Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10173 del 09/05/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10173 Anno 2014
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 6042-2012 proposto da:
MARIANI PAOLO(MRNPLA35TO9H25813)elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DEI GRACCHI 29/B, presso lo studio dell’avvocato
PELLEGRINI STEFANO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato TROILO GREGORIO giusta procura speciale a margine
del ricorso;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 09/05/2014

avverso la sentenza n. 69/13/2011 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di GENOVA del 14/06/2011,
depositata il 05/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

COSENTINO.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
«Il ragioniere commercialista Paolo Mariani ricorre contro l’ Agenzia delle Entrate per la
cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Liguria,
riformando la decisione di primo grado, ha negato il diritto del contribuente al rimborso
dell’IRAP versata per gli anni 2001/2005, dichiarando l’istanza amministrativa tardiva
quanto ai versamenti relativi agli anni 2001 e 2002 e all’acconto 2003 e infondata quanto agli
altri versamenti.
Il ricorso, con il quale si impugna soltanto la statuizione di infondatezza dell’istanza di rimborso
per gli anni dal 2003 a 2005, si fonda su tre motivi.
Col primo motivo, riferito all’articolo 360 n. 3 cpc, si deduce la violazione degli articoli 2, 3,
4 e 8 D.Lgs. 446/97, in cui la sentenza gravata sarebbe incorsa con riferimento
all’individuazione della nozione di autonoma organizzazione.
Col secondo motivo, riferito all’articolo 360 nn . 3 e 4 cpc, si deduce la violazione
dell’articolo115 cpc, nonché il vizio di contraddittoria motivazione, in cui la sentenza gravata
sarebbe incorsa affermando che il contribuente non avrebbe assolto al proprio onere di provare
l’assenza di autonoma organizzazione senza valutare non solo i documenti prodotti dal
contribuente, ma anche quelli prodotti dall’Ufficio, le cui risultanze integravano un quadro
probatorio sufficiente, secondo il ricorrente, ad escludere la sussistenza del requisito
dell’autonoma organizzazione.
Col terzo motivo,

riferito all’articolo 360 n. 5 cpc,

si deduce la contraddittorietà e

insufficienza della motivazione, laddove la sentenza gravata fonda l’accertamento del requisito
dell’autonoma organizzazione su elementi ininfluenti (ossia l’elevato numero di clienti e società
seguite dal professionista) o sulla presenza di costi (le spese relative agli immobili e ai
compensi a terzi per prestazioni afferenti l’attività professionale) la cui esiguità avrebbe dovuto
condurre ad escludere la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione.
L’ Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
Quanto al primo motivo, si osserva che effettivamente l’affermazione che si legge a pagina 4
della sentenza gravata, secondo cui “ciò che conta ai fini della imposizione non è la consistenza
dell’organizzazione, la quale, come si è accennato sopra, a seconda delle scelte, può essere
formata dal solo professionista con dotazione di pochi mezzi ovvero da un’associazione o

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19/03/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO

società di professionisti dotate di grandi mezzi e di relativo personale, bensì l’autonomia
dell’organizzazione, intesa come propria organizzazione in cui si sviluppi un’attività
indipendente, autosufficiente nonché autodeterminata del professionista”,

deve giudicarsi

errata, alla stregua del principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità (sentenze
36678/07, SSUU 12108/09, 10240/10, 21122/10, 8556/11), che, in tema di IRAP, ai fini della
ricorrenza del requisito dell’autonoma organizzazione del libero professionista, non è

inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse) ma è altresì
necessario che esso impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’ “id quod
plerumque accidit”, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio
dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo significativo e non
occasionale di lavoro altrui.
Tuttavia dalla lettura della motivazione della sentenza gravata si rileva che l’affermazione sopra
trascritta risulta enunciate in termini astratti, slegati dalla concreta analisi della fattispecie
svolta nella sentenza, così da risultare in definitiva estranea alla

ratio decidendi effettiva. La

Commissione Tributaria Regionale, infatti – pur enunciando sul piano teorico l’affermazione
secondo cui, ai fini del presupposto impositivo 1RAP, si dovrebbe avere riguardo non alla
consistenza ma all’autonomia dell’organizzazione del professionista – motiva poi concretamente
la propria decisione con argomenti che riguardano per l’appunto la consistenza
dell’organizzazione del contribuente, laddove afferma che l’esistenza di un’autonoma
organizzazione di costui risulterebbe

