Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10179 del 30/04/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 10179 Anno 2013
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: CURZIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 11764-2011 proposto da:
SEM S.R.L. IN LIQUIDAZIONE 01760440923,

(già SEM

MOLINI SARDI S.P.A.), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 7, presso lo studio
degli avvocati TONUCCI MARIO, GIORGIO ALTIERI (STUDIO
2013
983

TONUCCI & PARTNERS), che la rappresentano e difendono,
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

Data pubblicazione: 30/04/2013

SOCIALE

80078750587,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
17,

in ROMA, VIA DELLA FREZZA

presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati SGROI ANTONINO, MITTONI ENRICO, MARITATO

copia notificata del ricorso;
– resistente con mandato

avverso la sentenza n.

12/2011

della CORTE D’APPELLO

di CAGLIARI, depositata il 02/02/2011 R.G.N. 655/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

19/03/2013

dal Consigliere Dott. PIETRO

CURZIO;
udito l’Avvocato FANTINI ALBERTO per delega TONUCCI
MARIO;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

LELIO, D’ALOISIO CARLA, giusta delega in calce alla

Ragioni della decisione

La SEM srl in liquidazione (già SEM Molini Sardi spa) chiede l’annullamento della

25 febbraio 2011, emessa nella controversia tra la società e l’INPS.
L’INPS chiese ed ottenne un decreto ingiuntivo, nei confronti della società, dal
Pretore di Cagliari in data 24 maggio 1995, per l’importo di £. 2.946.756.176 per
omissioni contributive.
La società propose opposizione. Il Tribunale, con sentenza del 30 gennaio 2009,
revocò il decreto e condannò la società al pagamento della somma minore di
438.195,60 euro, a titolo di contributi omessi per il periodo dal l° aprile 1981 al 31
dicembre 1993, con le relative sanzioni.
La società propose appello principale e l’INPS appello incidentale.
La Corte d’appello di Cagliari con la sentenza ora impugnata, li ha respinti entrambi.
Il ricorso per cassazione della società è articolato in tre motivi, illustrati con memoria.
La controversia è stata discussa da i difensori di entrambe le parti.
Con il primo motivo la società denunzia violazione dell’art. 2112 e 2555 c.c., nonché
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto o fatto controverso e
decisivo per il giudizio, asserendo che la sentenza deve essere riformata “nella parte
in cui ha riconosciuto nel caso di specie la sussistenza di un mero trasferimento
d’azienda ex art. 2112 c.c. con la conseguente insussistenza del requisito della novità
aziendale tra la vecchia società venditrice e la nuova società acquirente”.
Con il secondo motivo la società denunzia violazione dell’art. 18 della legge 25
ottobre 1968, n. 1089, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
punto o fatto controverso e decisivo per il giudizio, asserendo che la Corte di merito
avrebbe erroneamente inteso “il concetto di azienda nuova e il preteso mancat
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Udienza 19 marzo 2013
Pietro Curzio, este

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sentenza della Corte d’appello di Cagliari, pubblicata il 2 febbraio 2011 e notificata il

raggiungimento e/o possesso da parte della SEM Molini Sardi, dei requisiti richiesti
dalla normativa all’epoca vigente per poter godere degli sgravi de quibus”.
Con il terzo motivo si denunzia violazione dell’art. 116 c.p.c. e insufficiente, omessa
e/o contraddittoria motivazione circa un punto o fatto controverso e decisivo per il

