Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10164 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/05/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 28/05/2020), n.10164

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1705/2013 R.G. proposto da:

IMMOBILIARE NOVE SAS DI C.N., rappresentata e difesa

dall’avv. Riccardo Vianello e dall’avv. Roberto Masiani, con

domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, piazza

Adriana, n. 5;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– controricorrente –

AGENZIA DELLE ENTRATE, direzione provinciale di Treviso, ufficio

controlli, in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, sezione n. 30, n. 116/30/2011, pronunciata l’11/10/2011,

depositata il 16/11/2011, non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 gennaio

2018 dal Consigliere Guida Riccardo.

Fatto

RILEVATO

che:

1. l’Immobiliare Nove Sas di C.N. & C. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, illustrati anche con una memoria, cui resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, indicata in epigrafe, che – nel giudizio di opposizione avverso l’avviso di accertamento che recuperava a tassazione IRAP, IVA, per l’anno d’imposta 2004, ricavi non dichiarati (pari ad Euro 561.530,00), tratti dalla cessione di alcuni appartamenti – in parziale riforma della sentenza di primo grado, sfavorevole alla contribuente, riduceva del 10% i ricavi accertati in capo alla società dall’Amministrazione finanziaria;

in particolare, secondo la Commissione regionale, l’accertamento trovava un legittimo fondamento giuridico nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e i maggiori ricavi, derivanti dalla vendita degli appartamenti, erano desumibile dal raffronto tra i prezzi di vendita dichiarati e i valori dell’UTE e da altre incongruenze (apparente antieconomicità della complessiva attività di cessione degli immobili e di gestione dell’impresa; valore dei mutui stipulati dagli acquirenti di alcuni appartamenti maggiore rispetto al loro apparente prezzo di cessione) emerse durante la verifica fiscale alla società;

la sentenza impugnata, però, abbatteva del 10% i ricavi accertati sul presupposto che l’Ufficio impositore avesse erroneamente determinato il corrispettivo delle vendite degli immobili moltiplicando il valore di mercato al mq per la superficie catastale dei cespiti, anzichè per la più ridotta superficie commerciale;

2. la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., nella quale ha dichiarato di avere aderito alla definizione agevolata per i carichi relativi all’avviso di accertamento oggetto della controversia, ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6, (c.d. rottamazione cartelle), convertito dalla L. n. 225 del 2016, documentando la relativa istanza, diretta all’Amministrazione finanziaria, e ha soggiunto di avere pagato tre rate scadute (su un totale di cinque rate, l’ultima delle quali con scadenza 30/09/2018); infine, ha chiesto il rinvio della causa a nuovo ruolo, in data successiva al 30/09/2018, per estinguere, col pagamento delle rate rimanenti, il proprio debito erariale;

3. con ordinanza emessa nell’adunanza camerale del 30/01/2018 questa Corte ha rinviato la causa a nuovo ruolo, in attesa dell’integrale pagamento del condono, disponendo che la ricorrente depositasse in cancelleria, senza ritardo, documentazione attestante la riferibilità della detta istanza ex art. 6, cit., all’avviso d’accertamento per cui è giudizio;

4. con ordinanza emessa nell’adunanza camerale del 19/09/2018, la Corte ha (nuovamente) rinviato la causa a nuovo ruolo, in attesa del perfezionamento della definizione agevolata delle cartelle, per effetto del pagamento di tutte le rate, l’ultima delle quali con scadenza 30/09/2018 e ha aggiunto che sarebbe stato opportuno che la ricorrente depositasse, senza ritardo, attestazione dell’Ente impositore circa il perfezionamento della c.d. rottamazione delle cartelle o che, in subordine, dichiarasse di rinunciare al ricorso, quale presupposto dell’inammissibilità del ricorso medesimo, per sopravvenuta carenza d’interesse (Cass. 7/03/2018, n. 5421);

