Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10174 del 30/04/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 10174 Anno 2013
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: MANCINO ROSSANA

SENTENZA

sul ricorso 13219-2008 proposto da:
INPS , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA
FREZZA 17, presso lo studio dell’avvocato RICCIO
ALESSANDRO, che lo rappresenta e difende unitamente
agli avvocati PATTERI ANTONELLA, VALENTE NICOLA;
– ricorrenti contro

2013
935

elettivamente domiciliato in ROMA,

VITALI GIOVANNI,
VIA GERMANICO

96, presso lo studio dell’avvocato

TAVERNITI BRUNO,
VALETTINI ROBERTO;

rappresentato e difeso dall’avvocato

Data pubblicazione: 30/04/2013

- controricorrenti

avverso la sentenza n. 287/2007 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 02/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI

udito l’Avvocato;

13219/2008 r.g.n. INPS c/Vitali Giovanni
ud 14 marzo 2013

i. Vitali Giovanni, titolare di pensione di anzianità con decorrenza 1°
novembre 1998, premesso che l’INPS gli contestava la riscossione di
ratei di pensione cat. VO non cumulabili con la retribuzione di cui nel
frattempo aveva goduto, chiedeva, in contraddittorio con l’INPS,
l’applicazione della sanatoria di cui all’art. 44, co.3, L. 289/2002 e, in via
subordinata, l’accertamento negativo dell’obbligo del pagamento delle
sanzioni ex art. 40, d.P.R. n.488 del 1968.

2. Il primo Giudice dichiarava il diritto del Vitali a fruire della predetta
sanatoria e l’obbligo dell’Istituto di ricalcolare le somme dovute ai sensi
della predetta legge n.289/2002.
3. Avverso la decisione proponeva appello l’INPS.
4. Con sentenza del 2 maggio 2007, la Corte d’Appello di Genova, in
parziale accoglimento del gravame svolto dall’INPS, riconosceva il
diritto del pensionato a fruire della sanatoria relativamente alle somme
dal medesimo ancora dovute alla data di presentazione della domanda
di applicazione del beneficio.
5. La Corte territoriale riteneva incontestata, e pacifica, la sussistenza di
un indebito: Vitali, titolare di pensione di anzianità con decorrenza
1.11.1998, dopo aver dichiarato di aver cessato l’attività lavorativa
svolta per il condominio Punta Bianca in data 31.10.1998, veniva
nuovamente impiegato, successivamente al pensionamento, presso il
medesimo condominio, ma informava il datore di lavoro dello status di
pensionato solo nel marzo 2000, e di li a poco, il 30.4.2000, cessava
definitivamente il rapporto di lavoro; il datore di lavoro operava,
pertanto, la prescritta trattenuta sulle retribuzioni solo per il mese di
aprile 2000; l’INPS calcolava le trattenute dovute, pari al trattamento di
pensione corrisposto per i mesi di concomitanza del rapporto di lavoro
con il trattamento pensionistico, e si formava l’indebito per cui era
causa.
6. La Corte di merito riteneva incontroversa l’incumulabilità della
prensione di anzianità con la retribuzione (ex art. 10,co.6 d.lgs.

Rossana Mancino est.

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Svolgimento del processo

7. Per la cassazione di questa sentenza l’INPS propone ricorso affidato ad
un unico motivo. L’intimato ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione
8. Con unico motivo l’INPS censura la sentenza impugnata per violazione
di legge (art. 44, co.3 L. 289/2002), per aver la Corte di merito
riconosciuto al pensionato il diritto di avvalersi della sanatoria
previdenziale, sia pure per le sole somme non ancora recuperate,
sebbene l’illecito da cui traeva origine l’obbligo di pagamento delle
sanzioni fosse risultato già accertato, ed in corso di recupero, alla data
di entrata in vigore della sanatoria. Assume che la disposizione invocata
non trova applicazione neanche per le somme non ancora recuperate e
sottolinea l’estraneità di qualsivoglia effetto retroattivo alla disciplina di
emersione applicabile agli inadempimenti, in tema di divieto di cumulo
tra redditi da lavoro e pensione di anzianità applicabili ratione temporis,
collocati temporalmente fino al 31 marzo 2003 alla stregua di
qualunque specifica normativa di volta in volta vigente, a condizione
che la condotta inadempiente richieda l’applicazione di sanzioni civili
successivamente all’entrata in vigore della legge n.289. In definitiva,
per l’INPS la sanatoria non sarebbe applicabile agli illeciti già accertati,
contestati e con il regime sanzionatorio sia in itinere, in base all’assunto,
sul quale verte il quesito di diritto, secondo cui il legislatore del 2002