risultanze probatorie offerte prodotte in giudizio dalla odierna ricorrente”. In
particolare si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto attendibile il teste Orrù
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e non attendibili altri tre testi che Praime rilasciato dichiarazioni difformi. In tal modo
la Corte avrebbe motivato contraddittoriamente sul punto relativo alla valutazione
delle prove testimoniali.
I tre motivi sono connessi e devono essere esaminati congiuntamente.
Nella sentenza si svolge il seguente ragionamento. Lo sgravio aggiuntivo di cui
all’art. 18, quarto comma, della legge 1089 del 1968 e quello supplementare di cui
alla legge 589 del 1971 presuppongono un incremento reale dell’occupazione rispetto
alle date considerate dal legislatore (30 settembre 1968 e 31 dicembre 1970), il che
postula, nel caso di passaggio del personale da un’impresa ad un’altra, che tale
incremento può ritenersi effettivo solo in quanto la società che assume i dipendenti
sia una nuova impresa e non continuazione con diversa ragione sociale o
denominazione di preesistenti aziende. L’onere della prova dell’incremento
occupazionale e della novità dell’azienda è a carico della richiedente lo sgravio.
L’esame delle risultanze istruttorie della controversia in esame non consente di
ritenere provati tali requisiti.
Più in particolare, sempre secondo la Corte d’appello, la novità dell’azienda deve
essere esclusa per le ragioni specificate a pag. 14-17 della sentenza, in base alle quali
la Corte conclude che si è trattato di un trasferimento d’azienda (pag. 15) essendo
emerso che sono trasmigrati nella nuova società SEM Molini Sardi spa “l’intero
stabilimento aziendale” nonché tutto il personale della vecchia società Società
Ricorso n. 11764.11
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Pietro Curzio, este
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giudizio, sostenendoitche la Corte avrebbe “disatteso o meglio, non considerato le

esercizio Molini spa licenziato il 30 maggio 1970 e riassunto dalla nuova società con
effetto da 1° giugno 1970, a seguito di chiamata nominativa, con riconoscimento di
un trattamento retributivo corrispondente a quello in atto e conservazione della
anzianità pregressa seppure sotto forma di assegno ‘ad personam’.

dell’atto di appello della società (pag. 16 sentenza); una serie di valutazioni sulla
identità oggettiva dell’azienda a fronte delle differenze soggettive relative alla
compagine sociale ed alla sede legale, nonché le risultanze probatorie da cui era
emerso che, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, l’impianto non era
rimasto inattivo dal maggio 1968.
La Corte ha accertato che l’impianto non era rimasto inattivo, valutando
negativamente la dichiarazione in tal senso contenuta nell’atto di vendita, che giudica
preordinata a consentire all’acquirente di fruire degli sgravi ed in contrasto con
numerosi elementi di prova convergenti.
Tali elementi di prova sono costituiti dai documenti attestanti il pagamento della
contribuzione per tutte le maestranze occupate (mod. GS2) e dalle dichiarazioni rese
dal dipendente Porfirio Orrù. La sentenza dà infine atto che vi erano state anche
dichiarazioni di altri testi di contenuto diverso, ma le ritiene inattendibili perché, oltre
a non essere convergenti tra loro, provenivano tutte da lavoratori assunti in seguito
alla vendita dello stabilimento e quindi privi di conoscenza diretta dei fatti pregressi.
Sulla base di questi elementi di prova, analiticamente esaminati, la Corte ha ritenuto
di escludere che sia stata provata la creazione di posti di lavoro nuovi in eccedenza
rispetto a quelli esistenti in una certa data.
Infine, la Corte ha rilevato la tardività della domanda con la quale è stata richiesta
l’applicazione dello sgravio aggiuntivo in dipendenza delle ulteriori assunzioni di
personale operaio o impiegatizio effettuate dalla SEM Molini Sardi spa a partire dal
luglio 1971 in avanti, perché di tale allegazione non vi è traccia nel ricorso in
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Pietro Curzio, este
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A tal fine la Corte considera elementi di prova le ammissioni contenute a pag. 26

ns•

opposizione a decreto ingiuntivo in cui si consideravano solo le 40 unità transitate ed
assunte n data 1 giugno 1970, senza ulteriori allegazioni.
In subordine ha rilevato che non è stata fornita prova che tali nuove assunzioni non
siano valse al rimpiazzare le unità lavorative venute meno a causa di differenti eventi

