Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10176 del 16/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/04/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 16/04/2021), n.10176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11421 – 2018 R.G. proposto da:

Z.R. – c.f. (OMISSIS) – già titolare dell’omonima impresa,

elettivamente domiciliato in Roma, al vicolo Orbitelli, n. 31,

presso lo studio dell’avvocato Maria Elena Ribaldone che

disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Silvia Paganessi ed

all’avvocato Christian Ferretti lo rappresenta e difende in virtù

di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CO.GE.MI. – COSTRUZIONI GENERALI MILANO s.r.l. – c.f. (OMISSIS) – in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, alla via Ennio Quirino Visconti, n. 20, presso

lo studio dell’avvocato Mario Antonini che disgiuntamente e

congiuntamente all’avvocato Giuliano Giuggioli la rappresenta e

difende in virtù di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino n. 226/2018;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 novembre

2020 dal consigliere Dott. Abete Luigi.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con decreto n. 744/2014 il Tribunale di Verbania ingiungeva alla “CO.GE.MI. – Costruzioni Generali Milano” s.r.l. di pagare al ricorrente, Z.R., la somma di Euro 7.955,38, oltre interessi, a titolo di saldo del corrispettivo per i lavori di realizzazione di un impianto idrotermosanitario presso il cantiere “(OMISSIS)”, sito in Meina.

2. La “CO.GE.MI.” s.r.l. proponeva tempestiva opposizione.

Esponeva, tra l’altro, che l’impianto realizzato presentava dei vizi. Instava per la revoca dell’ingiunzione.

3. Si costituiva Z.R..

Deduceva, tra l’altro, che l’opponente unicamente con la comunicazione risalente al mese di giugno del 2014 aveva sollevato contestazioni con riferimento ai materiali forniti ed ai lavori eseguiti; che dunque l’opponente era decaduta dalla garanzia.

Invocava il rigetto dell’opposizione.

4. Espletata la consulenza tecnica, con sentenza n. 576/2016 il Tribunale di Verbania rigettava l’opposizione e confermava l’ingiunzione.

Il tribunale, tra l’altro, qualificava in guisa di contratto d’opera la pattuizione intercorsa tra le parti e reputava tardiva la denunzia datata 4.6.2014.

5. Proponeva appello la “CO.GE.MI.” s.r.l.

Resisteva Robert Z.; proponeva appello incidentale.

6. Con sentenza n. 226/2018 la Corte d’Appello di Torino accoglieva il gravame principale, rigettava il gravame incidentale e, per l’effetto, in accoglimento dell’opposizione esperita in prime cure dalla s.r.l. principale appellante, revocava l’ingiunzione di pagamento e condannava, tra l’altro, l’appellato alle spese del doppio grado e di c.t.u.

Evidenziava la corte che la pattuizione dalle parti siglata, era da qualificare in guisa di contratto d’appalto con applicabilità dell’art. 1667 c.c.

Evidenziava poi che unicamente a seguito della segnalazione da parte del condominio dei valori anomali risultanti dai contabilizzatori, nella prima stagione 2013/2014, era stato effettuato un sopralluogo in data 28.4.2014 alla presenza dell’amministratore condominiale e di un tecnico della “Caleffi”; che i dati elaborati dal tecnico erano stati inviati il 6.5.2014 e successivamente all’invio dei dati, con raccomandata del 4.6.2014, era stata inoltrata all’appaltatore la denuncia dei vizi.

Evidenziava quindi che la denuncia doveva ritenersi effettuata nel rispetto del termine di sessanta giorni di cui all’art. 1667 c.c., siccome i vizi erano da reputare occulti.

7. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso Robert Z.; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.

La “CO.GE.MI.” s.r.l. ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

8. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta infondatezza del ricorso; il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

9. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, e dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c. e all’art. 1667 c.c., comma 2.

Adduce che ha errato la corte a reputare tempestiva la denuncia dei vizi. Premette che ha ripetutamente contestato il momento in cui controparte ha assunto di aver scoperto i vizi.

Indi deduce che l’impianto è stato consegnato alla committente sin dall’ottobre del 2012 e che è stato collaudato con risultato positivo con sopralluogo del 12.1.2013; che, al contempo, se si assume che la scoperta dei vizi è avvenuta nel corso della stagione invernale 2013/2014, evidentemente la scoperta dei vizi non può farsi risalire ad epoca successiva al 20.3.2014, termine della stagione invernale.

Deduce altresì che, contrariamente all’assunto della corte di merito, secondo cui dal verbale dell’assemblea condominiale del 2.4.2014 si evince la segnalazione da parte del condominio dei valori anomali risultanti dai contabilizzatori di calore nella prima stagione 2013/2014, dal medesimo verbale si evince unicamente che l’assemblea ebbe ad approvare all’unanimità il rendiconto generale.

Deduce ancora che, contrariamente all’assunto della corte di merito, il verbale del sopralluogo del 28.4.2014 dà conto unicamente dell’esistenza di una problematica relativa ai soli contabilizzatori.

10. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio.

Deduce che la corte distrettuale non ha considerato che il sopralluogo del 28.4.2014 non aveva fatto emergere tutte le anomalie riscontrate dal c.t.u. ma unicamente problemi ai contabilizzatori e dunque non all’impianto nel suo complesso; che pertanto non vi è prova che alla data del 28.4.2014 fossero state accertate difformità all’impianto ed alla caldaia.

