata richiesta la notificazione anteriormente all’11
settembre 2012, giacchè la stessa sentenza di secondo grado risulta pronunciata in data
anteriore, e cioè il 20.12.2011 (cfr. Cass. nn. 26860/2014, 24909/20156)
2.1. Il primo motivo, con il quale viene denunciata la violazione e falsa applicazione
dell’art.36 del DLGS n.546/1992 (art.360, comma 1, n.3, cpc) per carenza motivazionale
della sentenza impugnata, tale da non consentire di apprezzare l’iter logico-giunco
seguito e di valutarne la congruità, è fondato.
2.2. Preliminarmente il motivo va ricondotto nell’alveo della censura sub art.360, comma
1, n.4, cpc, trattandosi di doglianza che prospetta un en-or in procedendo, ritenuto il
richiamo all’art.360, comma 1, n.3, cpc dovuto ad un mero errore, applicando il principio
secondo il quale, in tema di ricorso per cassazione, l’erronea indicazione della norma

R.G.N. 21572/2013
Cons. est. Laura Tricomi

27.07.2001, di lire 1.177.000.000, oltre IVA per lire 235.400.000, come connessa ad

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processuale violata nella rubrica del motivo non determina “ex se” l’inammissibilità di
questo se la Corte possa agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del
vizio denunciato sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal
ricorrente a fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica
del motivo non ha contenuto vincolante, ma è solo l’esposizione delle ragioni di diritto
della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della

2.3. In proposito va altresì escluso che ricorra la inammissibilità denunciata dalla
controricorrente, attesa la chiara finalità della denuncia in esame, rivolta al complessivo
contenuto della sentenza impugnata.
2.4. Osserva la Corte come sia stato già chiarito che “In tema di contenuto della
sentenza, la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della
causa non costituisce un elemento meramente formale, bensì un requisito da apprezzarsi
esclusivamente in funzione dell’intelligibilità della decisione e della comprensione delle
ragioni poste a suo fondamento, la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza
quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella
decisione (C.ass. n.920/2015, 22845/2010).
2.5. Orbene, nel caso in esame la sentenza è nulla, per violazione dell’art. 36 del DLGS
n.546/1992 perché è completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse
dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la
Commissione a disattenderle, atteso il modestissimo sviluppo motivazionale svolto in
modo assertivo ed astratto, senza indicare alcuno degli elementi sui quali aveva inteso
esprimere la sua generica e negativa valutazione: in tal modo, resta impossibile
a#114l’individuazione del thema decidendum e le/ragioni poste a fondamento del dispositivo e
non può ritenersi che la condivisione della motivazione di primo grado sia stata raggiunta
attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame (Cass. nn.
20113/2013, 13148/1014)
3.1. Anche il secondo motivo con il quale è denunciata la violazione e falsa applicazione
dell’art.9 della L n.289/2002, degli artt. 32, 33, 38, 39 e 40 del DPR n.600/1973 e degli
artt. 51, 52, 54 e 55 del DPR n. 633/1972 (art.360, comma 1, n.3, cpc) per avere
ritenuto il secondo giudice illegittimo il recupero del rimborso IVA, già erogato ed
indebitamente fruito in presenza di “condono tombale”, è fondato.
3.2. Invero la CTR erra nel ritenere l’adesione al condono preclusiva all’attività
accertatrice dell’Ammnistrazione.

R.G.N. 21572/2013
Cons. est. Laura Tricorni

censura (Cass. n.14026/2012).

