Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10174 del 09/05/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10174 Anno 2014
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 10557-2012 proposto da:
MIRABELLI MARIO FRANCESCO (MRBMFR28P22M202S)
MUSACCHIO

CLEMENTINA

MSCCMN33H61H774

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA V LLE SCRIVIA N. 8 INT.
12 SC. B, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DE
GIROLAMO, rappresentati e difesi dall’avvocato GALLO
ROSSELLA giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 0636691001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 09/05/2014

avverso la sentenza n. 62/02/2011 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di CATANZARO del 20/10/2011,
depositata 11 27/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

COSENTINO.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I sigg. Mario Francesco Mirabelli e Clementina Musacchio ricorrono contro
l’Agenzia delle Entrate per la cassazione delle due sentenze mi. 62/02/11 e
63/02/11 – di identico tenore, pronunciate e depositate in pari data – con cui la
Commissione Tributaria Regionale della Calabria ha dichiarato inammissibili
(“per carenza di motivi specifici di impugnazione”) gli appelli proposti dai
contribuenti sul capo relativo alle spese delle sentenze di primo grado. Queste
ultime avevano accolto i ricorsi dei contribuenti avverso due atti impositivi
(relativi all’imposta di registro sulla compravendita di due appartamenti
contigui) senza nulla disporre in punto di spese, sull’argomento che si trattava
di vertenze introdotte sotto la vigenza del rito tributario di cui al d.p.r. 636/72.
La Commissione Tributaria Regionale ha, a propria volta, motivato le proprie
(identiche) decisioni nei seguenti termini: “L’appello deve essere dichiarato
inammissibile per carenza di motivi specifici di impugnazione. L’unica censura
riguarda la mancata condanna alle spese della parte soccombente. Il giudice
di prime cure ha motivato detta decisione facendo presente che la lite era sorta
con il rito vigente in passato che non prevedeva la rifusione delle spese di lite.
Si aggiunge che la modifiche intervenute con la legge 69/09 riguardo alle
vertenze successive a quelle variazioni.”
Il ricorso dei contribuenti si articola su due motivi, entrambi riferiti al vizio di
violazione di legge: col primo si censura la violazione dell’articolo 53 D.Lgs.
546/92 in cui le sentenze gravate sarebbero incorse negando che gli atti di
appello contenessero specifiche censure avverso le sentenze di primo grado;
col secondo si censura la violazione dell’articolo 15 D.Lgs. 546/92 in cui le
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19/03/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO

sentenze gravate sarebbero incorse ritenendo che la disciplina della
regolazione delle spese dettata da tale articolo non si applichi alle controversie
introdotte prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 546/92.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
All’esito del deposito della relazione ex art. 380 bis cpc la causa è stata discussa

MOTIVI DELLA DECISIONE
Quanto al primo motivo di ricorso, va preliminarmente osservato che questa
Corte ha costantemente affermato che, nell’atto d’appello, alla parte volitiva
deve sempre accompagnarsi – a pena di inammissibilità del gravame, rilevabile
d’ufficio e non sanabile per effetto dell’attività difensiva della controparte – una
parte argomentativa, che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo
giudice; al qual fine non è sufficiente che l’atto d’appello consenta di
individuare le statuizioni concretamente impugnate, ma è altresì necessario,
pur quando la sentenza di primo grado sia censurata nella sua interezza, che le
ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente grado di
specificità, da correlare peraltro con la motivazione della sentenza impugnata
(sentenze nn. 6335/98, 3539/00, 12589/04, 1054/08).
Ciò posto, si osserva che nelle due sentenze gravate la Commissione
Tributaria Regionale, dopo aver riferito, in narrativa, che la parte appellante
“In motivazione lamentava e riteneva censurabile la sentenza impugnata per
la mancata condanna alle spese dell’ufficio soccombente”, afferma l’
inammissibilità dell’ appello “per carenza di motivi specifici di impugnazione”,
aggiungendo che il primo giudice aveva motivato la propria decisione
“facendo presente che la lite era sorta con il rito vigente in passato che non
prevedeva la rifusione delle spese di lite”. La Commissione Tributaria
Regionale ha dunque affermato che gli appelli dei contribuenti erano
inammissibili perché contenevano solo la parte volitiva, ossia l’individuazione
della decisione censurata (la mancata condanna dell’Amministrazione alle
spese del primo grado) ma non anche la parte argomentativa, ossia i “motivi
specifici di impugnazione”, vale a dire le ragioni del gravame esposte con
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in camera di consiglio nell’ adunanza del 19.3.14.

sufficiente grado di specificità e correlate alla motivazione della sentenza
appellata.
Il mezzo di ricorso

in esame

censura la suddetta statuizione di

inammissibilità, ma nel ricorso non vengono riportati i passi degli atti di
appello in cui sarebbero contenute le ragioni della critica mossa dagli

mezzo (pag. 4 del ricorso) si afferma “non si può disconoscere che gli

appellanti, oltre ad aver fatto indicazione di specifica censura, hanno, altresì,
evidenziato gli errori commessi dal primo giudice nel motivare la sentenza e,
quindi, identificato le concrete ragioni di cui invocavano la riforma”, ma tale
affermazione non è supportata dalla riproduzione dei relativi brani degli atti
di appello.
Il motivo di ricorso si palesa dunque formulato senza l’osservanza del canone
dell’autosufficienza e pertanto va giudicato inammissibile; infatti, come
questa Corte ha già avuto modo di precisare, “L’esercizio del potere di diretto

esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità
ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque
l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato
dall’onere di speccare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto
della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i
fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve
essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio
di autosufficienza di esso. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione
di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere
di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione
del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di
gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto
di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad
evidenziarne la pretesa specificità.” (sent. 20405/06; conf. sent. 21621/07).
Parimenti inammissibile va altresì giudicato il secondo mezzo di ricorso,
relativo alla dedotta violazione dell’ articolo 15 D. Lgs.vo 546/92, giacché
tale doglianza risulta non pertinente al contenuto delle sentenze gravate;
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appellanti alle sentenze di primo grado. Nell’ultimo capoverso del primo

queste, infatti,

non si sono pronunciate sulla questione di diritto

dell’applicabilità del disposto dell’ articolo 15 D. Lgs.vo 546/92 alle
controversie introdotte prima dell’entrata in vigore di detto decreto legislativo
ma haemesso una statuizione in rito di inammissibilità degli appelli dei
contribuenti.

controricorrente le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrentra rifondeftilla controricorrente
le spese del presente giudizio, che liquida in € 800 oltre le spese prenotate a
debito

Così deciso in Roma il 19 marzo 2014.

Il ricorso va quindi rigettato, con condanna dei ricorrenti a rifondere alla

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