Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10171 del 09/05/2011

Cassazione civile sez. II, 09/05/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 09/05/2011), n.10171

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26439/2005 proposto da:

L.F. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio

dell’avvocato GREZ E ASSOCIATI SRL, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUBRANO DI SCORPANIELLO Manlio;

– ricorrente –

contro

FIERIM SFA IN LIQ IN PERSONA DEL LIQUIDATORE DOTT. A.C.,

P.I. (OMISSIS) elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 35, presso lo studio dell’avvocato GENOVESI FEDERICO,

rappresentata e difesa dall’avvocato APUZZO Paolo;

– controricorrente –

e contro

IMM SUPER MARIO BROSS SRL IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE PRO

TEMPORE, CS RICOSTRUZIONE SECONDO COMPARTO VIA MARINA IN PERSONA DEL

LEGALE RAPPRESENTANTE PRO TEMPORE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2385/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

07/04/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato Lubrano Di Scorpaniello Manlio difensore del

ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.F., con atto di citazione del 7 febbraio 1996, conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli, il Consorzio per la ricostruzione del li comparto della Via Marittima di Napoli, la società Fierim spa. e la società immobiliare Naldi Rivelli snc. per sentirli condannare in solido al pagamento; della somma di L. 2.209.757.000 quale compenso per l’attività professionale prestata in qualità di avvocato amministrativista in numerosi incarichi professionali.

Si costituiva la società Fierim che eccepiva la prescrizione del diritto al compenso per l’opera prestata ex art. 2956 cod. civ., eccepiva, altresì, che l’opera non era stata mai eseguita e che, comunque, non vi era la prova del conferimento dell’incarico di che trattasi.

Il Tribunale di Napoli con sentenza del 2002 rigettava l’eccezione di I prescrizione sollevata ex art. 2959 cod. civ., ed accoglieva la domanda di L.. Rigettava la domanda proposta nei confronti del Consorzio per la ricostruzione del Il comparto della via Marittima di Napoli, e della società Fierim spa. non potendosi desumere dai documenti che i convenuti avevano dato l’incarico professionale dedotto.

Proponeva appello la società Fierim spa. chiedendo la riforma della sentenza di primo grado.

Si costituiva L.F. il quale chiedeva il rigetto dell’appello e affermava che la prova dell’avvenuto incarico professionale si evinceva dagli atti processuali e dalla documentazione presentata in giudizio.

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 2385/05, accoglieva l’appello, rigettava la domanda di L. nei confronti della Fierim. Osservava la Corte territoriale che: a) la proposizione di prescrizione presuntiva non: equivale al riconoscimento del debito da parte del convenuto perchè l’art. 2957 cod. civ., va inteso, nel senso, che l’ammissione del fatto comporta il rigetto dell’eccezione ma non anche l’ammissione del fatto costitutivo del debito; b) dalla documentazione in atti non sono emersi elementi essenziali del dedotto contratto di prestazione professionale.

La Cassazione della sentenza n. 2385 del 2005, della Corte di Appello di Napoli, è stata chiesta da L.F. con ricorso affidato a tre motivi. La società Fierim spa. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, L.F., lamenta: la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 2956 cod. civ., n. 2 e art. 2959 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Avrebbe errato la Corte di Appello di Napoli nella valutazione del rapporto tra eccezione di prescrizione presuntiva ed esistenza del rapporto debitorio in contestazione. In particolare, la Corte territoriale non avrebbe considerato che in ragione dell’art. 2956 c.c., n. 2 e art. 2959 cod. civ., il rigetto dell’eccezione di prescrizione presuntiva in virtù del fatto che la stessa sarebbe incompatibile con il disconoscimento del credito comportava, l’automatico riconoscimento dell’esistenza del credito fatto valere nella misura richiesta dall’interessato.

1.1. – La censura non merita di essere accolta perchè la Corte territoriale ha applicato correttamente la normativa richiamata dalla situazione esaminata.

