Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10178 del 09/05/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10178 Anno 2014
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 7986-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 0636691001, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
MASETTO LAURETTA, ZIRONELLI DIEGO, NEW CLASS SRL;
– intimati avverso la sentenza n. 55/1/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di VENEZIA del 18/09/2012,
depositata

il

24/09/2012;

Data pubblicazione: 09/05/2014

,..
b.

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/03/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO
COSENTINO.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
«L’Agenzia delle entrate ricorre contro la società New Class srl e contro i relativi soci

Zironelli e Masetto per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria
Regionale del Veneto, riformando la sentenza di primo grado, ha annullato un avviso di
accertamento con il quale l’Ufficio aveva contestato la registrazione di fatture di acquisto
relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, conseguentemente rideterminando il valore
della produzione ai fini Irap e il reddito imponibile ai fini Ires e, quindi, recuperando l’indebita
detrazione dell’Iva e la maggior imposta per Irap e Ires per l’ anno d’imposta 2004.
La Commissione Tributaria Regionale ha motivato la propria decisione argomentando che, “gli
elementi sintomatici indicati alla Direzione Regionale e fatti propri dall’Agenzia delle entrate di
Schio non appaiono sufficientemente univoci per ritenere che la New Class S.r.l. sia stata
consapevole partecipe e diretta sfruttatrice dell’ipotizzato meccanismo probatorio posto in
essere delle tre società fornitrici” (pag. 2-3 della sentenza); ciò in quanto, sebbene i rapporti
commerciali tra la società contribuente e i suoi fornitori presentino “alcuni degli elementi
presuntivi di sospetto tipici della frode carosello”, tuttavia mancherebbe, nella specie, “una
pluralità concordante di elementi tali da escludere possibili ambivalenze ed affermare che la
società appellante abbia avuto non solo adeguata conoscenza dell’eventuale meccanismo di
evasione ma che abbia attivamente partecipato al fine di trarne un indebito vantaggio fiscale”
(pag. 3 della sentenza).
Il ricorso si fonda su un solo motivo, riferito al numero 3 dell’articolo 360 cpc, con il quale si
censura la violazione degli articoli 17, 19 e 21 d.p.r. 633/72 e dell’articolo 2697 c.c. in cui il
giudice territoriale sarebbe incorso trascurando il principio, che da dette norme deriverebbe,
che, qualora sia accertata l’emissione di fatture soggettivamente inesistenti, il giudice tributario
deve accertare che il contribuente che abbia esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA non
conoscesse detta frode né avrebbe potuto conoscerla usando l’ordinaria diligenza.
Il motivo appare infondato.
Questa Corte si è di recente soffermata specificamente sul riparto dell’onere probatorio tra
Fisco e contribuente in ordine al coinvolgimento dell’acquirente nelle frodi “carosello” poste in
essere dal fornitore, enunciando, nella sentenza 10414/11, i seguenti principi:
“nel caso, come il presente, di apparente regolarità contabile della fattura, dotata dei requisiti
di legge, l’onere della prova grava sull’Ufficio, nel senso che questi deve provare I) gli
elementi di fatto della frode, attinenti il cedente, ovvero la sua natura di “cartiera”, la

Ric. 2013 n. 07986 sez. MT – ud. 20-03-2014
-2-

r

t.

inesistenza di una struttura autonoma operativa, il mancato pagamento dell’IVA come modalità
preordinata al conseguimento di un utile nel meccanismo fraudolento e simili; 2) la connivenza
nella frode da parte del cessionario, non necessariamente però con prova “certa” ed
incontrovertibile, bensì con presunzioni semplici, purché dotati del requisito di gravità
precisione e concordanza, consistenti nella esposizione di elementi obiettivi – che possono
coincidere con quelli sub) 1 – tali da porre sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e
mediamente esperto sulla inesistenza sostanziale del contraente, il quale non può non rilevarla

attività imprenditoriale e commerciale qualificata.
Qualora, con giudizio di fatto rimesso al giudice del merito, la Amministrazione abbia fornito
una prova nei termini di cui sopra, l’onere a carico della medesima si intende assolto e grava
sul contribuente l’onere della prova contraria.
L’onere di provare la connivenza del cessionario nella frode del cedente grava dunque
sull’Amministrazione; quest’ultima può fornire tale prova anche mediante presunzioni
semplici, le quali possono derivare anche dalle medesime risultanze di fatto attinenti alla natura
di “cartiera” del cedente.
La sentenza gravata non si è discostata dai suddetti principi, perché ha annullato l’ impugnato
avviso di accertamento non sulla base di un’ affermazione di diritto secondo la quale
all’Amministrazione sarebbe preclusa la possibilità di provare per presunzioni la connivenza
dell’acquirente nella frode del cessionario, bensì sulla base di un giudizio di fatto secondo il
quale, nella specie, l’Amministrazione non avrebbe assolto nemmeno per presunzioni all’onere
probatorio sulla stessa gravante (vedi pag. 4, primo capoverso: “ritiene il Collegio che gli
elementi presuntivi indicati, se suggeriscono, indubbiamente, la volontà dei titolari della
TRADING TRADEX ITALIA, della KRONOS e della ditta individuale LEONE FRANCESCO, di
non provvedere al versamento dell’IVA dovuta, non consentono di affermare che vi sia
volontaria e consapevole adesione dell’appellante allo schema dell’evasione”. Tale giudizio di
fatto non è stato censurato dalla difesa erariale con il mezzo di cui all’articolo 360 n. 5 cpc,
cosicché il ricorso si palesa infondato perché l’unico motivo sul quale si fonda risulta non
pertinente alla ratio decidendi della sentenza gravata.
Si propone il rigetto del ricorso.»

che le parti intimate non si sono costituite;
che la relazione è stata notificata alla ricorrente;
che non sono state depositate memorie difensive;
che, a seguito della discussione in camera di consiglio, il Collegio condivide gli
argomenti esposti nella relazione;
che, pertanto, si deve rigettare il ricorso;
Che non vi è luogo a regolazione di spese, non essendosi gli intimati costituiti.
Ric. 2013 n. 07986 sez. MT – ud. 20-03-2014
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e peraltro deve coglierla, per il dovere di accortezza e diligenza insito nell’esercizio di una

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/02, si dà atto della sussistenza

titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Così deciso in Roma il 20 marzo 2014.

dei presupposti dell’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a

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