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503/1992), onde il diritto dell’INPS al recupero dei ratei di pensione
indebitamente corrisposti sanzionato dalla legge con la maggiorazione,
fino al 40 %, dell’importo capitale da restituire; riteneva applicabile
l’invocata sanatoria e stimava irrilevante, ai fini del comma 3 dell’art. 44
della 1. n. 289 cit., l’aver effettuato la dovuta comunicazione all’INPS
dei redditi prodotti prima o dopo l’entrata in vigore della norma, in
base al rilievo per cui il tema trattato non investiva profili di
retroattività o irretroattività della legge n.289 rispetto alle situazioni
pregresse, ma la più limitata questione inerente alla sussistenza delle
sanzioni e penalità per violazioni, fino al 31.3.2003, delle disposizioni
concernenti i divieti di cumulo parziale o totale. Rilevava, in definitiva,
che il debito del pensionato si era consolidato prima dell’entrata in
vigore della legge 289/2002, onde la sanatoria poteva riguardare solo le
somme non ancora recuperate dall’istituto alla data di presentazione
della domanda.

non avrebbe introdotto una generale sanatoria di tutti i comportamenti
elusivi.

10. La ricognizione normativa della legislazione anticumulo del trattamento
pensionistico con il trattamento retributivo, per vero frammentaria e
disorganica, vede collocata nel 1952 (art.12 L.218/1952) la prima
disciplina anticumulo, annullata nel 1965 (art. 37, L.903/1965), e
ripristinata nel 1968, allorché per le pensioni con decorrenza successiva
a quella data venne prescritta la totale incumulabilità (art. 20, d.p.r.
488/68), colpita, ben presto, da declaratoria di illegittimità
costituzionale (v. Corte cost. nn. 155/1969 e 30/1976) con la
frutto della
riaffermazione dell’intangibilità della pensione
contribuzione versata dall’interessato.

a. Divenuto operativo il sistema retributivo di calcolo della pensione, il
Legislatore ha introdotto la regola dell’incumulabilità parziale della
pensione con la retribuzione (art. 20, legge 153/1969), introducendo
un doppio limite: del 50 per cento della quota di pensione eccedente il
trattamento minimo, fino a concorrenza della retribuzione stessa e, per
l’intero, della quota di pensione eccedente un determinato tetto,
rimanendo costante il principio dell’integrale cumulabilità della
retribuzione con il trattamento minimo nella legislazione successiva.
12. La pensione di anzianità dei dipendenti privati, qual è il trattamento
pensionistico goduto nella vicenda per cui è causa, è stata fin
dall’origine incumulabile, per l’intero, con il reddito da lavoro
dipendente (art.22 L.153/1969), salvo eccezioni, delle quali per brevità
e irrilevanza nella specie non viene dato atto; pienamente cumulabile,
fino al 1994, con il reddito da lavoro autonomo, ed incumulabile, da
tale anno, anche con tale reddito, nella misura del 50 per cento fino a
concorrenza del reddito stesso (art. 10, primo comma, d.lgs. 503/1992).
13. La riforma del 1995 ha confermato il regime di incumulabilità totale
fino al compimento, da parte dell’interessato, dell’età di 62 anni, e,
dall’età di 63 anni in poi, il regime di incumulabilità nella misura del 50

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9. Il ricorso è meritevole di accoglimento e la risposta affermativa al
quesito di diritto formulato a corredo dell’illustrazione del motivo
impone un sintetico richiamo alla normativa della disciplina anficumulo
che costituisce la cornice in cui si inscrive la vicenda per cui è causa.

per cento della parte eccedente l’importo del trattamento minimo (arti,
commi 21,22 L. 335/1995).

