Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10181 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. I, 28/05/2020, (ud. 04/11/2019, dep. 28/05/2020), n.10181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28489/2018 proposto da:

D.A., rappresentato e difeso per procura speciale in calce al

ricorso dall’avvocato Antonio Ciafardini ed elettivamente

domiciliato in Roma, Piazza Cavour presso la cancelleria della prima

civile della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., domiciliato ex

lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12 presso l’Avvocatura Generale

dello Stato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 812/2018 della Corte di appello dell’Aquila

pubblicata il 05/05/2018;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia

nella camera di consiglio del 04/11/2019.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.A. ricorre in cassazione con tre motivi avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello dell’Aquila ha rigettato l’impugnazione dal primo proposta avverso l’ordinanza pronunciata ex art. 702-bis c.p.c. del locale Tribunale che aveva, a sua volta, respinto il ricorso contro il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona rigettava le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, nella ritenuta insussistenza dei presupposti di legge.

2. Il Ministero dell’Interno, intimato, ha depositato “Atto di costituzione” fuori termine con cui ha dichiarato di costituirsi al fine “dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1″.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 per non avere i giudici di merito, di primo e secondo grado, applicato il principio dell’onere probatorio attenuato e per non avere valutato la credibilità del richiedente in ragione dei parametri stabiliti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. Nel racconto reso dinanzi alla competente Commissione territoriale il richiedente protezione aveva dichiarato di aver dovuto lasciare il proprio Paese, il (OMISSIS), temendo per la propria incolumità e nel timore di subire pesanti condanne per la propria condizione di omosessuale.

Pur avendo la Corte di merito ritenuto la riconoscibilità dello status di rifugiato a fronte della condizione di omosessualità del richiedente, riteneva tuttavia non concedibile la misura nella inattendibilità del racconto senza avviare quell'”intervento esplorativo e informativo” riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità (SU 27310/2008) in affermazione del dovere di cooperazione del giudice nell’accertamento dei fatti rilevanti.

La Corte di appello aveva ritenuto inattendibile il racconto per non precisate ragioni, mancando di fare applicazione, poi, dell’indicato principio.

Il motivo è infondato.

La Corte di appello dell’Aquila ha ritenuto la non attendibilità del racconto del richiedente, non contestualizzato e generico, là dove questi aveva dichiarato di sue frequentazioni con un omosessuale solo perchè aveva bisogno di denaro e non perchè interessato a rapporti sessuali e che la madre, appreso ciò, lo avrebbe denunciato alla polizia, ragione per la quale il richiedente sarebbe fuggito.

I giudici di appello valorizzano a sostegno del formulato giudizio la mancata indicazione da parte del richiedente della persona che egli avrebbe frequentato e del contesto, di tempo e luogo, in cui sarebbe maturata la denuncia da parte della madre, del pari sottolineando del racconto il carattere stereotipato, generico e lacunoso, incapace di sostenere il riconoscimento dello status di rifugiato.

In materia di protezione internazionale e quindi ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, il positivo superamento del vaglio di credibilità soggettiva del richiedente protezione condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è preliminare all’esercizio da parte del giudice del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che il richiedente non è in grado di provare, in deroga al principio dispositivo (Cass. 12/06/2019 n. 15794; Cass. 24/04/2019 n. 11267; Cass. 27/06/2018 n. 16925).

Il richiamo alla Direttiva 2004/83/CE, pure operato in ricorso, è peraltro improprio nell’intervenuto recepimento in ambito nazionale dei suoi principi con il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, per una tecnica legislativa che della prima afferma la non diretta applicabilità in senso verticale nei rapporti tra Stati dell’Unione e cittadini, nel suo carattere non auto-esecutivo.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) per avere la Corte di appello rigettato la richiesta di tutela sussidiaria in presenza di situazioni di violenza indiscriminata nei Paesi di origine del richiedente.

La situazione socio-politica del (OMISSIS) avrebbe comunque dovuto portare all’accoglimento della domanda come ritenuto da vari Tribunali e la provenienza dal (OMISSIS), regione del (OMISSIS), avrebbe comportato il riconoscimento della protezione sussidiaria per la sussistenza di un “conflitto a bassa intensità” e, ancora, di quella umanitaria nel rilievo avuto da una situazione di diffusa violenza.

Il motivo è infondato per le ragioni di seguito indicate.

Nella portata critica si trovano, da una parte, confusamente riportate una serie di violazioni relative allo status di rifugiato, alla protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) ed a quella umanitaria che non consentono di apprezzare della prima la dovuta puntualità e concludenza.

La credibilità del racconto, esclusa, vale altresì a negare la configurabilità di forme di protezione sussidiaria ed umanitaria venendo a mancare ai fini della sussumibilità delle fattispecie l’indicato dato, all’indicato fine imprescindibile (Cass. 12/06/2019 n. 15794, tra le altre, sopra citate).

Quanto poi al rilievo oggettivo avuto dalla protezione sussidiaria per i casi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) l’esistenza di un conflitto di “bassa intensità” nel (OMISSIS), regione di provenienza del richiedente – agli esiti di fonti ufficiali non solo non contestate in ricorso ma finanche ivi riportate per l’indicato contenuto – rende non integrabile l’ipotesi di cui all’art. 14, lett. c) cit. che richiede, per la sua sussistenza, una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile che derivi dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

In ogni caso la valutazione sulle condizioni del (OMISSIS) è stata condotta nell’impugnata sentenza per scrutinio di debite fonti ufficiali (Report A.I. del 2016-2017) neppure censurate, nei loro contenuti, in ricorso.

2. Con il terzo motivo si fa valere la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere la Corte di appello riconosciuto la sussistenza di motivi umanitari.

Il dato oggettivo, integrato dal prodotto interno lordo pro-capite del (OMISSIS), dallo sviluppo agricolo del Paese, l’aspettativa di vita e la possibilità di accedere ai servizi essenziali, avrebbe evidenziato l’inadeguatezza delle condizioni di vita del richiedente nel Paese di origine. Il ricorrente, radicato in Italia e titolare di un regolare rapporto di lavoro, si sarebbe trovato in grandissima difficoltà nel rientro in patria.

Il motivo è inammissibile perchè generico e non autosufficiente.

Le vicende relative al rapporto di lavoro vengono dedotte infatti in modo non puntuale e circostanziato dinanzi a questa Corte di legittimità e mancano di ogni riferimento ad una tempestiva allegazione davanti ai giudici del merito non sfuggendo le prime, come tali, alla qualificazione in termini di novità.

In tema di ricorso per cassazione, il ricorrente che proponga una determinata questione giuridica – che implichi accertamenti di fatto – ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione (tra le altre: Cass. n. 27568 del 21/11/2017).

Nel resto, manca ogni individualizzazione del rischio corso dal richiedente, non integrato dal mero richiamo a quello di compromissione nel Paese di origine del diritto alla salute ed all’alimentazione, in applicazione del principio per il quale la valutazione della condizione di vulnerabilità che giustifica il riconoscimento della protezione umanitaria deve essere ancorata ad una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza ed alla quale egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio, poichè, in caso contrario, si prenderebbe in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6″ (Cass. 03/04/2019 n. 9304).

3. Il ricorso, conclusivamente infondato, va rigettato.

Nulla sulla spese nella tardiva costituzione dell’Amministrazione intimata che ha altresì formulato richieste inconferenti e prive di ogni scrutinabile contenuto.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dichiarata la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, salvo revoca.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dichiarata la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, salvo revoca.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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