5. allo stato, oltre alla suindicata dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, è in atti soltanto la nota di deposito datata 10/05/2018, con allegate le cartelle di pagamento nn. (OMISSIS) (totale da pagare entro le scadenze: Euro 73.420,70) (OMISSIS) (totale da pagare entro le scadenze: Euro 26.487,35), ma rispetto ad entrambi i debiti tributari manca la relativa quietanza; d’altra parte, per quanto adesso rileva e in disparte la questione dell’esistenza o meno della società (vedi infra p. 6.), non risulta neppure che la contribuente abbia rinunciato al ricorso, sicchè difettano i presupposti per la declaratoria d’estinzione del giudizio in forza del condono o della rinuncia alla lite.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo del ricorso (Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 11 Cost., comma 2, degli artt. 101 e 354 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 14 e 59. Difetto di integrità del contraddittorio.), la ricorrente lamenta che le Commissioni territoriali non avevano proceduto alla riunione delle cause promosse dai soci M.G., M.O. e C.N. avverso gli avvisi di accertamento, di cui essi erano stati destinatari, per maggiori redditi ai fini IRPEF, imputati “per trasparenza” (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 ex art. 5, comma 1) in conseguenza della verifica fiscale nei confronti della società – con quella promossa da quest’ultima, disattendendo l’esplicita richiesta dei contribuenti, con conseguente nullità delle pronunce di merito per violazione del litisconsorzio necessario tra la società ed i soci;

2. con il secondo motivo (Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, Violazione di legge. Errata applicazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, commi 2 e 3, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54.), la ricorrente denuncia la radicale nullità degli avvisi di accertamento impugnati, derivante dall’abrogazione, ad opera della L. n. 88 del 2009, art. 24, (c.d. legge comunitaria 2008), del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, commi 2 e 3, che, modificando il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in caso di cessioni di beni immobili, poneva una presunzione legale relativa a favore del Fisco, quando il “valore normale” dei beni risultava superiore al corrispettivo dichiarato negli atti di acquisto, e consentiva all’Amministrazione finanziaria di rettificare in aumento tali corrispettivi, sostituendoli con il “valore normale” o “valore di mercato” degli immobili;

3. con il terzo motivo (Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – Omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il giudice di merito ha completamente omesso di motivare sull’errato riferimento alle quotazioni OMI.), la ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere preso in considerazione la sua eccezione secondo cui l’ufficio aveva errato nell’utilizzare come parametro del “valore normale” degli immobili le quotazioni OMI, incomprensibilmente assunte nei valori massimi, relativi all’anno 2006, sebbene i trasferimenti immobiliari fossero avvenuti nel 2004;

4. con il quarto motivo (Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – Insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.), la ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere spiegato le ragioni dell’esclusione della congruità dei prezzi di cessione di tutti e undici gli appartamenti, laddove, a tutto concedere, gli indizi di evasione riguardavano solo alcuni di essi;

5. nel controricorso, l’Agenzia delle entrate ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile perchè la società è stata cancellata dal registro delle imprese; in subordine, ha insistito per il rigetto del ricorso;

6. preliminare e assorbente rispetto all’esame dei motivi si appalesa il vaglio di tale eccezione d’inammissibilità del ricorso, che poggia su alcuni elementi oggettivi: (a) l’Immobiliare Nove Sas di C.N., anche con la denominazione leggermente diversa di “Immobiliare Nove Sas di C.N. & C.” indicata nella procura speciale a margine del ricorso per cassazione, non è iscritta nel registro delle imprese; (b) con lo stesso numero di codice fiscale della società estinta (CF (OMISSIS)), sul medesimo registro, era stata iscritta (in data 13/07/2012) la “Immobiliare Nove Sas di M.O. & C.” che, per altro, era stata cancellata dal detto registro in data 20/12/2012 – e cioè prima del ricorso per cassazione della società di persona, il quale reca la data 27/12/2012 ed è stato notificato all’Agenzia, mediante il servizio postale, il 02/01/2013 – a seguito della sua fusione per incorporazione nella ” M. Costruzioni Generali Srl” (con CF (OMISSIS)), amministrata da M.O. e M.G.;

da questa serie univoca di elementi oggettivi discende, come ha correttamente sostenuto l’Agenzia, l’inammissibilità del ricorso per cassazione, perchè proposto da una società estinta e in quanto recante, a margine, la procura speciale rilasciata da una persona ( C.N.) priva della rappresentanza sostanziale tanto della società estinta (“Immobiliare Nove Sas di M.O. & C.”) che della società incorporante (” M. Costruzioni Generali Srl”);

7. in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile;

8. per la particolarità della complessa e articolata vicenda processuale, è giusto compensare, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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