15. Detto regime, ai sensi della legge finanzia per l’anno 2003, ha effetto
dal gennaio 2003 per i casi di anzianità contributiva pari o superiore a
37 anni, a condizione che il lavoratore abbia compiuto 58 ani di età;
tuttavia, anche chi non sia in possesso di tali requisiti può giovarsi della
possibilità di cumulare prestazione pensionistica e retribuzione ove si
assoggetti al pagamento di una somma determinata in proporzione
dell’importo della pensione stessa.
16. Tanto premesso sull’evoluzione, nel tempo, della disciplina anticumulo
in direzione della cumulabilità del trattamento pensionistico con il
trattamento retributivo, va precisato che alla stregua della legislazione
anticumulo che viene in rilievo nella vicenda in esame, l’inottemperanza
degli obblighi a carico del pensionato e del datore di lavoro è parimenti
sanzionata nei confronti di entrambi.
17. Invero, a norma dell’art. art. 40, coma 4, del d.P.R. n. 488 cit., la
condotta omissiva del lavoratore che ometta di dichiarare al datore di
lavoro la sua qualità di pensionato è sanzionata con il versamento di
una somma, pari al doppio dell’importo delle trattenute non effettuate a
causa di tale omissione, somma prelevata, dall’Istituto nazionale della
previdenza sociale, “sulle rate di pensione dovute al trasgressore”.
18. Il datore di lavoro è autonomamente soggetto alla sanzione prevista a
suo carico dal d.p.r. in parola (art. 40 d.p.r. n.488 cit. e art. 8 L. 638/83),
quando egli ometta le trattenute previste dallo stesso D.P.R. nei
confronti dei lavoratori che fruiscono di trattamento pensionistico,
ovvero non effettui il versamento delle stesse all’Inps (sulla
conoscenza della sussistenza della qualità di pensionato in capo al
lavoratore, indipendentemente da una espressa dichiarazione di
quest’ultimo, v. Cass. 5510/2001).
19. La regola in esame, interpretata nel senso che essa contiene la
previsione di un indefettibile obbligo a carico del lavoratore, delineato

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14. Il nuovo regime, previsto dall’art. 72 della legge n.388 del 2000, ha
introdotto l’integrale cumulabilità purché il lavoratore abbia una
determinata ed elevata anzianità contributiva (40 anni) dal gennaio
2001, comprese le pensioni liquidate anteriormente.

20.

La giurisprudenza di questa Corte ha ulteriormente ravvisato nella
descritta regolamentazione non già una ripetizione di indebito, sibbene
una sanzione amministrativa pecuniaria relativa alla violazione di un
dovere posto dalla legge e destinato ad alimentare uno specifico fondo,
conformemente a quanto disposto per la generalità delle sanzioni
amministrative in materia di previdenza e assistenza obbligatorie (ex
multis, Cass. 17386/2003; Cass.3723/1997; Cass.5495/1997), con la
conseguenza che la sussistenza del comportamento illecito del
pensionato sanzionato nei termini detti non è stata esclusa neanche
dalla circostanza che l’INPS avrebbe potuto rilevare direttamente la
parziale incumulabilità di pensione e retribuzione (ex mziltis, Cass.
5574/2009).
Ove, poi, si aggiunga, la predeterminazione ex lege degli oneri restitutori
del pensionato, risulta ancor più evidente che all’inottemperanza degli
obblighi in tema di divieto di cumulo non segue una mera ripetizione
dell’indebito con eventuali accessori di legge, ma una sanzione civile in
materia previdenziale suscettibile di venir meno solo per esplicita
abrogazione.

