Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10163 del 30/04/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 10163 Anno 2013
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA
sul ricorso 6054-2009 proposto da:
BANCHI RICCARDO BNCRCR45D13D612G, MONTAGNANI RICCARDO
MNTRCR46D25F398F,

FALCIANI MARIO FLCMRA42T17A468W,

MASSAINI MARZIA MSSMRZ48P62H153N, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA SCIALOJA 3 (LEGAL TASK TEAM),
presso lo studio dell’avvocato BIANCONI CINTHIA,
2013
554

rappresentati e difesi dall’avvocato CAPIALBI MASSIMO,
giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

BANCA CR FIRENZE S.P.A.

in persona del legale

Data pubblicazione: 30/04/2013

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA SALARIA

332,

presso lo studio

dell’avvocato DE MAJO GIUSEPPE, rappresentato e difeso
dall’avvocato BECHI VITTORIO, giusta delega in atti;

242/2008

della CORTE D’APPELLO

di FIRENZE, depositata il 05/03/2008 R.G.N. 1499/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

14/02/2013

dal Consigliere Dott. LUCIA

TRIA;
udito l’Avvocato CAPIALBI MASSIMO;
udito l’Avvocato BECHI VITTORIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n.

controricorrente

Udienza del 14 febbraio 2013 — Aula A
n. 10 del ruolo — RG n. 6054/09
Presidente:Amoroso – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata (depositata il 5 marzo 2008) respinge l’appello
proposto da Riccardo Bianchi, Mario Falciani, Marzia Massaini e Riccardo Montagnani avverso la
sentenza del Tribunale di Firenze n. 1207 del 29 settembre 2005, di rigetto del ricorso degli stessi
diretto ad ottenere la condanna della Banca CR Firenze s.p.a. (già Cassa Risparmio Firenze s.p.a.) al
pagamento del premio incentivante per l’anno 2000, di cui all’art. 43 del CCNL del settore, nella
misura massima anziché nella misura c.d. target assegnata, come specificamente indicato per
ciascuno.
La Corte d’appello di Firenze, per quel che qui interessa, precisa che:
a) è pacifico che la CRF ha istituito un premio incentivante ai sensi dell’art. 43 del CCNL, il
quale prevede, fra l’altro, che gli elementi che concorrono alla determinazione dei premi
incentivanti, prima della loro applicazione, devono essere comunicati agli organismi sindacali e che
eventuali variazioni di obiettivi e/o criteri posti a base del calcolo dei premi vadano comunicati
anche ai lavoratori e alle lavoratrici interessati;
b) è anche pacifico che il premio, nella specie, fosse commisurato ai volumi prodotti da
ciascuna filiale;
c) nell’anno 1999 la Filiale Corporate Banking, presso la quale prestavano servizio i
ricorrenti, ha iniziato ad avere rapporti con la Centro Vita Assicurazioni s.p.a., aumentando
enormemente il proprio volume di affari, con corrispondente maturazione del premio incentivante
nella misura massima per l’anno 1999;
d) nell’anno successivo CRF modificò il sistema di rilevazione dell’incidenza dei singoli
clienti nella produzione complessiva delle filiali e — rilevato come alla sottoscrizione delle polizze
della Centro Vita partecipassero tutte le 250 filiali, sebbene la gestione del conto e del portafogli di
questo cliente restasse in carico alla Filiale Corporate Banking — dispose che per i budget successivi
al 1999 l’incidenza della Centro Vita non fosse imputata esclusivamente a tale ultima filiale;
e) di qui l’attribuzione del premio ai ricorrenti non nella misura massima (come avvenuto nel
1999), ma in quella c.d. target, in base alla coincidenza del consuntivo con il budget;
O la definizione del sistema incentivante è completamente discrezionale, ma deve avvenire
nel rispetto delle regole di correttezza e buona fede come specificate dall’art. 43 del CCNL,
prevedenti obblighi di comunicazione in favore dei sindacati e dei singoli lavoratori;
1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

g) non risultano evocati in lite i diritti sindacali, che pertanto vanno tralasciati;

i) inoltre la prova testimoniale ha consentito di accertare che, a decorrere dal 1° gennaio 2000,
la Filiale riceveva indiretta comunicazione dell’espunsione dei valori riferiti alla Centro Vita dal
calcolo del premio, in quanto essi non figuravano più nei consuntivi mensili che la direzione inviava
alla Filiale;
1) infine, va precisato che la modifica del sistema di determinazione del premio di
incentivazione appare idoneamente supportata da logica, essendo finalizzata a consentire di
partecipare alla spartizione del premio tutte le 250 filiali che avevano proporzionalmente contribuito
a formare il volume dei ricavi da Servizi.
2.— Il ricorso di Riccardo Bianchi, Mario Falciani, Marzia Massaini e Riccardo Montagnani,
illustrato da memoria, domanda la cassazione della sentenza per cinque motivi; resiste, con
controricorso, la Banca CR Firenze s.p.a.
MOTIVI DELLA DECISIONE

