Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10182 del 09/05/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10182 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 19566-2008 proposto da:
PALERMO

FRANCESCO

ADOLFO

C.F.PLRFNC51R09D464P,

elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO D’TALIA 102,
presso lo studio dell’avvocato MOSCA GIOVANNI
PASQUALE, rappresentato e difeso dall’avvocato
TARSITANO GIULIO;
– ricorrente –

2014
440

contro

PERRONE FRANCESCO C.F.PRRFNC34C23D464D, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GIORGIO VASARI 4, presso lo
studio dell’avvocato ELISABETTA CERIOLI,

Data pubblicazione: 09/05/2014

rappresentato e difeso dall’avvocato LE PERA ANTONIO;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 989/2007 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 02/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/02/2014 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato Mosca Pasquale con delega depositata
in udienza dell’Avv. Giulio Tarsitano difensore del
ricorrente che chiede l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

i

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 2-3-1995 Perrone Francesco
conveniva in giudizio Palermo Francesco, per sentirlo condannare,
previa declaratoria di risoluzione del contratto preliminare di vendita

somma di lire 130.000.000 interamente versata a fronte del prezzo
pattuito, oltre al risarcimento dei danni.
Nel costituirsi, il convenuto contestava la fondatezza della
domanda, deducendo di aver correttamente adempiuto la sua
obbligazione con l’immissione in possesso e con la consegna al
notaio dell’estratto catastale e del certificato di destinazione
urbanistica rilasciatogli dal Comune.
Con sentenza in data 11-2-2002 il Tribunale di Cosenza
dichiarava la risoluzione della scrittura privata del 18-2-1994 per
inadempimento del convenuto, condannando il Palermo alla
restituzione in favore del Perrone della somma di euro 67.140,00
oltre interessi legali, nonché al pagamento della somma di euro
3.350,00 a titolo di risarcimento danni.
Avverso la predetta decisione proponeva appello il Palermo.
Con sentenza in data 2-11-2007 la Corte di Appello di
Catanzaro rigettava il gravame. La Corte territoriale, nel dare atto
che il convenuto aveva esibito al notaio un certificato di
destinazione urbanistica ritenuto dal pubblico ufficiale inidoneo per

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stipulato con scrittura privata del 18-2-1994, alla restituzione della

la stipula, in quanto privo della specificazione della superficie
ricadente nella zona edificatoria, rilevava che il Palermo, nonostante
la richiesta del Perrone, non si era attivato in alcun modo per
ottenere dal Sindaco un certificato conforme a quanto prescritto dalla

legge 28-2-1985 n. 47.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il
Palermo, sulla base di un unico motivo.
Il Perrone ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione dell’art. 18 della legge 28-2-1985 n. 47 e degli artt.
1453 e 1218 c.c., nonché l’omessa motivazione circa un punto
decisivo della controversia.
Deduce, in primo luogo, che il certificato di destinazione
urbanistica può essere sostituito dalla dichiarazione attestante
l’avvenuta presentazione della domanda al Comune, ai sensi del
quarto comma dell’art. 18 della legge 28-2-1985 n. 47, solo nel caso
in cui tale certificato non venga rilasciato nel termine di trenta
giorni dalla richiesta, e non nel caso in cui, come nella fattispecie in
esame, tale documento sia stato rilasciato, ma venga ritenuto
inidoneo alla stipulazione da parte del notaio. Rileva, inoltre, che
nessun addebito può essere mosso a carico del convenuto in

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legge, né aveva rilasciato la dichiarazione di cui all’art. 18 della

relazione al rilascio, da parte del Comune, di un certificato di
destinazione urbanistica ritenuto incompleto dal notaio stipulante;
tanto più che nella specie il Comune, nonostante l’espressa richiesta
dello stesso notaio, non ha rilasciato altro certificato completo dei

destinazione urbanistica richiesto dal secondo comma dell’art. 18
della legge 28-2-1985 n. 47 non deve necessariamente contenere,
oltre alle previsioni urbanistiche riguardanti l’area interessata, anche
l’indicazione dell’estensione della sua superficie.
Il motivo si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti
di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.:
-Dica la Corte se il certificato di destinazione urbanistica può
essere sostituito dalla dichiarazione attestante l’avvenuta
presentazione della domanda al Comune, ai sensi del quarto comma
dell’art. 18 della legge 28-2-1985 n. 47, solo nel caso in cui il
predetto certificato non venga rilasciato nel termine di trenta giorni
dalla richiesta e non nel caso in cui venga rilasciato, ma se ne
contesti l’incompletezza.
-Dica la Corte, nel caso in cui il Comune rilasci un certificato
di destinazione urbanistica ritenuto dal Notaio stipulante incompleto
e nel caso in cui il Comune, a richiesta dello stesso Notaio, non
rilasci un nuovo certificato, se ciò costituisca impossibilità della
prestazione del promissario venditore derivante da causa a lui non