2. – Le prescrizioni presuntive – come è riconoscimento unanime in dottrina e in giurisprudenza – sono delle prescrizioni improprie perchè, mentre le prescrizioni ordinarie e brevi una volta maturate ed eccepite precludono ogni indagine sulla fondatezza della pretesa di colui che invoca il diritto soggettivo, la prescrizione presuntiva non opera se le ammissioni di colui che la oppone o la sua mancata prestazione di giuramento vincono la presunzione di estinzione del debito. L’aspetto peculiare delle prescrizioni presuntive è il ritenere (o presumere) che il debitore nel lasso di tempo stabilito per tali prescrizioni: abbia adempiuto i suo obbligo. Di qui, la conseguenza che la prescrizione non opera tutte le volte in cui direttamente o indirettamente il debitore ammette di non aver adempiuto. Il debitore potrebbe affermare di non aver adempiuto non solo esplicitamente ma, anche, indirettamente come nel caso in cui affermi di aver adempiuto parzialmente il suo obbligo. Nell’ipotesi di specie lo stesso debitore, la società Fierim, eccependo l’inesistenza del credito ha finito con l’ammettere di non aver adempiuto, determinando il venir meno della prescrizione presuntiva.

Tuttavia, il venir meno della prescrizione – presuntiva non comporta anche l’ammissione dell’esistenza del credito stesso.

1.3. – In particolare, la proposizione di un’eccezione di prescrizione presuntiva non equivale al riconoscimento del debito da parte del convenuto, in quanto, secondo il disposto di cui all’art. 2959 cod. civ., l’ammissione della mancata estinzione dell’obbligazione comporta soltanto il rigetto dell’eccezione i anzidetto, ma, non esclude la deduzione di ulteriori eccezioni e difese di merito concernete il rapporto obbligatorio. A ben vedere, così come le prescrizioni presuntive si fondano sulla presunzione che il debitore abbia adempiuto il suo debito è ragionevole ritenere che l’eccezione de qua lascia presumere, tutt’al più, che Pentita del diritto di credito sia quello indicato dal creditore ma non anche l’esistenza del diritto di credito, tanto più se il debitore eccepisce l’inesistenza del diritto fatto valere.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente lamenta Errata omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (artt. 2712, 2721 e 2735 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Ritiene il ricorrente che a fronte di un imponente corredo probatorio composto da documenti testimonianze e confessione stragiudiziale, la Corte napoletana ha omesso di esaminare tutte le prove e ha concluso, con una motivazione viziata da grave superficialità che le domande del ricorrente non fossero state provate.

2.1.- La censura è infondata e non merita di essere accolta.

Intanto, la censura difetta di autosufficienza quante alle deposizioni testimoniali e ai documenti. Per altro, la Corte territoriale ha esaminato e valutato le prove, che secondo il ricorrente non sarebbero state valutate, in modo pertinente, puntuale e adeguato. Di più attraverso questo motivo il ricorrente chiederebbe ulteriori e nuove considerazioni e valutazioni di merito che non possono essere i effettuate dal Giudice di legittimità.

2.3. – Va qui osservato, altresì, che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che i tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione.

3. – Con il terzo motivo il ricorrente profila le conseguenze in caso di accoglimento del presente ricorso in ordine al regime delle spese.

Evidenzia il ricorrente che dall’accoglimento del primo motivo del presente ricorso, passerebbe in giudicato la sentenza di primo grado e deriverebbe la necessità di regolare le spese definitive dei due gradi successivi. Dal l’accoglimento del secondo motivo scaturirebbe, invece, la possibilità da parte di questa Corte di decidere direttamente la causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, con governo delle spese dei gradi di appello e di cassazione.

3.1.- Le prospettazioni evidenziate dal ricorrente, a ben guardare, non identificano un vera e propria censura della sentenza impugnata, ma, una richiesta in ordine alle conseguenze in caso di accoglimento del ricorso. Sicchè, è chiaro, per quanto fin qui si è detto, che le prospettazioni del ricorrente rimangono assorbite dai precedenti motivi.

In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, va condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che saranno liquidate secondo dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 7.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2011

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