non si sia comunque determinato un sebbene parziale incremento dei livelli
occupazionali.
Questo, in sintesi, l’iter motivazionale della Corte.
Deve premettersi, che i criteri interpretativi posti a base della decisione sono
pienamente conformi alla legge ed ai principi affermati in sede nomofilattica (cfr. in
particolare, Cass. 18 maggio 2010, n. 12095 e Cass. 19 maggio 2008, n. 12629).
In realtà, i tre motivi di ricorso non contestano i principi di diritto, ma i fatti accertati
dal giudice di merito, proponendo censure che presuppongono una diversa
ricostruzione degli stessi.
In particolare, nel ricorso si assume che i dipendenti addetti allo stabilimento, anche
se in forza alla vecchia società erano di fatto disoccupati a causa della inattività
aziendale. L’assunzione di tale personale da parte della nuova società avrebbe posto
fine a tale stato di inattività dell’azienda e di disoccupazione dei lavoratori; si assume
poi che la nuova società era del tutto distinta dalla vecchia, avendo in comune solo lo
svolgimento di analoga attività; infine, si assume che in seguito vennero assunti
anche nuovi dipendenti.
E’ evidente che quelle che vengono proposte non sono questioni di diritto, ma istanze
di diversa valutazione delle prove e quindi una diversa ricostruzione dei fatti, il che
non è possibile in sede di giudizio di legittimità, in assenza di censure specifiche
.
C 9t9dep e.t._ .
a motivazione, per omissione, insufficienza o contraddittorietà della stessa.

d–—\

Come si è visto, al contrario, la motivazione della Corte in ordine ai fatti su cui la
decisione si basa è precisa, articolata e coerente nel suo sviluppo.

Ricorso n. 11764.11
Udienza 19 marzo 2013

estintivi, come licenziamenti, dimissioni, pensionamenti. E che quindi con le stesse

Non può essere ridiscusso in questa sede che, al di là della diversa forma sociale, si è
accertata l’identità aziendale. Né può essere discusso che, contrariamente a quanto
asserito dalla società ricorrente, non vi fu un periodo di inattività aziendale e quindi i
lavoratori non furono disoccupati. Sul punto, che la società ricorrente dà quasi per

argomentata ed attenta.
Dai fatti accertati in sede di merito, in modo non più discutibile in sede di legittimità,
si desume che correttamente ed in piena conseguenza logica la Corte ha ritenuto
insussistenti gli estremi per godere dei benefici contributivi.
Lo sgravio degli oneri sociali previsto dal quinto comma dell’art. 59 del dpr 218 del
1978 riguarda solo il personale assunto dopo le date indicate dalla legge, la cui
assunzione abbia determinato un incremento occupazionale.
Se pertanto i lavoratori vengono licenziati da una società ed assunti da un’altra
società, perché possa riscontrarsi un incremento occupazionale è necessario che
l’azienda che licenzia ed assume, al di là dei dati formali, siat 4ccliversi: Nel caso
specifico la Corte d’appello, come si è visto, ha spiegato e puntualmente argomentato
te2a.

perché tale presupposto non sussiste e perché quindi YTavoratori licenziati e riassunti
non possano essere considerati nuove assunzioni, integranti un incremento
occupazionale, che giustifichi lo sgravio.
Dalla legge si desume, inoltre, che ciò che bisogna considerare è il saldo attivo delle
assunzioni, verificando che le stesse non siano state operate per sostituire lavoratori
licenziati o rapporti di lavoro comunque estintisi. Le nuove assunzioni devono
comportare un incremento occupazionale. Anche sul punto la Corte spiega in modo
puntuale perché il requisito non risulta provato, neanche con riferimento ai lavoratori
che si sostiene sarebbe stati assunti successivamente.
Con riferimento a queste specifiche assunzioni, la Corte d’appello, da un lato ha
rilevato come tale allegazione e la relativa produzione documentale siano state
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scontato, la ricostruzione dei fatti della sentenza impugnata è particolarmente

tardivamente proposte, dall’altro ha sottolineato che, comunque, non è stato provato /
dalla parte che ne aveva l’onere, che le stesse fossero assunzioni aggiuntive e non
sostitutive di lavoratori licenziati o collocati in pensione. Manca quindi la prova
dell’incremento occupazionale, richiesto dalla legge per fruire dello sgravio.

essere rigettato.
Le spese devono, per legge, essere liquidate in ragione del consistente valore della
controversia e poste a carico della parte che perde il giudizio.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di legittimità, in favore dell’INPS, che liquida in 50,00 euro, nonché
8.000,00 euro per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 marzo 2013
consigliere tensore

Tutti i motivi pertanto sono privi di fondamento ed il ricorso di conseguenza deve

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