Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10164 del 30/04/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 10164 Anno 2013
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA

sul ricorso 7358-2010 proposto da:
LUPO SALVATORE LPUSVT55M18H792U, domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato BENNARDO CHIARA, BENNARDO FILIPPO, MARCO
BENNARDO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

557

CONSORZIO

DI

BONIFICA

DEL

SALITO

N.

4

DI

CALTANISSETTA;
– intimato –

Data pubblicazione: 30/04/2013

avverso la sentenza n. 93/2009 della CORTE D’APPELLO
di CALTANISSETTA, depositata il 05/03/2009 R.G.N.
550/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/02/2013 dal Consigliere Dott. IRENE

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

TRICOMI;

SVOLGIMENTO DEL FATTO
1. La Corte d’Appello di Caltanissetta, con la sentenza n. 93, del 5 marzo 2009,
rigettava l’impugnazione proposta da Lupo Salvatore nei confronti del Consorzio di
Bonifica n. 4 di Caltanissetta, in ordine alla sentenza n. 773/06 emessa dal Tribunale di
Caltanissetta.
2. Il Lupo aveva adito il giudice di primo grado premettendo di essere
dipendente del suddetto Consorzio e di essere stato inquadrato come dirigente a partire

dal 1° agosto 2001.
Tanto premesso, chiedeva che l’inquadramento nella qualifica dirigenziale gli
fosse riconosciuto a partire dal 28 dicembre 1994, o da altra diversa data da accertare
nel corso del giudizio, con la condanna del Consorzio convenuto al pagamento delle
differenze retributive maturate.
3. Il Tribunale rigettava la domanda.
4. Il giudice di secondo grado, nel respingere l’impugnazione, osservava, in
particolare, che le mansioni svolte, quale capo dell’ufficio tecnico e, pertanto, quale
direttore di servizio, nell’ambito della progettazione, manutenzione e direzione di lavori
di opere pubbliche dell’ente appellato, non erano riconducibili alla declaratoria
contrattuale di cui all’art 2 del CCNL per i dipendenti dei Consorzi di bonifica.
L’attività in questione non appariva come attività di direzione di un settore operativo
dotato di autonomia funzionale e organizzativa con le connesse responsabilità.
Ciò, considerato che, all’epoca dei fatti non esisteva all’interno del Consorzio
una distinzione di servizi, ma un solo ufficio amministrativo, un ufficio tecnico ed un
ufficio agrario, con a capo un rispettivo capo ufficio.
La previsione di distinte aree funzionali veniva introdotta soltanto a seguito della
riorganizzazione dell’attività dei Consorzi e l’adozione del Piano di Organizzazione
Variabile, P.O.V., approvato con delibere n. 156 dell’Il ottobre 2000 e n. 92 dell’8
febbraio 2001, con la previsione di un dirigente a capo di ogni area. Per tale ragione
solo dopo l’adozione del piano suddetto era stata riconosciuta al Lupo la qualifica
dirigenziale, essendo mutato il quadro contrattuale normativo di riferimento. In
precedenza, le mansioni svolte dal Lupo, ingegnere capo dell’ufficio tecnico, dovevano
rientrare nella VII fascia funzionale.
4. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il Lupo
prospettando due motivi di ricorso.
5. In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato memoria.
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MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di impugnazione, assistito dal prescritto quesito di diritto,
è prospettata violazione e falsa applicazione degli artt. 2095, 2103, 2697 cc, dell’art.
112 cpc, dell’art. 2 del CCNL dirigenti dei consorzi di bonifica del 28 luglio 1970,
come modificato dagli accordi collettivi nazionali del 5 dicembre 1973 e del 10 febbraio
1977, dell’accordo 30 gennaio 1996 (v. pag. 2) di rinnovo del CCNL dirigenti
consorziali (art. 360, comma 1, n. 3, cpc).