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dati ritenuti mancanti. Sostiene, infine, che il certificato di

imputabile, in mancanza di rimedi contro l’atto certificativo inidoneo
a produrre effetti lesivi, ma al

modus operandi

dell’ufficio

competente al rilascio del certificato.
-Dica la Corte se il certificato di destinazione urbanistica

debba obbligatoriamente contenere, oltre che le previsioni
urbanistiche riguardanti l’area interessata, anche l’estensione della
sua superficie.
Premesso che i quesiti posti appaiono rispondenti ai requisiti
prescritti dal menzionato art. 366 bis c.p.c., focalizzando questioni
di diritto essenziali ai fini della decisione, si osserva che il motivo è
fondato, per le ragioni di seguito indicate.
Il secondo comma dell’art. 18 della legge 28 febbraio 1985, n.
47 (poi recepita nell’art. 30, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n.
380), applicabile

ratione temporis nella fattispecie in esame,

sancisce la nullità degli atti tra vivi aventi ad oggetto il
trasferimento, la costituzione o lo scioglimento della comunione di
diritti reali relativi a terreni, quando ad essi non sia allegato il
certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni
riguardanti l’area interessata.
Il terzo comma dello stesso articolo dispone che il certificato
di destinazione urbanistica deve essere rilasciato dal Sindaco entro il
termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della relativa

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richiesto dal secondo comma dell’art. 18 della legge 28-2-1985 n. 47

domanda; e il quarto comma stabilisce che, in caso di mancato
rilascio del suddetto certificato nel termine previsto, esso può essere
sostituito da una dichiarazione dell’alienante, attestante l’avvenuta
presentazione della domanda, nonché la destinazione urbanistica dei

terreni.
Nella specie, la Corte di Appello ha accertato che il certificato
di destinazione urbanistica era stato rilasciato dal Comune di Santa
Caterina Albanese ed era stato esibito dal Palermo al notaio per la
stipula dell’atto di compravendita; ma ha ritenuto che tale certificato
non fosse rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 18 della legge n.
47 del 1985 e non risultasse, pertanto, idoneo alla stipula del
contratto di compravendita, in quanto non conteneva l’esatta
specificazione della superficie ricadente nella zona edificatoria.
Tale valutazione non appare conforme al dettato normativo.
Il citato art. 18, infatti, stabilisce che il certificato di
destinazione urbanistica deve contenere “le prescrizioni urbanistiche
riguardanti l’area interessata”, ma non dispone affatto che esso
debba recare obbligatoriamente anche l’indicazione della superficie
di tale area.
In presenza di un certificato di destinazione urbanistica
regolarmente rilasciato dall’ente locale e riguardante l’area oggetto
dell’atto di trasferimento, pertanto, non può ritenersi che la mancata

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indicazione, in tale certificato, della esatta superficie delle singole
aree interessate, possa determinare la nullità comminata dalla legge.
E, in realtà, dalla lettura della sentenza impugnata si evince
che il notaio incaricato aveva sottolineato l’esigenza, ai fini della

l’esatta indicazione della superficie ricadente nella zona edificatoria,
essenzialmente agli effetti fiscali, trattandosi di zona soggetta a
diversa tassazione rispetto alla zona agricola.
E’ evidente, peraltro, che le rilevate esigenze fiscali,
ponendosi su un piano distinto rispetto a quello civilistico della
validità degli atti di trasferimento dettato dall’art. 18 della legge n.
47 del 1985, non incidono su tale regime giuridico.
L’errore di diritto in cui è incorso il giudice del gravame ha
avuto inevitabili ripercussioni sul piano motivazionale, facendo
vacillare l’intero impianto argomentativo posto a base della
decisione gravata.
La sentenza impugnata, infatti, partendo dal presupposto
secondo cui il certificato esibito dal convenuto non rispondesse ai
requisiti richiesti dall’art. 18 della legge n. 47 del 1985 solo perché
privo della indicazione della esatta estensione delle aree interessate,
ha ritenuto il Petralia inadempiente alle obbligazioni assunte con il
contratto preliminare, sul rilievo che il medesimo non si era attivato
presso il Comune per ottenere il rilascio di un certificato di

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stipula del contratto di compravendita, di un certificato recante

destinazione conforme a quanto prescritto dal citato art. 18, né aveva
rilasciato la dichiarazione sostitutiva di cui al quarto comma dello
stesso articolo.
La Corte territoriale, pertanto, trascurando eventuali altri

venditore, ha basato il proprio convincimento circa l’inadempimento
contrattuale del convenuto esclusivamente sulla mancanza, nel
certificato di destinazione urbanistica dal medesimo esibito, di un
requisito che, in realtà, rimane estraneo al contenuto minimo
richiesto dalla norma in esame.
Alla luce di tali assorbenti rilievi, s’impone la cassazione della
decisione impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro
in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame
dell’intera vicenda, attenendosi al seguente principio di diritto: “Il
secondo comma dell’art. 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nel
sancire la nullità degli atti tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento,
la costituzione o lo scioglimento della comunione di diritti reali
relativi a terreni, quando ad essi non sia allegato il certificato di
destinazione urbanistica contenente le prescrizioni riguardanti l’area
interessata, non richiede che tale certificato debba recare
obbligatoriamente l’indicazione della superficie di detta area. In
presenza di un certificato di destinazione urbanistica regolarmente I
rilasciato dall’ente locale e riguardante l’area oggetto dell’atto di

ambiti di indagine in ordine alla condotta tenuta dal promittente

trasferimento, pertanto, la mancata specificazione di tale dato non determina la nullità
comminata dalla legge”.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese
alla Corte di Appello di Catanzaro in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’11-2-2014
A norma dell’art. 132 ultimo comma c.p.c. la presente sentenza viene sottoscritta

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