Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10162 del 28/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/04/2010, (ud. 24/03/2010, dep. 28/04/2010), n.10162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – rel. Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

L.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DONATELLO

23 presso lo studio dell’avvocato VILLA PIERGIORGIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RASPANTI ANTONINO,

giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 165/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 06/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/03/2010 dal Consigliere Dott. DONATO PLENTEDA;

udito per il ricorrente l’Avvocato FIORENTINO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato VILLA, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 19 marzo 2001 venne notificato a L.G. l’avviso di liquidazione della Agenzia delle Entrate di Mantova in relazione all’atto registrato il 30 novembre 1991, avente ad oggetto il trasferimento in permuta di un terreno agricolo con l’agevolazione dell’aliquota ridotta dell’8%, dalla quale l’acquirente, che si era dichiarato imprenditore agricolo, era decaduto per effetto della alienazione del fondo in data 11 maggio 1998.

Il L. impugnò l’avviso che la Commissione Tributaria Provinciale di Mantova annullò, in applicazione del D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 11, che aveva ridotto a cinque anni il termine originario di dieci, entro il quale erano inibiti atti di disposizione o di concessione in godimento dell’immobile, a pena di decadenza dalle agevolazioni.

La sentenza è stata poi confermata dalla Commissione Tributaria Regionale con decisione del 6 giugno 2005, resa suo appello dell’Ufficio.

Ha ritenuto il giudice della impugnazione che l’art. 11 predetto, entrato in vigore il 30 giugno 2001, operi anche per gli atti posti in essere in precedenza, con l’effetto che il nuovo termine quinquennale di decadenza si applichi anche per quelli di data antecedente il 30 giugno 2001.

Peraltro, ha aggiunto la Commissione Tributaria Regionale, “opererebbe la estensione dell’agevolazione prevista dal comma 3 per il caso di cessione a parenti entro il terzo grado, circostanza ricorrente nella fattispecie, secondo quanto dichiarato dalla parte e non contraddetto dall’ufficio”.

Propone ricorso con due motivi la Agenzia delle Entrate; resiste con controricorso il contribuente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denunzia violazione del R.D. 16 marzo 1942 n. 262, art. 11, della L. 6 agosto 1954, n. 604, art. 7 e del D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 11, comma 1 e 5.

Posto che l’art. 7 predetto stabilisce la decadenza dalle agevolazioni tributarie per l’acquirente che alieni in fondo nel decennio successivo – termine così elevato dalla L. 26 maggio 1965, n. 590, rispetto all’originario quinquennio – rileva la ricorrente la erroneità della decisione, laddove la stabilito che il D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 11, comma 5, il quale estende le disposizioni anche agli atti di acquisto posti in essere in data anteriore di almeno cinque anni la data di entrata in vigore del decreto, debba essere interpretato non come norma transitoria, destinata a regolare situazioni sorte nel corso del vecchio regime e pendenti alla data di entrata in vigore della modifica, ma con il significato di attribuire efficacia retroattiva alla novella, si da incidere su situazioni già compromesse dalla decadenza.

Il ricorso è inammissibile.

La sentenza impugnata è fondata su due rationes decidendi, la prima censurata, la seconda, nei termini riferiti nella esposizione dei fatti di causa, con riguardo al diverso profilo dell’agevolazione, consistito nel fatto che la cessione era avvenuta in favore di parenti entro il terzo grado, rimasta invece del tutto ignorata, sì da rendere privo di interesse il ricorso.

E’ infatti necessario che il ricorso sia accolto nella sua interezza, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, in quanto il rigetto della censura, anche contro una sola di tali ragioni, comporta che l’intero ricorso sia respinto, quand’anche la censura proposta verso le altre dovesse trovare accoglimento.

Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali, avuto riguardo alle ragioni della controversia, oggetto del tema dibattuto con il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e compensa le spese processuali del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010

 

 

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