Ad avviso del ricorrente, la Corte d’Appello, sull’erroneo presupposto che
quest’ultimo avrebbe posto a fondamento della propria pretesa l’art. 2 del CCNL dei
dipendenti dei Consorzi di bonifica, avrebbe deciso la controversia sulla base di tale
norma contrattuale, diversa da quella invocata dal Lupo, relativa ai dirigenti, non
seguendo, pertanto, il generale iter logico giuridico individuato dal giudice di legittimità
per il riconoscimento delle mansioni superiori.
2. Con il secondo motivo di ricorso, anch’esso assistito dal prescritto quesito di
diritto, è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2095, 2103, 2697 cc, degli
artt. 112 e 116 cpc, dell’ art. 2 del CCNL dirigenti dei Consorzi di bonifica del 28 luglio
1970, come modificato dagli accordi collettivi nazionali del 5 dicembre 1973 e 1°
febbraio 1977, dell’accordo 30 gennaio 1996, pag. 2, di rinnovo del CCNL, dirigenti
consorziali (art. 360, comma 1, n. 3, cpc).
Espone il Lupo come, erroneamente, la Corte d’Appello avrebbe ritenuto:
che l’attività svolta dal medesimo non costituiva direzione di un settore
operativo; che non sarebbe esistita nel Consorzio una distinzione di servizi, ma un solo
ufficio amministrativo, un ufficio tecnico e un ufficio agrario, con a capo un rispettivo
capo ufficio; che prima dell’adozione del P.O.V non vi sarebbe stata alcuna
suddivisione dell’attività del Consorzio in settori dotati di autonomia funzionale
operativa; che non vi sarebbe stata alcuna norma che consentisse di attribuire alle
mansioni di capo dell’ufficio tecnico la qualifica di dirigente. Ciò in quanto era, invece,
previsto, che le mansioni rispondenti alla qualifica di ingegnere capo dovessero rientrare
nella VII qualifica funzionale.
Erronea, sarebbe stata, altresì, l’affermazione che l’istruttoria probatoria non
confermava l’assunto del ricorrente.
Ed infatti, dal compendio delle prove documentali e orali, sarebbe risultato
provato l’espletamento delle mansioni superiori di dirigente dal 28 dicembre 1994 fino
al 31 luglio 2001.
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Dalle deposizioni testimoniali emergeva la sussistenza di tutti i requisiti
richiesti dalla contrattazione collettiva per l’inquadramento nella categoria dei dirigenti.
Gli stessi consistevano nella direzione e nel coordinamento dell’organizzazione
del Consorzio o di uno dei tre servizi fondamentali nei quali la stessa si articolava
(amministrativo, ingegneristico, agrario); nella collaborazione in via immediata con il
Direttore del Consorzio o in mancanza di questi con l’Amministrazione; nel potere di
controllo su tutto il personale dipendente.

In proposito vi sarebbero stati: la direzione non solo di uno ma di più servizi
(l’ufficio tecnico, il servizio del catasto, il servizio dell’acquedotto, la sezione agraria,
l’attività amministrativa), la collaborazione direttamente con l’Amministrazione o con il
Direttore che in caso di assenza veniva sostituito anche per lunghi periodi dal Lupo, il
controllo su tutto il personale dei vari servizi e spesso su tutto il personale dell’Ente,
come previsto dalla declaratoria contrattuale invocata dal ricorrente.
La Corte d’Appello, quindi, invece di operare il raffronto tra le attività svolte e
provate dal Lupo nelle mansioni superiori di dirigente, e quanto previsto dal CCNL
dirigenti, aveva operato la comparazione tra le suddette attività e altri elementi, diversi
da quelli richiesti dal contratto collettivo di settore dirigenti.
3. I suddetti motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione
della loro connessione.
Gli stessi non sono fondati e devono essere rigettati.
3.1. Occorre premettere che, come osservato dal ricorrente, questa Corte ha
avuto modo di affermare che l’art. 2095 cc. si limita a suddividere i lavoratori in quattro
categorie (dirigenti, quadri, impiegati e operai), e, con l’abrogazione dell’ordinamento
corporativo, per effetto dell’art. 96 disp. att. c.c., solo la contrattazione collettiva ha il
potere di determinare posizioni differenziate per qualifiche e gradi all’interno di
ciascuna categoria, tant’è che, per costante insegnamento di questa Corte, nel
procedimento logico giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un
lavoratore subordinato non può prescindersi da tre fasi successive, e cioè,
dall’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dall’individuazione
delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra
il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella
seconda (ex plurimis, Cass., n. 17896 del 2007; n. 26234 del 2008; n. 28284 del 2009; n.
20272 del 2010, n. 5477 del 2012).