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3.3.1. è stato già affermato da questa Corte, con riferimento alla portata della norma di
cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 comma 9, che “in generale, nell’ipotesi di operazioni
inesistenti, in relazione alle quali sia stato chiesto il rimborso dell’IVA

(che l’ufficio ha

motivo di ritenere in realtà mai versata), l’erario non è tenuto, per automatico effetto del
condono, a procedere al rimborso ne’ gli è inibito l’accertamento diretto a dimostrare
l’inesistenza del diritto al rimborso.

non opera sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco, i quali
restano soggetti all’eventuale contestazione da parte dell’ufficio.
3.3.2. Tale conclusione – conforme a quanto ritenuto anche dalla Corte costituzionale
nell’ordinanza n. 340/2005, con pronunzia interpretativa di rigetto, cui certamente non si
attaglia la disposizione dell’art. 136 Cost., concernente il diverso caso della dichiarazione
d’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge – non
è impedita dalla disposizione, contenuta nella norma invocata, per cui “La definizione
automatica non modifica l’importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle
dichiarazioni presentate ai fini.., dell’imposta sul valore aggiunto”; la quale disposizione
deve essere interpretata nel senso che nessuna modifica di tali importi può essere
determinata dalla definizione automatica; non nel senso che questa sottragga all’ufficio il
potere di contestare il credito, ad es., per accertata inesistenza dell’operazione
commerciale da cui esso deriverebbe” (Cass. 12 gennaio 2009, n. 375; conformi Cass. 26
settembre 2014 n. 20433 e 5 febbraio 2014 n. 2597). Si tratta di arresto cui è coerente
l’ordinanza del giudice delle leggi richiamata, secondo cui la norma di cui alla L. n. 289
del 2002, art. 9, comma 10, “preclude bensì l’accertamento dei debiti tributari dei
contribuenti che hanno ottenuto il condono, ma non impedisce l’accertamento
dell’inesistenza dei crediti posti a base delle richieste di rimborso, data la natura propria
del condono, che incide sui debiti tributari dei contribuenti e non sui loro crediti”, e
“pertanto, nell’ipotesi di operazioni inesistenti per le quali non sia stata versata l’IVA e
per le quali sia stato richiesto il rimborso dell’imposta, le censurate disposizioni non
Impongono affatto all’erario di procedere al rimborso, nel caso di intervenuto condono
fiscale, ne’ inibiscono accertamenti diretti a dimostrare l’inesistenza dell’invocato diritto al
rimborso” (Corte cost. 27 luglio 2005, n. 340).
3.3.3. La normativa va inoltre letta alla luce di Corte giust. 17 luglio 2008, causa C132/06, che ha ritenuto la L. n. 289 del 2002, n. 289, artt. 8 e 9 nella misura in cui
integrano una rinuncia generale e indiscriminata all’accertamento delle operazioni
imponibili effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta, incompatibili con il diritto

R.G.N. 21572/2013
Cons. est. Laura Tricorni

Ciò perché il condono fiscale elide in tutto o in parte, per sua natura, il debito fiscale, ma

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comunitario. La conclusione cui la giurisprudenza di questa Corte è giunta sulla base
dell’interpretazione del diritto interno trova quindi ulteriore conferma nella necessità di
adeguamento, in sede ermeneutica, dell’ordinamento interno a quello comunitario.
3.4. Il giudice di merito dovrà quindi attenersi al seguente principio di diritto: il condono
L. 27 dicembre 2002, n. 289, ex art. 9 elide i debiti del contribuente verso l’erario, ma
non opera sui suoi eventuali crediti fiscali, dovendo la previsione del comma 9, citato art.

crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate”, interpretarsi nel senso che tale
definizione non sottrae all’ufficio il potere di contestare il credito esposto dal contribuente
(cfr. Cass. nn. 17631/2014, 20433/2014, 11429/2015)
4.1 In conclusione il ricorso va accolto, fondati entrambi i motivi; la sentenza
impugnata va cassata e la causa va rinviata alla CTR della Puglia per il riesame, oltre
che per la statuizione sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione,
accoglie il ricorso sui due motivi;
cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione Regionale della
Puglia in altra composizione per il riesame e la statuizione sulle spese del giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma, camera di consiglio del 1 marzo 2016.

secondo cui “la definizione automatica non modifica l’importo degli eventuali rimborsi e

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