Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10161 del 18/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10161 Anno 2015
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

sul ricorso 23601-2013 proposto da:
CIVITA ALESSIO CVTLSS79B06E463S, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 103, presso lo studio
dell’avvocato MASSIMO DELLAGO, rappresentato e difeso dagli
avvocati FEDERICO PARDINI, ROBERTO GIROMINI, giusta
delega a margine del ricorso;

– ricorrente contro
ARTE – AZIENDA REGIONALE TERRITORIALE PER
L’EDILIZIA PROVINCIA DI LA SPEZIA in persona
dell’amministratore unico legale rappresentante, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI 66, presso lo
studio dell’avvocato SIMONA RINALDI GALLICANI, rappresentata

Meaozei

c-“-1

Data pubblicazione: 18/05/2015

•••■•-

e difesa dall’avvocato ANDREA AMATI, giusta procura ad litem in
calce al controricorso;
– controficorrente avverso la sentenza n. 544/2013 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/03/2015 dal Presidente Relatore Dott. BRUNO BIANCHINI;
dato atto del deposito di relazione ex art. 380

cpc, del seguente

tenore:
“Alessio Civita, nipote ex filio di Rinaldo Civita, assegnatario di un
appartamento di edilizia residenziale popolare — in acronimo: E.R.P.in La Spezia, alla morte del congiunto — presso il quale aveva trasferito
la propria residenza dal 28 dicembre 2005- fu raggiunto
dall’intimazione dell’ente proprietario (l’Azienda Regionale Territoriale
Edilizia — A.R.T.E.- della Provincia di La Spezia) di rilasciare
l’immobile in quanto privo delle qualità soggettive per subentrare nella
posizione dell’assegnatario, al fine di esercitare il diritto di acquisto
dell’immobile; ciò premesso evocò in giudizio , presso il Tribunale di
La Spezia, l’Azienda predetta affinchè fosse emessa sentenza ex art.
2932 cod. civ. L’A.R.T.E. confermò la propria opposizione negando la
sussistenza, in capo all’attore, della qualità di familiare convivente, utile
allo scopo del richiesto trasferimento. Il Tribunale respinse la
domanda; la Corte di Appello di Genova, con sentenza pubblicata il 19
aprile 2013, ha rigettato l’impugnazione. Per la cassazione di tale
decisione il Civita ha proposto ricorso, affidandolo a tre motivi; la
A.R.T.E. ha risposto con controricorso.

OSSERVA IN DIRITTO

Ric. 2013 n. 23601 sez. M2 – ud. 05.-03-2015
-2-

GENOVA del 3.4.2013, depositata il 19/04/2013;

I — Con il primo motivo viene denunziata la violazione degli artt. 5, 12
e 23 della legge della Regione Liguria n.10/2004 — portanti le
condizioni per il subentro all’originario assegnatario nel diritto
all’acquisto- laddove la Corte distrettuale avrebbe messo in rilievo che
già l’originario intestatario dell’alloggio aveva rifiutato l’offerta ad

che Rinaldo Civita, al momento della proposta, era deceduto da pochi
giorni ; deduce poi il ricorrente che tutto il ragionamento della Corte
genovese in merito alla insussistenza della convivenza agli specifici fini
disciplinati dalla normativa regionale, doveva dirsi viziato dal fatto che,
da un lato, l’art. 5 della legge regionale avrebbe adottato una nozione
ampia di “nucleo familiare” comprendendovi tutte le persone legate
anche solo da vincoli affettivi purché coabitanti ed aventi fissa dimora
nello stesso comune”; dall’altro l’art. 23, nel disciplinare i requisiti
soggettivi degli assegnatari aspiranti all’acquisto, non avrebbe fatto
alcun accenno all’art. 12, richiamato da entrambi i giudici di merito,
che avrebbe ristretto il novero degli aventi diritto: al coniuge ( o al
convivente di fatto); ai figli nati od adottati ; agli ascendenti di
qualunque componente del nucleo, così da doversi interpretare
estensivamente; la stessa A.R.T.E. poi avrebbe riconosciuto in capo ad
esso ricorrente la sussistenza di tutti i requisiti prescritti dalla
normativa di settore, inviandogli i bollettini per il pagamento dei
canoni, intestati all’ “inquilino”.
II . — Con il secondo motivo si assume che la sentenza e lo stesso
procedimento di appello sarebbero stati affetti da nullità per non esser
state ammesse le prove per testi, dirette a dimostrare la risalenza nel
tempo del rapporto di stabile convivenza tra il ricorrente e l’avo; con il
terzo motivo si denunzia di nullità la decisione della Corte di Appello