Deduce altresì che la corte distrettuale non ha considerato che la caldaia non fosse di marca “Caleffi”; che dunque i problemi alla caldaia non potevano emergere nel corso del sopralluogo del 28.4.2014.

Deduce inoltre che la corte distrettuale non ha considerato che a gennaio del 2014 era stato eseguito un sopralluogo in presenza dell’amministratore del condominio e di un tecnico della “Caleffi” onde verificare il funzionamento dei contabilizzatori, sicchè “la data di scoperta dei vizi ai meri contabilizzatori (…) non può che retrocedere al gennaio 2014, con conseguente tardività della denunzia del 4/06/2014” (così ricorso, pagg. 18 – 19).

11. Va debitamente premesso che, nonostante la rituale notificazione del decreto presidenziale e della proposta del relatore, le parti, segnatamente il ricorrente, non hanno provveduto al deposito di memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

In ogni caso, pur al di là del testè riferito rilievo, il collegio appieno condivide la proposta, che ben può essere reiterata in questa sede.

12. I motivi di ricorso dunque sono infondati e da respingere.

E sono da disaminare congiuntamente, perchè anche il primo motivo è da qualificare alla stregua dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Invero pur con il primo mezzo – oltre che con il secondo – il ricorrente sostanzialmente censura il giudizio “di fatto” cui la corte territoriale ha atteso ai fini della concreta individuazione del dies a quo – della scoperta ossia – del termine di 60 giorni, ex art. 1667 c.c., comma 2, entro cui il committente, la “CO.GE.MI.” cioè, era tenuta a denunciare i vizi occulti (“la Corte, sulla base di tale erronea ed imprudente valutazione del verbale 2.4.2014, è giunta ad un’errata ricostruzione fattuale (…)”: così ricorso, pag. 12; “sulla scorta di tale erronea ricostruzione fattuale, il Giudice del gravame ha mal sussunto (…)”: così ricorso, pag. 12; “una corretta valutazione del materiale probatorio avrebbe determinato (…) una ricostruzione della quaestio facti diversa da quella effettuata dal giudice dell’appello (…)”: così ricorso, pag. 13).

Del resto, è propriamente la previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499).

13. Su tale scorta ambedue i motivi sono da vagliare, oltre che nel solco della (novella) formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel segno della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.

In quest’ottica si osserva quanto segue.

Per un verso, è da escludere recisamente che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia a sezioni unite testè menzionata, possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la Corte di Torino ha ancorato il suo dictum.

Invero, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte torinese ha – così come si è premesso – compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.

Per altro verso, la corte torinese ha sicuramente disaminato il fatto storico dalle parti discusso, a carattere decisivo, connotante la res litigiosa, ovvero il fatto della tempestività della denunzia in rapporto al momento della scoperta delle difformità e dei vizi.

14. In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte d’appello risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica.

A tal riguardo si rimarca ulteriormente quanto segue.

15. In primo luogo il collaudo dell’impianto non osta all’operatività della garanzia per i vizi non riconoscibili (cfr. Cass. 6.11.1975, n. 3752, secondo cui la disposizione dell’art. 1667 c.c., comma 2, in base alla quale il committente deve, a pena di decadenza, denunciare all’appaltatore le difformità ed i vizi dell’opera entro sessanta giorni dalla scoperta, si riferisce soltanto alle difformità ed ai vizi occulti, non anche a quelli palesi e riconoscibili, che possono essere fatti valere in sede di verifica e collaudo dell’opera stessa).

16. In secondo luogo, in tema di appalto, ai fini del termine utile per la denuncia dei vizi dell’opera, il dies a quo deve farsi risalire al momento in cui il committente acquisisce la certezza obiettiva della loro sussistenza e tale certezza deve essere posta in relazione all’estrinsecazione dei vizi medesimi nelle loro manifestazioni esteriori e non necessariamente all’accertamento causale, che di regola attiene ad un momento successivo alla scoperta (cfr. Cass. 13.10.1972, n. 3058).

In questi termini la corte torinese ha ulteriormente specificato che, unicamente allorchè il condominio aveva avuto modo di registrare gli anomali consumi, era insorta la necessità di un approfondimento tecnico, all’esito del quale erano emersi i vizi imputabili alla ditta appaltatrice (cfr. sentenza d’appello, pag. 7).

17. In terzo luogo Z.R. sollecita in fondo questa Corte a rivalutare il giudizio “di fatto” cui la corte torinese ha atteso, alla luce di una pretesa più “corretta valutazione del materiale probatorio” (così ricorso, pag. 13) e delle risultanze di causa.

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

18. Si tenga conto infine che l’asserito mancato esame delle argomentazioni difensive svolte neppure è riconducibile al paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. 14.6.2017, n. 14802; Cass. (ord.) 18.10.2018, n. 26305).

19. In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare alla s.r.l. controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

20. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1-bis, se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, Z.R., a rimborsare alla controricorrente, “CO.GE.MI. – Costruzioni Generali Milano” s.r.l., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 2.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2021

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