Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1017 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. II, 20/01/2021, (ud. 23/07/2020, dep. 20/01/2021), n.1017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22167-2019 proposto da:

M.S., ammesso al patrocinio a spese dello Stato e

rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Storzieri ed elettivamente

domiciliato presso il seguente indirizzo di posta elettronica

certificata: avvgiuseppestorzieri.pec.it;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del ministro p.t. – con sede in

Roma – Piazza del Viminale e domiciliato per previsione generale di

legge presso l’Avvocatura Generale dello Stato con sede in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Napoli n. 5086/2019 pubblicato il

13/06/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/07/2020 dal Consigliere CASADONTE Annamaria.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– il presente giudizio trae origine dal ricorso proposto dal sig. M.S., cittadino del Bangladesh, avverso il provvedimento di diniego reso dalla Commissione territoriale competente di Caserta per il riconoscimento della protezione internazionale e, in subordine, di quella umanitaria;

– il ricorrente ha impugnato il predetto rigetto avanti al Tribunale di Napoli, ribadendo le sue domande di protezione;

– a sostegno della richiesta di protezione internazionale aveva dichiarato di essere seriamente ammalato a causa di alcuni problemi di carattere respiratorio e di aver lasciato il Bangladesh per la Libia perchè non aveva la possibilità di curarsi nel proprio paese sia in ragione delle precarie condizioni economiche;

– la sezione specializzata del tribunale di Napoli rigettava il ricorso negando il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria;

– la cassazione del provvedimento è chiesta con ricorso affidato a tre motivi;

– l’intimato Ministero si è costituito ai soli fini dell’eventuale discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, secondo periodo;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per aver il giudice di primo grado fondato la propria valutazione negativa in ordine alla credibilità del ricorrente su parametri diversi da quelli normativi;

– ad avviso del ricorrente, il decreto impugnato non avrebbe deciso le questioni giuridiche in senso corretto poichè non avrebbe acquisito le necessarie informazioni sulla situazione socio-politica del Bangladesh e sull’area di provenienza del ricorrente che secondo il rapporto di Amnesty International è ritenuta ad alto potenziale di criminalità politica;

– il motivo è inammissibile perchè, diversamente, da quanto sostenuto dal ricorrente, il tribunale napoletano non ha motivato il diniego della protezione maggiore in forza della ritenuta non credibilità del richiedente asilo, ma ha escluso di poter ravvisare nel racconto del medesimo i requisiti per lo status di rifugiato ovvero per le forme di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 lett. a) e b), (cfr. pagg. 6 e 7 del decreto);

– con riguardo poi alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), il diniego si fonda sull’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno o internazionale affermato all’esito dell’acquisizione e consultazione delle fonti informative come specificamente indicate nel decreto;

– il ricorrente non ha neppure indicato altre fonti che se consultate avrebbero portato a conclusioni diverse da quelle assunte nel provvedimento impugnato;

– con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

– secondo il ricorrente, il tribunale non avrebbe indicato in maniera esaustiva le ragioni del rigetto della protezione umanitaria e avrebbe omesso di verificare la violazione dei diritti che più interessano la sfera personale e umanitaria del richiedente la protezione;

– il motivo è inammissibile perchè il ricorrente si limita a ribadire le ragioni di salute che a suo avviso integrerebbero le condizioni per il riconoscimento dei seri motivi umanitari;

– tuttavia, egli non si confronta con la motivazione del decreto che aveva valutato i problemi respiratori allegati alla luce della documentazione allegata (riferita ad una sindrome bronchiectasica manifestatasi nel febbraio/marzo 2018) evidenziando come la stessa non facesse riferimento al momento della decisione del tribunale, giugno 2019, e, pertanto, non consentiva una valutazione di gravità rilevante ai fini della verifica dei presupposti per la c.d. protezione umanitaria;

– con il terzo motivo di ricorso di denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma, 1, n. 5, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per aver il giudice di primo grado erroneamente considerato che il paese di provenienza del ricorrente non presenta particolari problematiche in riferimento alla tutela dei diritti umani fondamentali in Bangladesh;

– il motivo è inammissibile per essere privo di specifici riferimenti – tale apparendo il richiamo al “report annuale di Amnesty International” e ad “altre fonti accreditate” a pag. 5 del ricorso – che consentano di superare la genericità delle deduzioni ivi articolate;

– atteso l’esito dei motivi, il ricorso va dichiarato inammissibile;

– nulla va disposto sulle spese stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato Ministero;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda sezione civile, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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