I — Sintesi dei motivi di ricorso
1.—Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., nullità della
sentenza per omessa pronuncia riguardante l’eccezione sollevata dagli attuali ricorrenti circa la
mancata comunicazione da parte di CRF agli organismi sindacali aziendali della variazione di
obiettivi e/o criteri per la determinazione del sistema di incentivazione ai sensi dell’art. 43, comma
5, del CCNL per i quadri direttivi e il personale delle aree professionali (dalla I alla III) dipendenti
delle Aziende di credito finanziarie e strumentali dell’Il luglio 1999.
Si sottolinea che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte fiorentina, sia nel ricorso
introduttivo sia in quello di appello, i dipendenti avevano sottolineato come il modus procedendi
della CRF avesse violato i diritti sindacali e si sostiene che l’omessa pronuncia su tale punto della
controversia avrebbe leso il diritto di difesa degli attuali ricorrenti.
2.—Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n 3, cod. proc. civ.,
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 43, comma 6, del CCNL cit.
Si contesta l’affermazione della Corte fiorentina secondo cui la (eventuale) comunicazione del
mutamento degli obiettivi e dei criteri del Sistema incentivante effettuata al Direttore della Filiale
Corporate Banking equivale a comunicazione effettuata a tutti i lavoratori interessati, quale richiesta
dalla norma contrattuale.
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h) quanto alla comunicazione del mutamento delle regole di assegnazione del premio ai
lavoratori, è indubbio che la accertata comunicazione di tale modifica al direttore della Filiale
Corporate Banking, capo dello staff che avrebbe dovuto raggiungere gli obiettivi prefissati,
equivalga alla comunicazione ai lavoratori prevista dalla norma collettiva, senza che possano farsi
questioni in ordine alle modalità (orale o scritta) della comunicazione stessa, in assenza di
imposizione di vincoli formali da parte della norma collettiva;

3.—Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione
degli artt. 1175 e 1375 cod. civ.

4.— Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.,
insufficiente motivazione circa il fatto controverso dell’avvenuto illegittimo scorporo della Centro
Vita Ass.ni s.p.a. dalla base di calcolo del premio incentivante.
Si rileva che è pacifico che CRF aveva assegnato e comunicato ai lavoratori un budget per la
Filiale Corporate Banking per l’anno 2000 che ricomprendeva il cliente Centro Vita Ass.ni e che,
poi, in sede di consuntivo, ha escluso l’apporto di tale cliente, adottando unilateralmente la
soluzione consuntivo-budget.
In questa situazione si contesta l’affermazione della Corte fiorentina secondo cui l’operazione
di scorporo del cliente Centro Vita effettuata in danno dei ricorrenti sarebbe legittima.
5.—Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., omessa
motivazione circa il fatto controverso dell’impossibilità della esatta quantificazione della
concorrenza della Centro Vita Ass.ni nella determinazione del premio incentivante della Filiale
Corporate Banking di CRF per l’anno 2000.
Si sostiene che se CRF avesse voluto sarebbe stata in grado di scorporare il c.d. “cliente
particolare” dal budget assegnato per l’anno 2000, conoscendone esattamente il peso fin dall’anno
1999.
Inoltre, si rileva che la Corte territoriale, trascurando qualsiasi riferimento ai documenti in
atti, non opera alcuna distinzione tra: 1) commissioni di sottoscrizione, derivanti dall’attività delle
singole Filiali CRF verso i propri clienti (che sono riconosciute alle filiali presso le quali è aperto il
conto corrente di ciascun cliente e non sono mai state attribuite alla Filiale Corporate Banking); 2)
commissioni di intermediazione che, invece, derivano dalla attività della Corporate Banldng per
operazioni di acquisto o vendita di titoli mobiliari (che sono di esclusiva pertinenza della Filiale
Corporate Banking e ad essa avrebbero dovuto essere riconosciute per la determinazione del premio
incentivante).