“dall’elevato numero di clienti e società seguite

professionalmente” e “dalle spese sostenute per immobili e per compenso per prestazioni di
terzi indicate nelle sue stesse dichiarazioni afferenti gli anni da 2001 2005”. Il primo mezzo di
ricorso attinge quindi, in sostanza, una statuizione in diritto estranee all’effettiva ratio decidendi
della sentenza gravata e, pertanto, va giudicata inammissibile.
Il secondo ed il terzo motivo, che per la loro intima connessione possono essere esaminati
congiuntamente, appaiono invece fondati.
Se, infatti, è indiscutibile che l’ accertamento del requisito dell’autonoma organizzazione
costituisce un giudizio di fatto che rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito e non è
censurabile in sede di legittimità se non sotto il profilo dell’eventuale vizio di motivazione, tale
vizio appare tuttavia concretamente ricorrere nella sentenza impugnata.
Le due affermazioni su cui si regge la motivazione dell’accertamento di fatto operato del
giudice di merito in ordine all’effettiva sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma
organizzazione sono infatti, come già sopra evidenziato:
a) l’affermazione dell’ “elevato numero di clienti e società seguite professionalmente” del
contribuente;
b) la considerazione delle spese indicate nelle dichiarazioni del contribuente “per
immobili e per compenso per prestazioni di terzi”

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sufficiente che esso sia il responsabile dell’organizzazione (vale a dire, che esso non sia

L’affermazione sub a) è del tutto priva di concludenza, giacché il giudice di merito non spiega
per quali ragioni dalla vastità della clientela del professionista si potrebbe/dovrebbe dedurre
che quest’ultimo impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’ “id quod
plerumque accidit”, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio
dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo significativo e non
occasionale di lavoro altrui.

Al riguardo va premesso che nel ricorso in appello dell’Ufficio (trascritto in parte qua

a

pagina 13 del ricorso per cassazione, nel rispetto dell’onere di autosufficienza) si espone il
contribuente esercitava la sua professione in un locale di 20 m 2 e si indicano le spese da lui
sostenute negli anni relativi alla statuizione investita dalla censura del ricorrente (2003/2005)
nei termini seguenti:
anno 2003, € 2.699 per immobili;
anno 2004, € 2.983 per immobili, € 2.550 per compensi a terzi afferenti l’attività
professionale;
– anno 2005, € 3.048 per immobili, € 5.000 per prestazioni di lavoro dipendente, €
5.100 per compensi a terzi afferenti l’attività professionale.
A fronte della intrinseca modestia di tali spese, il giudice di merito avrebbe dovuto illustrare le
concrete ragioni che consentirebbero di ritenere che i mezzi impiegati dal contribuente
eccedano il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di
organizzazione, o che il contribuente si avvalga in modo significativo e non occasionale di
lavoro altrui (si veda, per un caso in cui la sezione Tributaria della Corte di cassazione ha
ritenuto inadeguata la motivazione del giudice di merito che aveva giudicato sussistente il
presupposto dell’autonoma organizzazione in presenza di spese per collaborazioni e per beni
strumentali di limitata entità, ord. n. 4492/12). Tale onere motivazionale non può ritenersi
soddisfatto dal lapidario riferimento della sentenza gravata alle spese dichiarate dal
contribuente “per immobili e per compenso per prestazioni di terzi”;

dovendosi peraltro

considerare, al riguardo, che, nemmeno potrebbe ritenersi risolutiva la presenza (peraltro nel
solo anno 2005) di spese per retribuzione di lavoro dipendente. Come infatti è stato precisato
nella recente sentenza di questa Corte n. 22021/13 la disponibilità di un dipendente (magari
part time o con funzioni meramente esecutive) non necessariamente accresce la capacità
produttiva del professionista, ossia non necessariamente si risolve in un fattore impersonale
ed aggiuntivo alla sua produttività, potendo anche costituire una mera comodità per il
professionista medesimo e per i suoi clienti. Anche in presenza di un rapporto di lavoro
dipendente è dunque necessario, ai fini dell’assoggettabilità del professionista all’IRAP, che
dagli atti risultino (ed il giudice di merito ponga a fondamento della propria decisione)
evidenze da cui sia possibile dedurre che il dipendente determina un qualche potenziamento
della capacità produttiva del professionista.

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L’affermazione sub b) è del tutto apodittica.

In conclusione, si ritiene che il procedimento possa essere definito in camera di consiglio con
la declaratoria di inammissibilità del primo mezzo, l’accoglimento degli altri due e la
cassazione della sentenza gravata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale perché
motivi adeguatamente sulla sussistenza del requisito del’autonoma organizzazione..»

che l’Agenzia intimata si è costituita con controricorso;

che non sono state depositate memorie difensive;
che, a seguito della discussione in camera di consiglio, il Collegio condivide gli
argomenti esposti nella relazione;
che, pertanto, si deve dichiarare l’inammissibilità del primo motivo e accogliere
il ricorso relativamente agli altri motivi, con la cassazione della sentenza
gravata e il rinvio della causa ad altra sezione della Commissione Tributaria
Regionale della Liguria, che regolerà anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e rinvia la causa ad altra
sezione della Commissione Tributaria Regionale della Liguria, che regolerà
anche le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma il 19 marzo 2014.

che la relazione è stata notificata alle parti costituite;

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