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Ebbene, il Legislatore del 2002, con la legge finanziaria per l’anno 2003,
legge n. 289 del 2002, ha legiferato solo sul divieto di cumulo e ha, al
contempo, introdotto un procedimento peculiare di emersione per
quanti non avessero ottemperato “agli adempimenti previsti dalla
normativa di volta in volta vigente”.

23.

Così recita l’art. 44, comma 1, legge n.289 cit.: «A decorrere dal 1°
gennaio 2003, il regime di totale cumulabilità tra redditi da lavoro
autonomo e dipendente e pensioni di anzianità a carico

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in termini rigorosi e formali, è già stata ritenuta da questa Corte
soluzione conforme alla ratio della norma, risolvendosi in una più sicura
difesa anche di interessi di natura pubblica, quale l’interesse all’oculata
gestione delle risorse pensionistiche e ad un indiscutibile accertamento
della violazione, sicché l’obbligo di comunicazione da parte del
lavoratore è stato svincolato dalla condizione negativa della mancata
conoscenza della sua situazione pensionistica da parte del datore di
lavoro, al fine di eliminare margini di incertezza nella valutazione della
sussistenza del presupposto per la sanzione, con rischio di
moltiplicazione delle controversie e di sostanziale svuotamento degli
obiettivi perseguiti dal legislatore ( Cass. 21668/2008).

24. Per i pensionati inadempienti agli obblighi previsti dalla normativa
previgente, anzi “di volta in volta vigente” secondo l’inusuale formula
adottata dal Legislatore per evocare genericamente la successione di
fonti normative in materia, il comma 3 ha regolamentato un
procedimento, annoverabile tra i procedimenti di emersione o di
condono o sanatoria, così disciplinato: «Per gli iscritti alle gestioni di cui
al comma 1 titolari di reddito da pensione, che hanno prodotto redditi
sottoposti al divieto parziale o totale di cumulo e che non hanno
ottemperato agli adempimenti previsti dalla normativa di volta in volta
vigente, le penalità e le trattenute previste, con i relativi interessi e
sanzioni, non trovano applicazione, per il periodo fino al 31 marzo
2003, qualora l’interessato versi un importo pari al 70 per cento della
pensione relativa al mese di gennaio 2003, moltiplicato per ciascuno
degli anni relativamente ai quali si è verificato l’inadempimento…».
25. Il Legislatore, pur volendo abbracciare una disciplina senza tempo (“di
volta in volta vigente”) ha prescritto l’inapplicabilità delle penalità,
trattenute, relativi interessi e sanzioni, fino al 31 marzo 2003, a
condizione che l’interessato faccia emergere la condotta omissiva
assolvendo l’obbligazione nelle modalità e dei termini prescritti, vale a
dire “versando un importo pari al 70 per cento della pensione relativa al
mese di gennaio 2003, moltiplicato per ciascuno degli anni
relativamente ai quali si è verificato l’inadempimento…”.
26. Il comma 4 dell’art. 44 cit. ha, peraltro, cadenzato in un predefinito
segmento temporale la condotta attiva dell’interessato: «Gli importi di
cui ai commi 2 e 3 sono versati entro il 16 marzo 2003, secondo
modalità definite dall’ente previdenziale di appartenenza. L’interessato
può comunque optare per il versamento entro tale data del 30 per
cento di quanto dovuto, con rateizzazione in cinque rate trimestrali
della differenza, applicando l’interesse legale. Per i pensionati non in
attività lavorativa alla data del 30 novembre 2002, il versamento può
avvenire successivamente al 16 marzo 2003, purché entro tre mesi
dall’inizio del rapporto lavorativo, su una base di calcolo costituita

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dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive,
esclusive ed esonerative della medesima, previsto dall’articolo 72,
comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è esteso ai casi di
anzianità contributiva pari o superiore ai 37 anni a condizione che il
lavoratore abbia compiuto 58 anni di età. I predetti requisiti debbono
sussistere all’atto del pensionamento».