II Esame delle censure

6.—Il primo motivo di ricorso deve essere respinto per le ragioni di seguito precisate.
In primo luogo va ricordato che, secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di
questa Corte, in sede di legittimità occorre tenere distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame
di una domanda, o la pronuncia su una domanda non proposta, dal caso in cui si censuri
3

Si sostiene che i canoni di correttezza e buona fede sarebbero stati violati dalla CRF per la
mancata comunicazione della variazione delle regole e degli obiettivi assegnati nel budget per
l’attribuzione del premio incentivante nonché per la mancata consegna, a fronte di esplicita richiesta
dei lavoratori interessati, dei dati disaggregati di ogni singola posta che ha concorso alla
determinazione del premio incentivante.

Solo nel primo caso si verte propriamente in tema di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.,
per mancanza della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, prospettandosi che il
giudice del merito sia incorso in un error in procedendo, in relazione al quale la Corte di cassazione
ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti giudiziari, onde acquisire gli elementi di
giudizio necessari ai fini delle pronuncia richiestale; nel caso in cui, invece, venga in considerazione
l’interpretazione del contenuto o dell’ampiezza della domanda, tali attività integrano un
accertamento in fatto, tipicamente rimesso al giudice di merito, insindacabile in cassazione, salvo
che sotto il profilo della correttezza della motivazione della decisione impugnata sul punto (ex
plurimis, Cass. 24 luglio 2008, n. 20373; Cass. 20 agosto 2002, n. 12259; Cass. 26 aprile 2001, n.
6066; Cass. 2 marzo 2001, n. 3016).
Nel caso di specie i ricorrenti — pur enunciando con il primo motivo di ricorso l’ error in
procedendo ai sensi del n.4 dell’art. 360 cod. proc. civ. per omesso esame da parte della Corte di
appello di una specifica censura, in ordine alla mancata comunicazione agli organismi sindacali
aziendali della variazione di obiettivi e/o criteri per la determinazione del sistema di incentivazione
ai sensi dell’art. 43, comma 5, del CCNL per i quadri direttivi e il personale delle aree professionali
(dalla I alla III) dipendenti delle Aziende di credito finanziarie e strumentali dell’Il luglio 1999 —in
realtà non censurano e neppure, nella sostanza, deducono l’omesso esame di una domanda, quanto
piuttosto il risultato di tale esame; con la conseguenza che la questione va riguardata sotto il profilo
della interpretazione svolta nella sentenza impugnata in ordine alle circostanze fattuali poste dagli
odierni ricorrenti a fondamento dell’atto introduttivo del giudizio e ai contenuti della richieste ivi
formulate.
Non risulta, infatti, che la Corte d’appello abbia tralasciato l’esame della suddetta censura,
quanto piuttosto che abbia ritenuto, alla luce dell’esame dell’art. 43 del CCNL di settore, la mancata
evocazione nella lite della violazione degli obblighi di comunicazione ivi previsti in favore dei
sindacati.
Tale affermazione della Corte territoriale che trova conferma nella lettura — consentita dal tipo
di censura prospettata — del ricorso introduttivo del giudizio e del ricorso in appello (ove si fa
genericamente riferimento all’assenza di comunicazioni ai sindacati) e non risulta smentita dalle
argomentazioni del ricorso per cassazione, appare, del resto, del tutto aderente al testo dell’indicata
clausola del CCNL dalla quale si desume che sono gli organismi sindacali aziendali a dovere,
eventualmente, attivarsi per far rilevare eventuali violazioni degli obblighi di informazione in
oggetto.
7.— Tutti gli altri motivi — da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione —
devono essere respinti, per quanto di seguito esposto.
Nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge o di contratto collettivo,
contenuto nell’intestazione del secondo e del terzo motivo, tutte le censure si risolvono nella
4

l’interpretazione data dal giudice di merito alla domanda stessa (vedi, per tutte: Cass. 31 luglio
2012, n. 13678).

Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di
motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di
riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza
giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo
consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze
probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel
sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito
(vedi, tra le tante: Cass. 20 dicembre 2012, n. 23649; Cass. 22 novembre 2012, n. 20723; Cass. 18
ottobre 2011, n. 21486; Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3
gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16
febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).
Infatti, la prospettazione da parte del ricorrente di un coordinamento dei dati acquisiti al
processo asseritamente migliore o più appagante rispetto a quello adottato nella sentenza
impugnata, riguarda aspetti del giudizio interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli
elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti che è proprio del giudice del merito, in base al
principio del libero convincimento del giudice, sicché la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc.
civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui
all’art. 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., e deve emergere direttamente dalla lettura
della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 26
marzo 2010, n. 7394; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 20 giugno 2006, n. 14267; Cass. 12
febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965; Cass. 18
settembre 2009, n. 20112).
Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono
congruamente motivate e l’iter logico—argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente
individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione.
In particolare, dalla sentenza impugnata risulta che la Corte fiorentina è esattamente partita
dal rilievo del carattere discrezionale del sistema incentivante quale delineato dall’art. 43 del CCNL
in oggetto cui fa da contraltare la previsione di una serie di obblighi di comunicazione posti a carico
del datore di lavoro per la fissazione e la modifica delle regole che disciplinano il sistema stesso.
Tali obblighi hanno come destinatari i sindacati e i lavoratori.
Nella specie, come correttamente rilevato dalla Corte d’appello, l’oggetto della domanda fatta
valere in giudizio — una volta affermata l’estraneità della violazione di diritti sindacali — è stato
individuato nell’esame della conformità agli obblighi di comunicazione ai lavoratori dell’operato
della Banca, consistente nel modificare nell’anno 2000 il sistema di rilevazione dell’incidenza dei
singoli clienti nella produzione complessiva delle filiali e nel disporre — dopo aver rilevato come
alla sottoscrizione delle polizze della Centro Vita partecipassero tutte le 250 filiali, sebbene la
gestione del conto e del portafogli di questo cliente restasse in carico alla Filiale Corporate Banking
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denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale
probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti.

— che per i budget successivi al 1999 l’incidenza della Centro Vita non fosse imputata
esclusivamente a tale ultima filiale.

La Corte ha, infatti, rilevato che, in assenza della imposizione da parte dell’art. 43 del CCNL
cit. di vincoli formali, la avvenuta comunicazione della indicata modifica al direttore della Filiale
Corporate Banking, capo dello staff che avrebbe dovuto raggiungere gli obiettivi prefissati, fosse da
considerare equivalente alla comunicazione ai lavoratori prevista dalla norma collettiva e che,
d’altra parte, la prova testimoniale ha consentito di accertare che, a decorrere dal 10 gennaio 2000,
la Filiale riceveva indiretta comunicazione dell’espunsione dei valori riferiti alla Centro Vita dal
calcolo del premio, in quanto essi non figuravano più nei consuntivi mensili che la direzione inviava
alla Filiale.
Sulla base di tali elementi la Corte d’appello è pervenuta alla esatta conclusione —
adeguatamente motivata — dell’avvenuto rispetto degli obblighi di comunicazione in favore dei
lavoratori posti a carico del datore di lavoro dall’art. 43 CCNL ed ha anche affermato, con congrua
e convincente motivazione, la razionalità — nel merito — dell’operazione di scorporo del cliente
Centro Vita asseritamente effettuata in danno dei ricorrenti, ponendo l’accento sul corretto
esercizio, da parte della Banca, della discrezionalità riconosciutale in materia, quale risultante, in
particolare, dalla non contestata allegazione datoriale secondo cui tutte le 250 filiali aziendali, tra le
quali si era voluta disporre la spartizione del premio avevano proporzionalmente contribuito a
formare il volume dei ricavi da Servizi.
A fronte della descritta situazione, le doglianze mosse dai ricorrenti si risolvono
sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse
circostanze di fatto già valutate dal Giudice di merito in senso contrario alle aspettative dei
medesimi ricorrenti e si traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio,
del tutto inammissibile in sede di legittimità.
III — Conclusioni
8.— Per le esposte ragioni il ricorso deve essere rigettato. Le spese del presente giudizio di
cassazione — liquidate nella misura indicata in dispositivo — seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del
presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 40,00 per esborsi, euro 2800,00 per compensi
professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 14 febbraio 2013.

La Corte d’appello, con congrua e logica motivazione, è pervenuta alla conclusione secondo
cui la suddetta modifica delle regole di assegnazione del premio ai lavoratori è avvenuta nel rispetto
delle regole di correttezza e buona fede, poste a fondamento degli obblighi di comunicazione in
argomento.

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