Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10160 del 28/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/04/2010, (ud. 24/03/2010, dep. 28/04/2010), n.10160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – rel. Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIA

DELL’IDROSCALO 2-LIDO DI OSTIA, presso lo studio dell’avvocato

TAVIANO ANTONIO, che lo rappresenta e difende giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6520/2005 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE di

ROMA, depositata il 13/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/03/2010 dal Consigliere Dott. DONATO PLENTEDA;

udito per il resistente l’Avvocato FIORENTINO SERGIO, che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per l’accoglimento.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ufficio del registro di Soresina notificò il 20 settembre 1984 a B.C. l’avviso di liquidazione di imposta suppletiva in relazione all’atto di compravendita di quota di fondo rustico registrato il 18 ottobre 1982 con aliquota ridotta, a fronte della dichiarata qualità di imprenditore agricolo.

Il B. propose ricorso deducendo la intempestività dell’avviso di liquidazione, anteriore alla scadenza del triennio dalla registrazione dell’atto, entro il quale egli avrebbe potuto documentare la sua qualità di imprenditore agricolo. L’ufficio replicò osservando che il triennio è previsto per gli acquirenti che, non essendo imprenditori agricoli, dichiarino di voler conseguire tale qualifica e producano entro quel termine la necessaria certificazione.

La Commissione Tributaria di primo grado respinse il ricorso; il giudice di appello riformò la decisione, ma la Commissione Tributaria Centrale con sentenza 13 luglio 2005 ha accolto il ricorso dell’ufficio, rilevando che la norma invocata – L. 21 febbraio 1977, n. 36, art. 2, che ha convertito con modificazioni il D.L. 23 dicembre 1976, n. 854 – ai fini del riconoscimento del beneficio esige che l’acquirente produca al notaio rogante la certificazione della sussistenza del requisito e cioè della qualità di imprenditore agricolo a titolo principale e che non rileva la circostanza che analogo beneficio possa essere concesso, alle condizioni predette e dunque dopo l’atto di trasferimento a chi la qualità di imprenditore agricolo ancora non possieda.

Propone ricorso con due motivi il B.; resiste con controricorso la Agenzia delle Entrate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 1 bis (nota relativa) della tariffa all. A al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634.

Assume che la norma abbia inteso fare riferimento alla qualità di imprenditore agricolo a titolo principale del soggetto acquirente, stabilendo a suo favore l’aliquota agevolata; e che la disposizione in ordine alla produzione al notaio rogante sia prevista senza alcuna comminatoria per il caso di inosservanza, sicchè la lettura complessiva del disposto di legge è nel senso che il triennio contemplato per la ipotesi che l’acquirente non sia imprenditore agricolo giovi anche nel caso in cui già lo sia. Aggiunge che una diversa interpretazione risulterebbe contraria agli artt. 3 e 53 Cost., in quanto proporrebbe una disparità di trattamento tra chi è già imprenditore agricolo e chi intende diventarlo.

Con il secondo mezzo il ricorso denunzia vizio di motivazione in relazione al fatto che la commissione tributaria centrale avrebbe mancato di indicare la ratio delle norme in esame e la giustificazione logico giuridica della diversità di trattamento. Il ricorso è infondato, nè merita di essere condiviso il sospetto di illegittimità costituzionale della nota 1, parte prima della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

Essa stabilisce che “per gli atti traslativi stipulati da imprenditori agricoli a titolo principale o da associazioni o società cooperative di cui alla L. 9 maggio 1975, n. 153, artt. 12 e 13, ai fini della applicazione dell’aliquota dell’8%, l’acquirente deve produrre al pubblico ufficiale rogante la certificazione della sussistenza dei requisiti in conformità a quanto disposto dalla L. 9 maggio 1975, n. 153, art. 12. Il beneficio predetto è esteso altresì agli acquirenti che dichiarino nell’atto di trasferimento di voler conseguire i sopra indicati requisiti e che entro il triennio producano la stessa certificazione; qualora al termine del triennio non sia stata prodotta la documentazione prescritta l’ufficio del registro competente provvede al recupero della differenza di imposta”.

La norma è esplicita laddove considera il beneficio fiscale in favore dell’acquirente che sia imprenditore agricolo a titolo principale e identifica il momento della produzione della certificazione – cioè della prova – con quello della registrazione nel quale la qualità predetta deve risultare in via documentale affinchè l’atto possa essere registrato con l’aliquota agevolata; ed in quanto connessa con la qualità già posseduta la prova della qualità di cui si tratta non può che precedere il momento della tassazione, sicchè nulla osta alla produzione anche in un momento successivo al rogito notarile, purchè preceda la registrazione, la quale, in difetto di tale certificazione, non può non avvenire con la applicazione della ordinaria aliquota, e comunque senza la possibilità per il contribuente di conservare aliquote agevolate erroneamente applicate e successivamente revocate attraverso atti impositivi.

La ratio legis emerge chiaramente dal tenore della disposizione e ingiustificato è l’addebito mosso alla sentenza impugnata di avere mancato di esplicitarla.

Quanto al dubbio di incostituzionalità, è senza pregio la prospettazione del contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost., dal momento che le situazioni comparate sono diverse, non trovando alcuna ragionevolezza l’ipotizzato spostamento in avanti, per un intero triennio, della produzione documentale in questione afferente ad una qualità in atto ed essendo al contrario giustificato quello per una qualità virtuale, che il legislatore ha inteso apprezzare nell’intendimento di favorire l’intrapresa agricola, assegnando in tale situazione e proprio per l’assenza del presupposto di fatto il termine perentorio di tre anni per acquisirla e comprovarla documentalmente.

Ne consegue che la utilizzazione di un disposto di legge concepito per una ipotesi differenziata si appalesa illegittimo e non trova tutela nei principi costituzionali della parità di trattamento e della capacità contributiva, impropriamente invocati.

Le spese processuali seguono la soccombenza e si in Euro 700,00, di cui Euro 500,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali in Euro 700,00 di cui Euro 500,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010

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