Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10181 del 10/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 10/05/2011, (ud. 31/03/2011, dep. 10/05/2011), n.10181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 4609/2010 proposto da:

L.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA LOMBARDIA 40, presso lo studio dell’avvocato PARRINELLO

Marcello, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

D.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GRAMSCI 22, presso lo studio dell’avvocato MARILENA

SCIORTINO, rappresentato e difeso dagli avvocati GAZZARA Antonino,

MASTROENI CARLO giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto RG 248/09 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

17/12/09, depositato il 23/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RENATO BERNABAI;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

– che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:

Con decreto depositato l’8 maggio 2009 il Tribunale di Messina accoglieva in parte il ricorso L. 1 dicembre 1970, n. 898, ex art. 9 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) presentato da D.A. e per l’effetto riduceva l’assegno di mantenimento da lui dovuto nei confronti della moglie e del figlio.

In accoglimento parziale del successivo reclamo del D., la Corte d’appello di Messina rideterminava l’assegno in favore della moglie in Euro 800,00 e quello in favore del figlio in Euro 1000,00 mensili, tenuto conto delle mutate situazioni economiche delle parti.

Avverso il provvedimento proponeva ricorso per cassazione la signora L. deducendo:

1) la violazione della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, dell’art. 2697 cod. civ., nonchè dell’art. 710 cod. proc. civ., perchè la corte d’appello aveva dato ingresso a nuove deduzioni, volte a dimostrare il miglioramento di reddito della ricorrente a seguito di assunzione presso un ente pubblico sanitario;

2) la violazione degli artt. 345 e 710 cod. proc. civ., art. 210 cod. proc. civ., e segg., per l’inammissibile esibizione in giudizio di nuovi documenti;

3) la violazione dei medesimi articoli nella riduzione dell’assegno divorzile, nonostante la situazione economica del D. fosse rimasta immutata pur dopo la mancata rielezione alla carica di deputato regionale.

Così riassunti i fatti di causa, si osserva come il ricorso appaia inammissibile.

I primi due motivi inerenti all’ingresso in sede di reclamo di nuove deduzioni, corredate di documenti solo esibiti in udienza, in ordine all’allegato miglioramento economico della L., sono irrilevanti, dal momento che la decisione impugnata non si fonda su tale circostanza di fatto, bensì solo sulla diminuzione di reddito del D..

Di ciò si ha immediato riscontro nel richiamo contenuto in motivazione alle sole circostanze riferite sub a) (l’assunzione in servizio della L. è invece rubricata sub b).

Per il resto, l’ulteriore censura si risolve in una difforme valutazione delle risultanze istruttorie, avente natura di merito, che non può trovare ingresso in questa sede.

– che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti, che non hanno depositato memorie;

– che all’udienza in Camera di consiglio il P.G. ha chiesto la conferma della relazione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il collegio, discussi gli atti delle parti, ha condiviso la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l’accompagnano, con l’ulteriore precisazione che il miglioramento delle condizioni della D. per effetto della sopravvenuta attività lavorativa è circostanza data per pacifica in sentenza, indipendentemente dalla sua documentazione, contestata come irrituale dalla ricorrente;

– che il ricorso dev’essere dunque rigettato, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 31 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2011

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