27. Così cadenzata la procedura di emersione degli inadempimenti correlati
al divieto di cumulo vigente pro-tempore, il Legislatore, con il comma 5
dell’art. 44 cit., ha fatto seguire esplicita disposizione sulla sanzionabilità
della condotta omissiva di quanti, benché inadempimenti, non abbiano
inteso avvalersi della descritta procedura, con disposizione del seguente
tenore: «Dalla data del 1° aprile 2003 i comparti interessati
dell’amministrazione pubblica, ed in particolare l’anagrafe tributaria e
gli enti previdenziali erogatoti di trattamenti pensionistici, procedono
all’incrocio dei dati fiscali e previdenziali da essi posseduti, per
l’applicazione delle trattenute dovute e delle relative sanzioni nei
confronti di quanti non hanno regolarizzato la propria posizione ai
sensi del comma 3».
28. Dunque, introdotta, in linea generale, la regola del cumulo e la
procedura di emersione secondo modalità e tempi prescritti, il
Legislatore ha ribadito l’attualità della potestà sanzionatoria dell’ente di
previdenza, a decorrere dal 1° aprile 2003, nei confronti di quanti non
avessero ritenuto di avvalersi dei più favorevoli oneri sanzionatori e
restitutori e fossero rimasti silenti circa la denuncia della propria
condizione di percettore di pensione e di retribuzione.
29. Peraltro, l’incrocio dei dati fiscali e previdenziali allo scopo di far
emergere inadempienze rimaste nell’ombra e, al contempo, l’esplicita
riaffermazione della potestà sanzionatoria dell’Ente, vanno letti, da un
lato, come ulteriore elemento di incoraggiamento verso l’adesione alla
procedura di emersione, rafforzandone il vantaggio economico con
l’effetto deterrente della sanzionabilità, dal 1° aprile 2003, delle
condotte non denunciate e non emerse spontaneamente, dall’altro con
la volontà del Legislatore di svincolare la procedura di emersione
dall’elisione totale della potestà sanzionatoria, nel senso che, sospesa
tale potestà solo nel cadenzato segmento temporale per le spontanee
iniziative di emersione nei termini prescritti, accertamenti delle

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dall’ultima mensilità di pensione lorda erogata prima dell’inizio della
attività lavorativa, con la maggiorazione del 20 per cento rispetto agli
importi determinati applicando la procedura di cui al comma 2. Per i
soggetti di cui al penultimo periodo del comma 2, il versamento viene
effettuato entro sessanta giorni dalla corresponsione della prima rata di
pensione. Per i soggetti di cui all’ultimo periodo del comma 2 e
all’ultimo periodo del comma 3, il versamento di conguaglio avviene
entro due mesi dall’erogazione della pensione definitiva».

30. Resta da verificare se il Legislatore abbia inteso introdurre una generale
sanatoria dei comportamenti elusivi fino al marzo 2003, prevedendo
anche per le condotte elusive come quella che ne occupa, già accertate e
contestate da epoca antecedente all’entrata in vigore della legge n.288, e
per le quali sia già in corso il recupero delle sanzioni, delle penalità e
delle trattenute, che il pensionato se ne possa giovare opponendo
all’INPS la pretesa al trattamento di emersione.
31. Il Collegio ritiene che il dettato normativo, nel quale nessun esplicito
cenno si coglie agli inadempimenti già accertati e sanzionati prima
dell’entrata in vigore della disciplina, non palesa alcun elemento che
possa orientare l’interpretazione della menzionata disciplina nel senso
della previsione di una generale sanatoria anche delle condotte omissive
già accertate e contestate, per le quali sia già in corso il relativo
recupero.
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H Legislatore ha sì stabilito una più favorevole misura degli oneri
sanzionatori e restitutori al fine di consentire una più sollecita
definizione delle situazioni emergenti nel vigore della nuova disciplina,
ma non ha introdotto alcuna disposizione transitoria, trascurando del
tutto gli accertamenti già compiuti e le violazioni già contestate, ma
ponendo al centro della peculiare regolamentazione l’iniziativa
dell’inadempiente che, spontaneamente, faccia emergere la condotta
omissiva giovandosi di un trattamento di favore, con la forza
deterrente, come già detto, del trattamento deteriore che riprende
vigore, per gli inadempienti, dal primo aprile 2003.

