Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10177 del 10/05/2011
Cassazione civile sez. VI, 10/05/2011, (ud. 20/10/2010, dep. 10/05/2011), n.10177
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Presidente –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 12035/2010 proposto da:
O.S.O. (OMISSIS), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 73, presso lo studio
dell’avvocato NANNI NICOLA, rappresentato e difeso dall’avvocato
CASSAMAGNAGHI Giorgio, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 114 0/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO del
12/03/10, depositata il 16/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
20/10/2010 dal Presidente Relatore Dott. GIUSEPPE SALME’;
è presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
Che il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c., del seguente tenore: “Con sentenza del 7 maggio 2009 il tribunale di Milano ha respinto il ricorso proposto da O.S.O. avverso il provvedimento della commissione territoriale che gli ha negato il riconoscimento dello status di rifugiato, ritenendo non provata l’affermazione secondo la quale lo straniero, di nazionalità nigeriana, sarebbe stato nel suo paese in pericolo di vita per la lotta all’occultismo. La corte d’appello di Milano ha confermato la pronuncia di primo grado osservando, per quanto rileva in questa sede, che le dichiarazioni del ricorrente non erano sufficienti e che da un documento dallo stesso prodotto risultava che già dal gennaio 2002 il governo nigeriano stava tentando di porre freno all’attività di occultismo, da ciò desumendosi l’esistenza di una situazione generale che riguardava indistintamente una pluralità di soggetti e non si riferiva concretamente alla situazione personale del ricorrente.
O.S.O. propone ricorso per cassazione deducendo due motivi con ì quali censura la sentenza della corte milanese deducendo la violazione di legge e il difetto di motivazione perchè:
1) dal documento sul quale sì basa la sentenza e da due altri ritualmente prodotti emerge che effettivamente che la situazione di pericolo in Nigeria colpisce un’indistinta pluralità di soggetti, ma ciò implica che colpisce anche il ricorrente che, essendo anche studente, sarebbe soggetto alle azioni criminose poste in essere dagli studenti occultisti (primo motivo); 2) le dichiarazioni rese dal ricorrente dovevano essere ritenute veritiere perchè provenienti da una persona di condotta ineccepibile, in possesso di documento d’identità e codice fiscale, dedito al lavoro e titolare di contratto di locazione (secondo motivo).
Osserva che il ricorso appare inammissibile.
La motivazione della sentenza impugnata è infatti giuridicamente corretta, logica e sufficiente. Infatti, è orientamento pacifico (a partire da Cass. n. 907/1999 e più di recente Cass. n. 18353/2006, 26278/2005, 2091/2005, 5055/2002) che la qualifica di rifugiato politico, riconducibile alla categoria degli status e dei diritti soggettivi, ai sensi della convenzione di Ginevra del 29 luglio 1951 e, ora, della direttiva 2005/85 CE, attuata con il D.Lgs n. 25 del 2008 (art. 2), si caratterizza per la circostanza che il richiedente non può o non vuole fare ritorno nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per il fondato timore di una persecuzione personale e diretta (per l’appartenenza ad etnia, associazione, credo politico o religioso, ovvero in ragione delle proprie tendenze o stili di vita). Si è anche specificato (Cass. n. 26822/2007) che la condizione socio-politica o normativa del paese di provenienza è rilevante ai fini del riconoscimento dello status solo se si correla alla specifica posizione del richiedente, che rischi verosimilmente specifiche misure sanzionatorie a carico della sua integrità fisica o libertà personale. Di tale orientamento ha fatto corretta applicazione la sentenza impugnata.
Peraltro, si è anche già osservato (Cass. n. 2091/2005) che l’accertamento del giudice del merito relativo alla sussistenza dei presupposti di fatto per il riconoscimento dello status di rifugiato è incensurabile in sede di ricorso per cassazione ove a fondamento dello stesso esista una motivazione chiara ed iequivocamente comprensibile. I dedotti vizi motivazioni in realtà consistono in censure alle valutazioni e agli accertamenti di fatto compiuti dalla corte territoriali e, come tali, sono inammissibili.
Sulla base delle osservazioni che precedono il ricorso potrà essere deciso in Camera di consiglio”.
Che il ricorrente ha presentato memoria.
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
Che le conclusioni alle quali giunge la relazione debbono essere condivise, dovendosi rilevare che anche il secondo motivo appare inammissibile perchè diretto a sollecitare una accertamento di fatto, circa la veridicità e la rilevanza delle dichiarazioni del ricorrente, che è riservata al giudice del merito.
Nulla sulle spese non avendo l’amministrazione intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 1, il 20 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2011