Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10162 del 16/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 16/04/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 16/04/2021), n.10162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21048-2017 proposto da:

V.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELL’ACCADEMIA

DEL CIMENTO 79 INT. 17, presso lo studio dell’avvocato SARA

CAPPELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato FERNANDO MARIO

ANTONIO LETTIERI;

– ricorrente –

contro

VA.MA.FR.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 372/2016 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 14/03/2017 R.G.N. 154/2015 + 1;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2020 dal Consigliere Dott. VALERIA PICCONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

– con sentenza in data 14 marzo 2017, la Corte d’Appello di Potenza ha accolto l’impugnazione proposta da Va.Ma.Fr. e, ritenendo assorbito l’appello incidentale, in riforma della sentenza del Tribunale di Lagonegro, ha rigettato la domanda avanzata nei confronti dell’appellante da V.F., avente ad oggetto spettanze retributive per lo svolgimento di attività di collaborazione domestica;

– in particolare, dalla lettura della pronunzia di secondo grado si evince che il giudice di merito ha ritenuto non configurabile un rapporto di lavoro subordinato fra le parti e non ipotizzabile una attività di collaborazione finalizzata al funzionamento della vita familiare;

– avverso tale pronunzia propone ricorso V.F., affidandolo a quattro motivi;

– Va.Ma.Fr. è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità del procedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 deducendosi l’erronea configurazione dell’appello proposto come incidentale;

– con il secondo motivo si allega la violazione di norme di diritto e contratti e accordi collettivi;

– con il terzo motivo si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti;

– con il quarto motivo si allega l’erroneità ed estraneità ai fatti di causa della statuizione di secondo grado;

– tutti i motivi devono reputarsi inammissibili e, pertanto, non possono trovare accoglimento;

– per quanto concerne il primo motivo, va premesso che secondo l’interpretazione di questa Corte, deve ritenersi inammissibile per difetto d’interesse, il motivo di impugnazione con cui si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, priva di qualsivoglia influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, essendo diretto in definitiva all’emanazione di una pronuncia senza alcun rilievo pratico (cfr., fra le più recenti, Cass. n. 12678 del 25/06/2020);

– nel caso di specie, premesso che il motivo di ricorso è stato proposto in violazione dei principi di specificità che presiedono all’art. 366 c.p.c., non essendo stata prodotta la documentazione relativa ed essendo impossibile, quindi, per il giudice di legittimità verificare i tempi di proposizione degli atti introduttivi di secondo grado onde stabilire se ci si trovi o meno di fronte ad un appello incidentale, appare del tutto irrilevante la statuizione al riguardo, atteso che la relativa domanda, anche ove proposta in via principale, sarebbe stata reputata infondata da parte del giudice di secondo grado;- il secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati insieme per l’intima connessione;

– giova premettere, con riguardo alla dedotta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134 che ha limitato la impugnazione delle sentenze in grado di appello o in unico grado per vizio di motivazione alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, ne consegue che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte – formatasi in materia di ricorso straordinario – in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (fra le più recenti, Cass. n. 23940 del 2017);

– d’altro canto, appare evidente, nell’esame del secondo motivo, che, nonostante parte ricorrente alleghi la violazione dell’art. 2240 c.c., nonchè della normativa collettiva di settore, censurando la mancata adeguata valutazione della natura dei rapporti intercorsi fra le parti, nondimeno, essa mira ad una rivalutazione della vicenda nel merito, onde ottenere una diversa considerazione degli elementi probatori raccolti, così veicolando la questione quale violazione di legge ma, in realtà, insistendo per una diversa valutazione fattuale, inammissibile in sede di legittimità;

– va evidenziato, al riguardo, che il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (sul punto, Cass. n. 16700 del 05/08/2020);

– del pari inammissibile deve reputarsi il quarto motivo, peraltro formulato in modo confuso e perplesso consistendo nell’allegazione di una pretesa “erroneità ed estraneità ai fatti di causa della statuizione di secondo grado” ed essendo tutto incentrato su una diversa valutazione, in fatto, della ritenuta causa “affectio vel benevolentiae” come posta a fondamento del rapporto in questione da parte della Corte d’appello, reputato, invece, da parte ricorrente come espressamente rientrante nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato di natura domestica, rapporto escluso, in base alle risultanze probatorie, nel giudizio di secondo grado;

– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

– nulla per le spese essendo la parte rimasta intimata;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2021

 

 

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