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Peraltro, l’individuazione dei criteri generali e astratti caratteristici delle singole
categorie alla stregua della disciplina collettiva del rapporto non è censurabile in sede di
legittimità se non per vizi di motivazione e per violazione dei criteri legali di
ermeneutica contrattuale nell’interpretazione della disciplina collettiva – nel regime
precedente alla riforma processuale del giudizio di cassazione introdotta con d.lgs. n. 40
del 2006 (ex plurimis, citata sentenza n. 17896 del 2007).
3.2. Tale percorso logico/giuridico, ai fini dell’inquadramento, è stato presa in

esame dai giudici di merito con motivazione sufficiente e non contraddittoria e quindi
non censurabile in cassazione.
Hanno osservato i giudici di merito che nel periodo in contestazione, prima
dell’adozione del Piano di Organizzazione Variabile, P.O.V., proprio in applicazione
del suddetto iter logico-giuridico, non fosse riscontrabile in capo al Lupo l’esperimento
della attività di direzione di un “settore operativo” dotato di autonomia funzionale e
organizzativa con le connesse responsabilità. Ciò in ragione della strutturazione del
Consorzio nel suddetto periodo. Osservava la Corte d’Appello che all’epoca dei fatti
non sussisteva all’interno del Consorzio una distinzione di servizi,ma un solo ufficio
amministrativo, un ufficio tecnico ed un ufficio agrario, con a capo un rispettivo capo
ufficio, mentre la previsione di distinte aree funzionali era stata introdotta solo a seguito
dell’adozione del P.O.V.
Dunque, la Corte d’Appello ha escluso in ragione di un dato oggettivo costituito
dall’articolazione strutturale del Consorzio, la presenza delle condizioni per svolgere le
funzioni di dirigente rispetto all’inquadramento nella settima fascia funzionale-quadro.
3.3. Le doglianze del ricorrente si incentrano, in sostanza, sulla asserita erroneità
della declaratoria contrattuale di riferimento e sulla erronea valutazione delle risultanze
probatorie.
Occorre rilevare che il ricorrente, nel prospettare le censure, non coglie la
complessiva ratio decidendi della sentenza, che non s’incentra sull’esito negativo di un
pur possibile raffronto tra attività lavorativa e qualifica (da cui la addotta rilevanza della
declaratori contrattuale indicata nella domanda), ma, ancor prima, sull’incompatibilità,
in ragione della struttura del Consorzio prima dell’adozione del P.O.V., dell’attività
svolta dal Lupo con un inquadramento diverso dalla VII qualifica funzionale quadro,
anche in ragione dell’esito dell’istruttoria. Su tale ultimo punto, la Corte d’Appello,
facendo specifico e congruo riferimento all’esito delle testimonianze escusse, ha

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escluso, con congrua motivazione, la presenza di un intrinseca autonomia funzionale ed
operativa che potesse costituire un quid pluris rispetto all’inquadramento del Lupo.
4. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite
che liquida in euro tremila per compenso professionale oltre accessori ed euro cinquanta
per esborsi.
Così deciso in Roma il 14 febbraio 2013

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