33.

Già la condotta di emersione, che si compendia nel versamento
spontaneo della somma prescritta (un importo pari al 70 per cento della
pensione relativa al mese di gennaio 2003, moltiplicato per ciascuno
degli anni relativamente ai quali si è verificato l’inadempimento),
assurge ad elemento dirimente ai fini dell’esclusione delle inadempienze
già accertate e sanzionate, posto che, in tal caso, manca in radice la
spontanea iniziativa del pensionato che ha posto l’Ente previdenziale al
corrente della propria situazione di inadempimento e richiede, pertanto,
di giovarsi delle norme agevolative.

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condotte inadempienti e relative contestazioni riprendono vigore nei
confronti dei pensionati rimasti indifferenti alle miglior condizioni
offerte dalla procedura di emersione.

35. Invero, pur non volendo richiamare un istituto affine quale il
ravvedimento operoso, in tema di sanzioni amministrative per
violazioni di norme tributarie, nella stessa materia previdenziale si
rinvengono norme agevolative volte all’emersione di condotte omissive
attraverso la concessione di un regime sanzionatorio meno gravoso
(condoni), dalle quali si evince che quando il Legislatore ha voluto
includere nella sanatoria anche le condotte inadempienti già accertate o
contestate, ha esplicitamente adoperato locuzioni di inequivoco
contenuto estendendo le misure clemenziali alle omissioni già accertate
entro un termine prefissato (es., fra le altre, art.4, comma 15, d.l.
536/87 conv. in 1. 48/1988; art. 3, comma 7-bis, d.l. n. 103 del 1991,
conv. in legge 166/1991).
36. Peraltro l’opzione ermeneutica seguita dal Collegio, volta ad escludere
gli inadempimenti già accertati e contestati dall’INPS dall’ambito delle
misure agevolative per cui è causa, appare la più conforme al canone di
ragionevolezza che richiede che non siano trattati nello stesso modo
coloro che si siano prodigati denunciando la propria irregolarità e
coloro che, rimasti inadempienti chiedano, solo perché tale condizione
sia stata già accertata e sanzionata dall’INPS, il medesimo regime
agevolativo e, nondimeno, tra condotte inadempienti accertate dopo il
primo aprile 2003 e quelle già accertate prima dell’entrata in vigore delle
nuove regole sul cumulo, entrambe connotate dalla condotta silente del
pensionato-lavoratore riguardo alla propria condizione.
37. Trattandosi di questione di diritto di particolare importanza va,
pertanto, enunciato, a mente dell’art. 384, primo comma, c.p.c., il
seguente principio di diritto: “in tema di divieto di cumulo tra redditi da
lavoro e pensione di anzianità, la disciplina di emersione prevista
dall’art. 44, terzo comma, L. n. 289 del 2002, non si applica agli illeciti
già accertati e contestati dall’INPS, prima dell’entrata in vigore della
predetta disposizione, sia perché il legislatore del 2002 non ha
introdotto una generale sanatoria di tutti i comportamenti elusivi, sia
perché mancherebbe, in radice, la spontanea iniziativa del pensionato
che ha posto l’Ente previdenziale al corrente della propria situazione di
inadempimento e richiede, pertanto, di giovarsi delle norme
agevolative”.

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34. Ma sono soprattutto argomenti di ordine sistematico che inducono la
Corte a ritenere non condivisibile la tesi ermeneutica della Corte di
merito.

38. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, decidendo nel merito, la
domanda introduttiva va rigettata.
39. Le spese dell’intero giudizio si compensano in considerazione della
novità della questione.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo
nel merito, rigetta la domanda introduttiva. Spese compensate dell’intero
giudizio.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2013.

P.Q.M.

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