Ric. 2013 n. 23601 sez. M2 – ud. 05-03-2015
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acquistare formulata dall’A.R.T.E., con ciò peraltro non considerando

allorché dichiarò assorbito l’esame del motivo di gravame attinente al
trasferimento ex art. 2932 cod. civ.
III — La mancata esposizione delle argomentazioni poste a base della
sentenza della Corte di Appello per respingere l’impugnazione di
merito, costituisce di per sé causa di inammissibilità del primo e del

impone l’esposizione sommaria dei fatti di causa- e, di conseguenza,
deroga al principio di specificità — nella sua manifestazione della c.d.
autosufficienza del ricorso- espresso dal n. 4 del medesimo articolo,
impedendo, sulla base della lettura del solo ricorso, il logico raffronto
tra le deduzioni contenute nei suddetti motivi e le statuizioni della
sentenza di merito che era stata chiamata, con l’appello, a pronunziarsi
sulla medesima res controversa : ciò al fine di delibare se ed in quali
termini la Corte genovese avesse erroneamente delineato i confini
applicativi della surrichiamata normativa — concretando, in ipotesi, la
denunciata violazione ex art. 360 comma I, n.3 cpc. ( erroneo essendo,
in ogni caso, il riferimento al vizio delineato dall’art. 360, I comma n.4
cpc per la ritenuta non ammissione di mezzi di prova).
IV — Per le medesime ragioni non è scrutinabile il terzo motivo, non
senza omettere di rilevare che, se la Corte genovese ritenne
insussistenti gli estremi della convivenza familiare delineati nella
normativa regionale per l’esercizio del diritto di acquisto , appare del
tutto conseguente il ritenere “assorbito” — in realtà: infondato, sulla
base delle medesime argomentazioni- il motivo che interessava
l’emissione della sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ.
V — Si formula pertanto la proposta di definire il ricorso in camera di
consiglio

P.Q.M.

Ric. 2013 n. 23601 sez. M2 – ud. 05-03-2015
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secondo motivo in quanto viola il disposto dell’art. 366 n.3 cpc — che

Il ricorso può esser definito in camera di consiglio, ex artt. 380 bis; 375
n.5 cpc , per esser colà dichiarato manifestamente infondato . 4

Osserva
Il Collegio concorda con le conclusioni sopra riportate, contro le quali
parte ricorrente non ha svolto argomentazioni critiche, idonee a

successivamente alla relazione, a ribadire le proprie tesi.
Il ricorso va dunque rigettato; consegue la condanna del
soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità
secondo la quantificazione indicata in dispositivo; sussistono altresì i
presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, a
norma del comma 1 qu’dell’art. 13, d.P.R. n. 115/2002.

P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle
spese che liquida in euro 3.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi,
nonchè spese generali ed accessori dovuti per legge, in favore della
parte controricorrente; a’ sensi dell’art. 13, comma I gliat” del d.P.R.
,

n. 115/2002, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso stesso, a
norma del comma I birdello stesso art. 13.
Così deciso il 5 marzo 2015 in Roma, nella camera di consiglio della
sez VI-2 della Suprema Corte di Cassazione

scalfirne la logica, limitandosi, nella memoria depositata

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